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INTERVENTI TERAPEUTICI: MODELLO COMPORTAMENTALECenciarelli I., Mona A., 1999
L'efficacia sui comportamenti problematici di questi interventi è tanto maggiore quanto più è precoce l'età in cui vengono attuati (Gillberg, 1992). All'interno di uno specifico assessment costruito in base alla situazione, si ha la possibilità di scecgliere all'interno di un gruppo di tecniche volte all'acquisizione o all'incremento di comportamenti adattivi, basate sull'uso di rinforzatori somministrati immediatamente dopo la comparsa dei comportamenti desiderati, così da aumentarne la frequenza. Di questo gruppo fanno parte:
Un secondo gruppo di tecniche è invece finalizzato al decremento dei comportamenti inadeguati, e si avvale del rinforzo differenziale di altri comportamenti. Esso è composto da:
Programma teacchGli strumenti appena descritti sono tutti utilizzati nel TEACCH di Shopler, composto da tremila attività educative divise per livelli di sviluppo in dieci aree funzionali. E' necessario però, nella scelta delle attività, individualizzare il programma in base a quattro criteri che lo possano così rendere specifico per la singola persona e veramente efficace. Per modello di interazione gli Autori (Shopler et al., 1980 cit. in Arduino, 1998 cfr. sito API) intendono la contestualizzazione dell'intervento all'interno del sistema di relazioni di cui fa parte il bambino in modo da poterne meglio cogliere bisogni e potenziale di apprendimento. Col concetto di prospettiva di sviluppo s'intende ribadire l'importanza della definizione delle aree in cui il bambino manifesta buone capacità e quelle in cui esse sono carenti, così che l'intervento possa essere coerente con il livello di sviluppo del bambino nelle diverse aree. Il terzo criterio, relativismo del comportamento, si riferisce alle difficoltà dei bambini affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo, di estendere la risposta comportamentale a contesti diversi da quello in cui è stata appresa. La gerarchia di addestramento permette di ordinare gli obiettivi particolari da raggiungere col trattamento secondo una scala di urgenza crescente che vede come interventi immediati quelli volti a modificare in senso positivo i comportamenti che mettono a rischio la vita del bambino, per poi strutturare il programma in vista dell'adattamento al contesto familiare, quindi a quello scolastico e infine a quello extrascolastico. L'approccio comportamentale si pone l'obiettivo di mantenere e generalizzare gli apprendimenti di chi è affetto da autismo, estendendoli ai diversi contesti nei quali la persona normalmente vive, cercando di fare in modo che le diverse figure rappresentative pongano richieste di prestazione fra loro congruenti (Shopler et al., 1991 cit. in Arduino, 1998 cfr. sito API). E' questo il motivo per cui "la conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti, che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione. Medici e psicologi orientano l'intervento di genitori e insegnanti, tenendo conto del livello di sviluppo raggiunto dal bambino, del suo contesto di vita quotidiano e delle propensioni del bambino" (Arduino, 1998 cfr. sito API). Prima di iniziare il trattamento vengono specificati gli obiettivi che si intende conseguire per ogni bambino, distinti in tre livelli tra loro coerenti e coordinati:
L'intervento è basato su un'accurata valutazione del bambino che si avvale di test intellettivi e scale standardizzate per definire il livello di sviluppo, di un'attenta osservazione dei modelli di comportamento del bambino e infine della definizione delle aspettative dei genitori nei confronti del proprio figlio e delle principali difficoltà incontrate, mediante colloqui con i genitori stessi. Tra le sale standardizzate per la misura del livello di sviluppo, particolarmente usata è lo Psico Educative Profile (PEP) grazie al quale è possibile determinare il livello di sviluppo del bambino nelle aree di imitazione, percezione, abilità motorie, integrazione oculo-manuale e capacità cognitive (Shopler, 1991 cit. in Arduino, 1998 cfr. sito API).
Social skills training e social storiesQueste tecniche intervengono sulle problematiche della socializzazione fornendo degli esempi (a voce o con raffigurazioni) adatti alla comprensione delle norme implicite che regolano le interazioni sociali ed i segnali verbali e gestuali comunemente utilizzati. Si passa quindi a proporre alcune storie che partono da esperienze quotidiane della persona affetta da autismo, come per esempio una situazione reale nella quale un suo particolare comportamento si rivela spesso inadeguato e fonte di disagi. La storia si fonda su tre aspetti che tengono conto del punto di vista individuale del paziente (Lovett, 1998 cfr. sito SFTAH):
BibliografiaAutismo e Psicosi Infantili dell'USL 16 Mondovì-Ceva
(API). Gillberg C. (1992) Meazzini P., Battagliese G. (1995) Society For The Autistically Handicapped (SFTAH).
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