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acquisizione del linguaggio nei bambini autistici: cosa ci può dire?
(cash j. r., 1989)


come aiutare un bambino con disturbo dello spettro autistico a svolgere i compiti a casa?
(mona a., 2001)


comprensione degli studenti con sindrome di asperger, direttive per gli insegnanti
(williams k., 1995)


excursus storico sulla comunicazione facilitata
(cenciarelli i., mona a., 1999)


il parent training razionale-emotivo per genitori di bambini difficili
(di pietro m.)


il programma teacch
(arduino g. m.)


il self-management
(edelson s. m.)


informazioni base sull'auditory integration training
(edelson s. m.)


interventi terapeutici: modello comportamentale
(cenciarelli i., mona a., 1999)


interventi terapeutici: modello organicista
(cenciarelli i., mona a., 1999)


interventi terapeutici: modello psicodinamico
(cenciarelli i., mona a., 1999)


interventi terapeutici: modello sistemico-relazionale
(cenciarelli i., mona a., 1999)


l'eit: analisi di due casi
(lucioni r., pervenuto alla bma il 23-06-2001)


la vitamina c nella prevenzione e trattamento dell'autismo
(rimland b., 1999)


modelli di musicoteraia per l'autismo
(cenciarelli, mona, de rubeis, botta, 2002)


musicoterapia e autismo - abstract
(cremaschi trovesi g., 1999)


pecs, pyramid approach of education
(dal sito www.pecs.com)


prevenzione
(gruppo di lavoro tecnico-scientifico sulla sindrome autistica della regione lombardia, a cura di cenciarelli i., 1999)


progetto iem
(guazzo g. m., aliperta d. pervenuto alla bma il 12-11-2000)


sindrome dell'X fragile e autismo
(dagli atti del convegno scientifico internazionale, 1990; a cura di cenciarelli i., 1999)


trattamenti nei disturbi generalizzati dello sviluppo - abstract
(marando r.)


un approccio musicoterapeutico alla sindrome autistica
(lubrano m. l., picconi c., polcaro f., pervenuto agli argonauti il 29-11-2000)

 

 

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PROGETTO I.E.M.

Giovanni Maria Guazzo, Daniela Aliperta (pervenuto alla bma il 12-11-2000)
Divisione di Autismo e Psicosi Infantili (DAPI), Centro di Riabilitazione Futura
S. Gennarello di Ottaviano (NA)

 

 

1. Premessa

L'autismo è una disabilità che dura per tutta la vita e, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non è stata trovata ancora una cura. In assenza di un intervento terapeutico efficace, l'unica alternativa valida è costituita dalle strategie educative e dalla loro capacità di migliorare il livello funzionale del bambino e decrementarne i comportamenti problematici. In questo modo, i bambini e gli adolescenti con autismo potranno migliorare in vario modo la loro esistenza e saranno in grado di condurre una vita significativa da adulti. In questo ambito, un approccio che sembra offrire buone garanzie di efficacia e di applicabilità, ma ancora in fase di sperimentazione, è l'Intervento Evolutivo Multicomponenziale (I.E.M.) elaborato dal "Centro Studi Futura" di San Gennarello di Ottaviano (NA) (Guazzo, 1998a, b) (Tab. 1).

 

 

2. L'intervento Evolutivo Multicomponenziale (IEM) 

Nell'organizzare un intervento educativo per un soggetto autistico ci troviamo nella necessità di combinare tra loro esigenze diverse: 1) creare un valido rapporto umano, in cui l'educatore condivide con il bambino angosce, paure ed emozioni; 2) fornire un intervento efficace, tecnicamente valido e con solide basi sperimentali, 3) considerare l'individuo in modo globale e non "parcellizzato" e 4) "personalizzare" l'intervento "cucendolo" addosso, come un perfetto vestito, al soggetto per soddisfare particolari aree di bisogni. Molti interventi basati sulla Modificazione del Comportamento, sono molto efficienti, ma spesso producono effetti troppo specifici per fornire una risposta globale ai numerosi problemi presentati dai bambini con autismo, né si può pretendere di risolvere tutto insegnando loro, ad esempio, a vestirsi autonomamente o ad imitare alcuni comportamenti sociali. L'intervento con il bambino autistico, dunque, deve prendere in considerazione il modo in cui può essere organizzata una strategia educativa globale che utilizzi tecniche di intervento specifiche e molto efficaci come quelle proposte dalla Behavior Modification (Guazzo, 1990), in modo da conciliare "empatia e specificità tecnica", "globalità e individualizzazione dell'intervento".

