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acquisizione
del linguaggio nei bambini autistici: cosa ci puņ dire?
(cash j. r., 1989)
come aiutare
un bambino con disturbo dello spettro autistico a svolgere
i compiti a casa?
(mona a., 2001)
comprensione degli
studenti con sindrome di asperger, direttive per gli insegnanti
(williams k., 1995)
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(cenciarelli i., mona a., 1999)
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(cenciarelli i., mona a., 1999)
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(cenciarelli i., mona a., 1999)
l'eit:
analisi di due casi
(lucioni r., pervenuto alla bma il 23-06-2001)
la vitamina
c nella prevenzione e trattamento dell'autismo
(rimland b., 1999)
modelli
di musicoteraia per l'autismo
(cenciarelli, mona, de rubeis, botta, 2002)
musicoterapia e autismo
- abstract
(cremaschi trovesi g., 1999)
pecs,
pyramid approach of education
(dal sito www.pecs.com)
prevenzione
(gruppo di lavoro tecnico-scientifico sulla sindrome autistica
della regione lombardia, a cura di cenciarelli i., 1999)
progetto
iem
(guazzo g. m., aliperta d. pervenuto alla bma il 12-11-2000)
sindrome
dell'X fragile e autismo
(dagli atti del convegno scientifico internazionale, 1990;
a cura di cenciarelli i., 1999)
trattamenti nei
disturbi generalizzati dello sviluppo - abstract
(marando r.)
un approccio
musicoterapeutico alla sindrome autistica
(lubrano m. l., picconi c., polcaro f., pervenuto agli argonauti
il 29-11-2000)
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ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO NEI BAMBINI AUTISTICI: COSA CI PUO'
DIRE?
James R. Cash (1989, 24 novembre)
jcash@lifestories.com
il testo in lingua originale è consultabile
sulla bma
Esame delle caratteristiche del linguaggio nel bambino autistico
Più avanti sono riportate molte teorie che possono aiutare
a comprendere come il linguaggio venga appreso.
Di particolare interesse è la questione sollevata dai trattamenti
indicati da Lovass come adatti ad insegnare il linguaggio ai bambino
autistici. Lovass ha sviluppato una procedura (terapia) di modificazione
comportamentale, impiegando teorie dell'apprendimento col rinforzo
e tecniche di modellamento per sviluppare un "programma per
l'acquisizione del linguaggio parlato nei bambini psicotici"
(Wing, 1966 p.115).
I principali interrogativi che nascono dal suo programma sono:
dove i bambini al momento imparano, per esempio, ad acquisire il
linguaggio? Cioè, dove essi apprendono l'abilità ad
identificarne le regole in modo da produrre frasi adatte al mutare
delle situazioni? Oppure, dove i bambini semplicemente imparano
(mettono insieme) un "libro delle frasi" molto complesso
in cui essi hanno costituito un repertorio di frasi per ogni occasione?
In parole povere: i bambini autistici comprendono i nuovi apprendimenti
verbali in modo del tutto simile ai bambino normali con uguale sviluppo
linguistico? Lasciateci prima prendere in esame alcune caratteristiche
del linguaggio autistico, così come sono state descritte
da Aug, (1974). Quindi, dopo una rapida presa in esame della terapia
comportamentale di Lovass, tenteremo di determinare l'efficacia
della sua terapia.
Aug delinea nove caratteristiche del linguaggio comuni nei bambini
autistici. Successivamente potremo osservare come Lovass impieghi
la teoria del rinforzo per modificare alcune di queste, così
che il linguaggio possa essere appreso.
Enfasi e timbro
Aug lo chiama cantilena, o discorso monotono. Ha anche riscontrato
che questi bambini potrebbero recitare ininterrottamente parole
e frasi stereotipate in modo ritualistico, quasi come gli slogan
di un'emittente commerciale, o una particolare domanda che potrebbe
essere ripetuta e posta senza fine a chiunque. Ancora, in molti
casi il discorso autistico fallisce nell'essere rivolto a qualcuno
in particolare. Ciò nonostante, questi bambini hanno difficoltà
specifiche nell'uso dei pronomi quandosi rivolgono ad un'altra persona.