 

indietro Tab. 1 - Confronto tra le caratteristiche dei programmi Young Autism Project di Lovaas (1987), TEACCH di Schopler et al. (1991) e IEM di Guazzo (1998a,b) (da Meazzini, 1995, modificato)

CONFRONTO TRA LE CARATTERISTICHE DEI PROGRAMMI YAP, TEACCH E IEM PER L'AUTISMO

Variabili

Young Autism Project

TEACCH

IEM

Assessment

- Schede di rilevazione della frequenza e della durata del comportamento
- Analisi funzionale
- Schede di rilevazione del profilo psicoeducativo del soggetto (PEP)
- Schede di rilevazione della frequenza.
- Schede di rilevazione della frequenza, dell'intensità e della durata del comportamento
- Scheda di Valutazione delle Abilità Padroneggiate (SVAP)
- Analisi funzionale.
- Scheda per l'Analisi e la Valutazione dell'Autismo (SAVA)

 

Obiettivi

- Acquisizione di abilità di livello di difficoltà sempre crescente
- Attenuazione e risoluzione dei comportamenti problematici
- Acquisizione di abilità di livello di difficoltà sempre crescente
- Attenuazione e risoluzione dei comportamenti problematici
- Acquisizione di abilità a focalizzazione crescente
- Attenuazione e risoluzione dei comportamenti problematici

 

Aree di intervento

- Prerequisiti all'apprendimento
- Imitazione
- Appaiamento
- Abilità linguistiche
- Abilità di base
- Abilità di autonomia personale
- Comportamenti problematici
- Imitazione
- Abilità grosso e fini-motorie
- Abilità percettive
- Integrazione oculo-manuale
- Abilità cognitive verbali e non verbali
- Prerequisiti di base
- Abilità grosso e fini-motorie
- Abilità oculo-manuali
- Abilità curricolari
- Abilità cognitive
- Abilità comunicative
- Abilità di autosufficienza
- Abilità socio-emozionali
- Comportamenti problematici

 

Persone coinvolte

- Genitori
- Educatori
- Insegnanti
- Genitori
- Educatori
- Insegnanti
- Genitori
- Educatori
- Insegnanti

 

Ambiente fisico

Ambiente il più possibile naturale: casa, scuola Ambiente altamente strutturato: casa, scuola Ambiente naturale o strutturato (in base agli obiettivi da perseguire): casa, scuola, centro di riabilitazione, comunità

 

Tecniche per l'incremento delle abilità

- Rinforzo positivo
- Modellaggio
- Modellamento
- Concatenamento
- Rinforzo positivo
- Modellaggio
- Modellamento
- Concatenamento
- Rinforzo positivo
- Modellaggio
- Modellamento
- Concatenamento
- Suggerimento
- Attenuazione dello stimolo
- Apprendimento incidentale
- Guida graduata

 

Tecniche per il decremento dei comportamenti problematici

- Punizione
- Time-out
- Ipercorrezione
- Estinzione
- Estinzione
- Time-out
- Disapprovazione sociale
- Ipercorrezione
- Sottrazione di rinforzi
- Estinzione
- Rinforzo differenziale (DRA, DRI, DRO, DRC)
- Ipercorrezione
- Sottrazione di rinforzi

 

Generalizzazione

Prevista al termine di un processo di acquisizione, rispetto alla risposta, allo stimolo, al tempo. Inclusa nei compiti relativi ad ogni sotto-obiettivo. Prevista al termine di un'unità di apprendimento, rispetto agli antecedenti, alle risposte, alle conseguenze