Particolarmente problematici sono i pronomi "io" e "tu"
e, se spesso sono appresi, vengono utilizzati in modo errato.
Aug ha notato che spesso "sì" è per questi
bambini una parola particolarmente difficile da usare. Infatti il
bambino che vuole rispondere affermativamente, ripete la domanda
che gli è stata appena posta. Aug lo chiama affermazione
per ripetizione. Ha anche notato che questi bambini cercano
di portare il discorso dell'altro ad aderire strettamente allo schema
di una conversazione precedente, oppure il bambino può espressamente
all'altro di dire qualcosa, ordinando: "Dì ______".
I bambini autistici impiegano una ristrettissima varietà
di vocaboli nella comunicazione, come mostrato nell'esempio di un
bambino che disse che un quadro non era sul muro, ma accanto
al muro.
Il discorso metaforico idiosincrasico è un'altra comune
caratteristica di questi bambini. Aug ricorda un'osservazione di
Kanner nel 1946 su un bambino di sette anni che disse: "Annette
e Cecile fanno porpora". Ciò restò un mistero
finché la situazione originaria non fu rilevata da Kanner:
il bambino aveva 5 bottiglie di vernice e le aveva chiamate come
le 5 sorelle Dionne. Annette era blu e Cecile rossa. Le metafore
sono rigidamente legate a qualche situazione iniziale che rende
la struttura di riferimento della metafora incoerente.
Infine ecolalia è il termine utilizzato per descrivere
la copia di ciò che il bambino ha appena sentito dire. Per
esempio l'insegnante potrebbe chiedere: "Cos'è?... Un
biscotto?" a cui il bambino potrebbe rispondere con la stessa
intonazione e ritmo: "Cos'è?... Un biscotto?".
L'ecolalia è una caratteristica (anche se non esclusiva)
del bambino autistico. Lovass comprese che questo era un aspetto
fondamentale del linguaggio autistico e delle sue anomalie.
Aug (1974) conclude che i bambini autistici non riescono a usare
in maniera flessibile le parole come veicolo di significato generale,
e si sentono piuttosto come parti indifferenziate di una situazione
originaria (p. 165). Questo concetto è la base per comprendere
molte delle peculiarità e dei problemi di apprendimento che
distruggono l'acquisizione del linguaggio nel bambino autistico.
E' interessante che Lovass abbia intitolato il sua articolo del
1966 "Un programma per l'acquisizione del linguaggio parlato
nei bambini psicotici" piuttosto che "un programma per
l'acquisizione del linguaggio verbale nei bambini psicotici"
(Wing 1966, p, 115). Probabilmente si rendeva conto dell'enorme
abisso che separa i due concetti. Infatti nella relativamente breve
descrizione del suo programma, qui sotto, si può notare come
egli abbia considerato approfonditamente la natura di questo abisso
e la sfida che pone.
In sintesi il suo programma è strettamente legato alla gravità
del disturbo psicotico che colpisce il bambino ed alle specificità
del suo sviluppo linguistico. Innanzitutto, prima ancora di poter
intraprendere una qualsiasi terapia del rinforzo linguistico, è
necessario estinguere con la modificazione comportamentale ogni
comportamento psicotico che possa interferire con il programma del
linguaggio. L'ecolalia è un fattore importante, perché
il programma valorizza ogni forma di verbalizzazione poiché
è stato osservato che un bambino autistico precedentemente
ecolalico progredisce più rapidamente di uno autistico precedentemente
muto (la differenza è tra un anno e mezzo e gli otto mesi
di training; inoltre il linguaggio di un bambino precedentemente
ecolalico risulta alla fine di qualità più elevata).
Comunque un'ecolalia incontrollata interferiva con questo programma
e andava perciò trattata con attenzione. Naturalmente era
necessario sopprimere quegli atti autodistruttivi comuni tra molti
bambini con un grado severo di psicosi, prima di tentare di cominciare
o di fare terapia. Ad ogni modo, se il bambino era lasciato senza
contenimento, l'estinzione di quei comportamenti distruttivi aveva
luogo in maniera più lenta, e quindi molto dolorosa. In un
caso un bambino non si fermò finché non si fu colpito
più di 10.000 volte. L'elettroshock (anche se è piuttosto
controverso) per contenere i comportamenti autodistruttivi ebbe
subito effetto.