 

 

Da queste indicazioni è facile supporre che il modello di persona, da prendere in considerazione, è un sistema molto integrato tra repertorio biologico (percezione, organi di senso, uso di farmaci, ecc.), repertorio cognitivo (apprendimento, problem solving, attribuzioni, ecc), repertorio affettivo-sentimentale (come si vivono certe esperienze, quali sono i disturbi affettivi legati al sentimento, ecc.), repertorio comportamentale (deficit e/o eccessi di particolari azioni, ecc.) ed infine il repertorio socio-relazionale (come interagire con l'altro). In cui, questi diversi repertori sono strettamente collegati l'uno all'altro, bastano cioè delle lacune presenti nell'uno o nell'altro di questi "tasselli" della persona per creare delle difficoltà nel processo di adattamento (Guazzo, 1996, 1997). Ne deriva che un approccio multicomponenziale è molto utile nel trattamento di questi soggetti. Infatti, in ogni intervento con i bambini con autismo emergono problemi che interessano tutti i repertori considerati. D'altra parte, ogni intervento produrrà dei risultati che influenzeranno anche aspetti che non sono apparentemente oggetto di intervento. Per l'educatore che, a vario titolo, si interessa di questi soggetti, è utile tener presente tutti questi repertori nell'implementazione di un intervento educativo che deve, necessariamente, essere di natura evolutiva, cioè è necessario utilizzare i dati disponibili sullo sviluppo del bambino normale e l'intervento deve procedere con tappe successive, essendo ogni tappa possibile, solo se le tappe precedenti sono state raggiunte. 

Le caratteristiche dell'Intervento Evolutivo Multicomponenziale (IEM) sono le seguenti (Guazzo, 1998 a,b):

 

 

A. Assessment:

indica l'insieme delle modalità utilizzate per analizzare e valutare il comportamento di un soggetto e dei fattori che lo influenzano. L'assessment, cioè, descrive le abilità di ogni singolo individuo, in riferimento ad un criterio definito, ma indipendente da qualsiasi norma, secondo procedure caratterizzate dai seguenti punti: 1) sistematica osservazione del comportamento problematico per ottenere una misurazione basale, 2) sistematica osservazione delle condizioni dello stimolo (con particolare riguardo agli spunti discriminativi ed alle conseguenze rinforzanti), 3) manipolazione sperimentale di una condizione che sembri correlata funzionalmente con il comportamento problematico e 4) ulteriore osservazione per registrare ogni cambiamento occorso nel comportamento. Esso, quindi, è focalizzato sul singolo allo scopo di individuare, non solo i problemi da questi presentato, ma anche le strategie di intervento e le modalità di misurazione dei risultati raggiunti: in un primo momento, si scelgono gli eventi da osservare, che saranno analizzati nella seconda fase, poi si ipotizza una spiegazione causale sulla natura delle relazioni funzionali osservate. Il primo momento corrisponde all'assessment inteso come misurazione: rapporto mezzi-al-fine attuato con la misurazione del comportamento bersaglio (da estinguere) o del comportamento meta (da acquisire), per rilevare eventuali discrepanze tra il livello operante e quello desiderato; il secondo, invece, corrisponde all'assessment inteso come valutazione sperimentale: rapporto dinamico in cui vengono considerate le valutazioni prodotte su ciascuna variabile dipendente dalla manipolazione di variabili indipendenti, introdotte secondo opportune modalità sperimentali.

L'assessment con i bambini autistici è effettuato con i seguenti strumenti: Schede di rilevazione della frequenza, durata ed intensità del comportamento, Scheda di Valutazione delle Abilità Padroneggiate (S.V.A.P.), Analisi funzionale (Cfr., per tutte queste modalità di assessment: Guazzo, 1996) e Scheda per l'Analisi e la Valutazione dell'Autismo (SAVA) (Guazzo, 1998 b). 

 

 

B. Obiettivi:

l'obiettivo è la prestazione del soggetto prodotta in un momento futuro. Esso, a seconda dei contenuti, può essere definito cognitivo (leggere, scrivere, ecc.), motorio (imitare movimenti, coordinare movimenti, ecc.) o comportamentale (prestare attenzione, collaborare, ecc.) e indica le mete del lavoro da proporre al bambino, i risultati che deve ottenere. Gli obiettivi sono classificati, dal punto di vista terminologico, in finali, terminali, intermedi e strumentali (De Landsheere, De Landsheere, 1977; Mager, 1976). 

Gli obiettivi finali sono le prestazioni richieste dalla comunità (ad esempio, eseguire piccoli acquisti, prendersi cura del proprio ambiente di vita, ecc.); quelli terminali sono le prestazioni che l'allievo dovrebbe essere in grado di manifestare a conclusione di una programmazione educativa mirata all'acquisizione di specifiche abilità (ad esempio, restare seduto ad eseguire un compito per almeno 15 minuti); quelli intermedi sono le prestazioni la cui comparsa è necessaria, affinché l'allievo pervenga agli obiettivi terminali (ad esempio, gli obiettivi intermedi dell'obiettivo terminale "restare seduto ad eseguire un compito per almeno 15 minuti" sono: contatto oculare spontaneo e su richiesta, attenzione e azione congiunta, restare seduto ad eseguire un compito per almeno 5 minuti e poi aumentare man mano il tempo fino a 15); infine, quelli strumentali sono l'insieme di competenze necessarie all'acquisizio-ne degli obiettivi intermedi, anche se si tratta di abilità che non vengono direttamente utilizzate nell'esecuzione del compito ma che ne costituiscono dei prerequisiti necessari (ad esempio, nell'uso dell'orologio, dividere la giornata in "momenti salienti" per il soggetto). 

Gli obiettivi perseguiti con i soggetti autistici sono i seguenti: 1) Acquisizione di abilità a focalizzazione crescente, 2) Attenuazione e risoluzione dei comportamenti problematici. 

 

 

C. Aree di intervento:

1. Prerequisiti di base (contatto oculare spontaneo e su richiesta; span attentivo e mnestico; ecc.), 2. Abilità grosso e fini-motorie, 3. Abilità oculo-manuali, 4. Abilità curricolari (imitazione generalizzata, motoria e verbale; attenzione e azione condivisa; appaiamento; ecc.), 5. Abilità cognitive (non-verbali e verbali), 6. Abilità comunicative (comprensione ed espressione), 7. Abilità di autosufficienza (autonomia personale; autonomia sociale; cura di sé; ecc.), 8. Abilità socio-emozionali (affettività; competenza sociale; ecc.), 9. Comportamenti problematici (Fig. 1).

 

Fig. 1 - Aree di intervento implicate nell'Intervento Evolutivo Multicomponenziale
(pop-up window: cliccare sull'immagine per ingrandire.

aree d'intervento nello iem

 

 

D. Persone coinvolte:

un rapporto efficace tra educatore e soggetto autistico rappresenta uno strumento prezioso che dovrebbe essere sfruttato dall'operatore allo scopo di facilitare l'emissione del comportamento desiderato. Il mantenimento di un rapporto positivo costituisce l'elemento fondamentale per ottenere una costruttiva modificazione nel comportamento del bambino e per favorire il training nei seguenti aspetti: 1) elimina le reazioni emozionali negative dovute all'estraneità, 2) intensifica l'aspetto motivazionale e 3) darà maggior valore al rinforzo sociale. La relazione risulta essere molto più efficace per l'apprendimento se l'educatore comunica anzitutto al soggetto di aver compreso il suo problema e, successivamente, sollecita il ragazzo stesso a partecipare attivamente al training secondo le istruzioni ricevute.

- Genitori: l'intervento con i genitori avviene ad un doppio livello; 1) con attività di sostegno psicologico in modo individuale e/o di coppia e 2) con attività di Parent Training.