Comportamenti
La sequenza comportamentale ha inizio e, poco a poco, ogni comportamento
viene appreso. I rinforzatori primari (essi stanno al bisogno psicologico
come il cibo sta alla fame) sono utilizzati in una fase iniziale,
grazie al loro potere e alla loro efficacia.
Dapprima il bambino impara a porre attenzione: è incoraggiato
e rinforzato il contatto occhi-viso. Data una certa situazione stimolo,
si tende ad usare suggerimenti che richiedono il verificarsi di
una specifica risposta, così che essa possa essere rinforzata.
Il suggerimento porta alla risposta corretta prima dell'addestramento,
o con un addestramento minimo. Successivamente i suggerimenti vanno
diminuendo, in modo che la priorità di una risposta cambia
a seconda dello stimolo. Questo sistema è usato ad ogni livello
del programma.
Inoltre va incrementata la frequenza delle vocalizzazioni spontanee.
Per questo sarà rinforzata qualsiasi vocalizzazione. Ad ogni
modo non bisogna rinforzare risposte incongruenti, in modo che attenzione
e vocalizzazione debbano essere entrambe presenti, per essere rinforzate.
Quindi l'insegnante pronuncia singoli fonemi (all'inizio vocale
più consonanti labiali come b per poi arrivare alle
più difficili aspirate) [Questo vale per la lingua inglese,
non per quella italiana, in cui i suoni più difficili da
pronunciare sembrano essere gl, gn, sc] e poi sono rinforzate
approssimazioni a questi sempre più precise. Spesso è
necessario usare un suggerimento manuale, per dare la giusta forma
alle labbra. In seguito questo suggerimento viene ridotto.
Il repertorio di suoni è lentamente ampliato. A questo punto
le parole possono essere ampliate giustapponendo fonemi presenti
nel repertorio del bambino. Le curve di apprendimento di questi
bambini sono incrementate positivamente.
Stanno imparando a distinguere la risposta quando somiglia allo
stimolo. Questi dati indicano un successo dell'addestramento all'imitazione.
Comunque questi bambini al momento non conoscono il significato
delle parole che imitano.
Successivamente Lovass avvia un programma di addestramento al linguaggio
per insegnare i significati.
Lovass afferma (Wing, 1966, p. 128)che praticamente tutti gli addestramenti
al linguaggio basati sull'imitazione sono comprensibili stabilendo
tre fondamentali situazioni distinte. Nella prima lo stimolo è
non verbale e la risposta è verbale. Stimoli possono essere
oggetti, simboli, comportamenti, ecc. buoni esempi possono essere
il riconoscimento di oggetti o la descrizione di una situazione.
Indicatori di comprensione
Nella terza situazione sia gli stimoli che le risposte sono verbali.
Una conversazione, sia a domanda e risposta che sotto forma di discussione,
ne sono esempi. L'addestramento al linguaggio inizia semplicemente,
con la costituzione di un vocabolario di nomi. Quest'addestramento
richiede l'acquisizione della prima e della seconda situazione descritte
sopra. La tesi è che la padronanza di un particolare nome
è raggiunta quando è generalizzato a tutte le classi
di quell'oggetto. Per esempio, quando è mostrato un membro
di una classe di oggetti, come una sedia, ed è correttamente
nominato come sedia la prima volta che viene presentato, allora
il concetto di sedia è acquisito.
Attraverso l'utilizzo di tutte e tre le situazioni, l'addestramento
può ora estendersi aree nell'ordine in cui sono elencate:
appropriato utilizzo e risposta a preposizioni e pronomi, allenamento
nelle preposizioni, allenamento nei pronomi (es. io-mio, tu-tuo,
egli-suo; casi nominativi e casi possessivi), distinzione dei casi
riferiti a persone, combinazione di distinzioni di pronomi e preposizioni
(vanno aggiunte discriminazioni sempre più complesse su uno
stimolo, c'è anche un salvataggio tra prove).