Le esperienze del bambino che avranno effetti decisivi sullo sviluppo della sua personalità hanno luogo nell'ambiente familiare. E' con i genitori, infatti, che i bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo. Questo non significa, però, che tutti i genitori comprendano appieno l'impatto che esercitano sui figli i metodi di educazione, i rapporti che intrattengono con essi e le aspettative che in essi ripongono. Molti genitori infatti, senza volerlo, promuovono nei figli forme comportamentali non adeguate.

 

  1. rinforzamento dei comportamenti inadeguati. Un comportamento può essere rinforzato anche contro la propria volonta, ad esempio quando il genitore presta attenzione al bambino solo quando questi manifesta un comportamento problematico. Questa modalità di attenzione, per quanto negativa possa essere (punizione), costituisce spesso un rinforzatore generalizzato che consolida il comportamento da cui esso dipende.
  2. Incoerenza educativa. Il bambino deve essere capace di cogliere gli aspetti discriminanti delle diverse possibilità di azione che gli si presentano momento per momento. In questo modo impara a distinguere il comportamento sbagliato da quello buono. Non può imparare invece quando comportamenti identici conducono a reazioni opposte (il bambino fa i capricci per avere un gelato, i genitori in qualche circostanza lo accontentano, mentre in altre lo puniscono), oppure quando comportamenti opposti ricevono lo stesso trattamento (il bambino, qualsiasi cosa faccia, viene sempre rinforzato). Se c'è l'incoerenza educativa, dunque, il bambino tenderà di dare ordine al suo mondo autonomamente, scegliendo la strada dell'opportunismo ("faccio ciò che voglio") o della contrapposizione deviante alla discutibile autorità rappresentata dai genitori (D'Angela, Meazzini, 1990). Se l'incoerenza educativa è una modalità educativa dominante nella famiglia, il bambino non riuscirà ad imparare che in certe situazioni può esibire certi comportamenti mentre in altre no; inoltre, potrà manifestare comportamenti problematici che possono divenire le uniche risposte che egli è in grado di emettere.
  3. Ignorare i comportamenti adeguati. Un errore educativo molto diffuso consiste nel non dare premi o attenzione al bambino quando emette comportamenti appropriati. Spesso, dietro tale atteggiamento, vi è il convincimento che quando il bambino si comporta in modo adeguato fa semplicemente il suo dovere e quindi dovrebbe capire da solo l'inadeguatezza di certi altri comportamenti.
  4. Aspettative e atteggiamenti. I genitori di bambini autistici devono, innanzitutto, superare il profondo senso di sfiducia nelle possibilità di apprendimento e di recupero dei propri figli, poi devono modificare gli atteggiamenti di iperprotezione o di rifluto che possono bloccare o ritardare i processi di apprendimento adattivi. Nel caso dell'iperprotezione, i genitori sottovalutano le potenzialità del bambino e lo considerano completamente incapace e bisognoso di maggiori cure ed attenzioni le quali gli impediscono di sviluppare molte abilità che sarebbe invece in grado di acquisire. Nel caso invece del rifluto, esso si manifesta o con l'aperta ostilità o con l'ignorarlo. Ciò induce i genitori a non fornire stimoli adeguati per l'acquisizione di nuove abilità e a non provvedere per tempo agli opportuni interventi educativi.
  5. Ambiente educativo. Molti genitori non creano un ambiente che promuove I'apprendimento e non utilizzano strategie per incoraggiarlo. Cio si verifica o perché viene troppo spesso applicato il solo rinforzo negativo, o perché non viene rinforzato in modo adeguato il comportamento adattivo.

 

L'esigenza che deriva da queste considerazioni è che i genitori devono sapere cosa fare di fronte ai comportamenti, spesso molto gravi, che presentano i bambini. Solo negli ultimi venti anni questa esigenza ha cominciato a concretarsi mediante il primo tentativo, di formare i genitori e di renderli parte attiva nel processo di miglioramento del bambino autistico o psicotico. Questa modalità di intervento, nota con il nome di parent training (formazione dei genitori), consiste in una serie di attività, informative e formative che hanno la finalità di trasmettere ai genitori competenze specifiche relative alle metodologie comportamentali in ambito educativo, per renderli sempre più autonomi nell'educazione dei propri figli (Guazzo, 1990; Forehand, Wells, Griest, 1980).

La partecipazione dei genitori ad un programma di formazione può essere attuato in modi diversi:

 

  1. I genitori sono coinvolti nel programma in qualità di "agenti di cambiamento". In quest'ottica il loro ruolo consiste soprattutto nel mettere in atto programmi e strategie che sono state precedentemente elaborate dallo psicologo. In questo caso, quindi, il genitore impara soprattutto ad usare tecniche specifiche per problemi specifici e difficilmente potrà affrontare adeguatamente problemi nuovi.
  2. Un ruolo diverso, è quello di considerare i genitori come "tecnologi dell'apprendimento". In quest'ottica, i genitori studiano ed apprendono i principi basilari della psicologia sperimentale e i modelli di analisi e modificazione del comportamento. Come conseguenza di tale processo, la famiglia dovrebbe essere in grado di scegliere di volta in volta quale linea di condotta tenere, quali apprendimenti favorire nel bambino, ecc. Questa modalità formativa offre, inoltre, il vantaggio di garantire notevole indipendenza e flessibilità al modo di agire dei genitori (Koegel, Schreibman, O'Neill, Burke, 1983; Koegel, Schreibman, Johnson, O'Neill, Dunlap, 1984; Runco, Schreibman, 1983; Schreibman, 1988; Schreibman, Britten, 1984).

 

Con il secondo approccio, il genitore diventa l'autore del programma di analisi e modificazione del comportamento inadeguato ed in questo modo viene ridefinito il rapporto consulente?genitore. II consulente educativo è orientato ad un'analisi ecologica del problema, dove per ecologia si intende l'insieme dei diversi ambienti con cui il bambino disabile è in relazione. Inoltre, i vari elementi che caratterizzano il parent training sono di volta in volta progettati ed adattati alle esigenze del singolo caso, ma la struttura di base resta sempre la stessa.

Il parent training, quindi, permette anche di attuare la prevenzione primaria: se è vero, infatti, che la maggior parte dei problemi di comportamento e di apprendimento sono dovuti ad errori educativi, ne segue che correggendo 1'educatore si avrà sia la riduzione del problema specifico che la diminuzione della comparsa di nuovi problemi. Anche se questi problemi dovessero comparire il genitore sarà in grado di gestirli autonornamente, senza ricorrere all'intervento esterno al quale ricorrerà, invece, solo in quei casi in cui è veramente necessaria una competenza specifica e altamente professionale. Inoltre, il disagio psicologico non è più considerato del bambino o dei genitori, ma è definito, osservato ed analizzato sulla base dei comportamenti che caratterizzano la relazione tra i vari componenti della famiglia. Questo implica il rifiuto del modello medico a favore di una visione psicologica dei problemi ancorata ai principi metodologici delle teorie dell'apprendimento (Kozloff, 1973).

- Educatori: questo termine è usato genericamente per indicare tutti quegli operatori dell'area riabilitativa (logopedisti, psicomotricisti, terapisti occupazionali, educatori professionali, ecc.) che utilizzano il proprio know-how professionale per aiutare il bambino autistico a migliorare il suo sviluppo (a livello di capacità, abilità, conoscenze, ecc.) e di consentirgli una vita più soddisfacente. Compito dell'educatore è, dunque, quello di gestire, in modo programmato, le occasioni evolutive da proporre al bambino. I principi di base che guidano il modello evolutivo, sono: 1) lo sviluppo umano come successione di stadi caratterizzati da specifiche interazioni fra l'individuo e l'ambiente, 2) l'insieme dei dati diagnostici ottenuti dalle informazioni mediche, sociali e psicologiche, 3) il colloquio con i genitori e 4) l'uso di strategie educative empiricamente fondate.