Dopo tre mesi si passa anche da rinforzatori primari a quelli secondari
(appresi). Dopo molto tempo, questi bambini erano stati educati
ad operare distinzioni relativamente complesse. Tuttavia Lovass
si preoccupò che questi bambini fossero stati addestrasti
oltre misura- solo raramente parlavano di loro iniziativa. Sembravano
essere fortemente reattivi solo con gli operatori con cui avevano
portato avanti il programma.
Si iniziò perciò un addestramento al linguaggio spontaneo.
Le fasi del programma si sovrapponevano: la costruzione di domande
e lo sviluppo di cronache e racconti di storie, compreso il riferimento
a eventi passati. Un esempio recente: l'insegnante leggeva una storia
e poi era chiesto al bambino di raccontarla ancora, o veniva portato
a ricordarla con domande che indicavano la comprensione di essa.
Lovass riferisce che ottenne anche delle elaborazioni in più
non previste dal programma. Egli li cita come buoni indicatori del
fatto che il suo programma aveva avuto degli effetti sullo sviluppo
del linguaggio. Egli riferisce l'esempio di Ricky, che una volta
fece un commento sulla crescita, in una delle ultime fasi del programma.
Durante il training del linguaggio, Ricky apprese il concetto di
taglia, e si discusse di molte cose che erano grandi o piccole.
Nel corso di una discussione, a Ricky fu detto che le piante piccole
crescono fino a diventare di una grandezza maggiore, versandoci
sopra dell'acqua. Ricky ci pensò su un momento, poi disse:
"metti un po' d'acqua nella mia testa". Lovass sente che
senza dubbio esempi di umanità come questo da parte di tali
bambini, difendono il suo programma dalle critiche secondo cui egli
creerebbe "persone fatte con lo stampino" o qualità
artificiali.
Quali elementi si possono trarre dal programma di Lovass riguardo
il concetto di linguaggio e l sua acquisizione? Vanno ricordati
diversi aspetti. Nello studio di Lovass abbiamo assistito ad un
processo inverso, rispetto a quello mostrato dai bambini normali.
In questi ultimi cioè la comprensione precede di solito la
produzione di una forma, e la comprensione è normalmente
lo stato immediatamente conseguente ad un training produttivo. Inoltre
dalle ultime relazioni sul trattamento di Lovass (Lovass 1973) è
risultato che ad un iniziale miglioramento del linguaggio nel bambino
seguiva una rapida regressione, se l'ambiente non era in grado di
porre le stesse richieste dell'ambiente del training sui loro comportamenti.
Una volta che s'interrompe l'interazione sociale, non resta che
un autistico che ha appreso le funzione del linguaggio.
Il problema resta quando il linguaggio deve essere spostato da
una situazione di trattamento ad una naturale, nella quale il soggetto
"deve arrangiarsi da solo o da sola". E' necessario creare
un contesto nel quale una parola e un linguaggio pieni di significato
e necessari possano essere utilizzati da bambino sia normali che
autistici. E l'ultimo rinforzo deve essere l'efficacia delle comunicazioni
del bambino nel proprio ambiente.
Bibliografia
Aug, Robert C. (1974)
The Language of the Autistic Child.
In E. W. Straus (Ed.), Language and Language Disturbances.
Pittsburgh: Duquesne University Press. (pp. 155-172)
Clark, H. H., Clark E. H. (1977).
Psychology and Language.
New York: Harcourt Brace Jovanovich, Inc.
de Villiers, J. G., de Villiers, P. A. (1978)
Language Acquisition.
Cambridge: Harvard University Press.
Lovass, O. I. (1966)
A Program for the Establishment of Speech in Psychotic Children.
In J. K. Wing (Ed.), Early Childhood Autism.
New York: Pergamon Press.
Rosenhan, D. L., Seligman, M. E. P. (1989)
Abnormal Psychology.
New York: W. W. Norton and Company.
Straddon, J. E. R., Ettinger, R. H. (1989)
Learning: An Introduction to the Principles of Adaptive Behaviour.
San Diego: Harcourt Brace Janovich, Publishers.
Wing, J. K. (1966)
Early Childhood Autism.
New York: Pergamon Press.
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