L'intervento educativo consta, normalmente, di due parti: la prima si riferisce alle attività che il bambino condivide con i compagni (musicali, artistiche, ricreative, ecc.); la seconda a quelle mirate alla conquista di abilità di autoaccudimento, motorie, linguistiche, ecc., ognuna delle quali, a sua volta, progettata secondo una sequenza di unità di apprendimento. Esso richiede, dunque: 1) la conoscenza dei repertori comportamentali cui le interazioni danno luogo nel corso dei diversi stadi evolutivi e 2) l'individuazione dei fattori inibenti lo sviluppo e le modalità inibitorie che essi esercitano sui comportamenti adattivi.

- Insegnanti: la professione dell'insegnante, nel corso degli ultimi anni, ha subìto delle drastiche trasformazioni. La direzione intrapresa da questi cambiamenti è indirizzata "al saper fare" piuttosto che al sapere in sé. E' ovvio quindi che rientrano nel quadro delle competenze educative diverse abilità: comunicative, di problem solving, di autocontrollo, ecc. Inoltre, per ogni abilità sono richieste altrettante conoscenze: ad esempio, l'abilità di problem solving richiede conoscenze piuttosto approfondite sulla psicologia del pensiero. Comunque, l'abilità più rilevante per l'insegnante è la "flessibilità": cioè, la capacità di modificare il proprio comportamento in funzione delle risposte del soggetto e delle mete educative da raggiungere (Meazzini, 1984). Ad esempio, l'itinerario educativo dell'allievo autistico implica un'analisi più attenta delle abilità di base da lui possedute, una formulazione più dettagliata e graduata degli obiettivi perseguiti, il ricorso a strategie d' insegnamento più efficaci, un processo di verifica più costante e sistematico e una suddivisione del compito nelle sue parti componenti e programmarle in una successione graduale. Quest'ultimo modo di procedere è noto come task analysis (Guazzo, 1996).

 

 

E. Ambiente fisico:

l'ambiente, in base ai repertori affettivo-emotivo, cognitivo e socio-relazionale del bambino autistico, deve essere il più possibile naturale: come il gioco, in cui la relazione è una responsabilità condivisa sia dal bambino che dall'operatore; il soggetto determinerà di volta in volta i propri centri di interesse, mentre l'adulto tenderà a trarre vantaggio dall'iniziative per stimolarlo a produrre risposte sempre più varie; o strutturato: assenza di distrattori acustici, olfattivi e visivi: rumori estranei, giocattoli o oggetti diversi da quelli con i quali si sta lavorando, altri adulti non impegnati nella relazione, odori molto forti e penetranti, ecc. Comunque, una volta liberato l'ambiente dai distrattori e prima di iniziare il training è opportuno dare al bambino la possibilità di esplorare, di manipolare gli oggetti e di adattarsi all'ambiente (se l'ambiente è piuttosto grande il bambino, con la schiena rivolta alla stanza, e l'operatore, posti l'uno di fronte all'altro, occupano uno dei quattro angoli).

Si possono impiegare due tipi di materiali, uno protesico e l'altro di stimolazione. Si considera materiale protesico o di facilitazione tutto ciò che favorisce la partecipazione del soggetto alle attività proposte. La stimolazione può essere data con oggetti opportunamente variati in rapporto alle dimensioni, alla forma ed alla possibilità di associare una componente acustica.

Gli oggetti che saranno utilizzati in modo funzionale (saranno quelli presi nell'ambiente di vita del soggetto; ad esempio, se il bambino non conosce la frutta si utilizzerà quella vera e non di plastica, in modo che egli potrà percepirne le caratteristiche fisiche attraverso l'olfatto, il tatto ed il gusto), per i vari apprendimenti, dovranno avere le seguenti caratteristiche: maneggevolezza, atossicità, gradevolezza, grandezza tale da non consentire al bambino di metterli in bocca se egli ha questa abitudine, ecc.

L'insegnamento dovrebbe avvenire per brevi periodi alla volta (max 15 minuti), frazionati durante la giornata e ripetuti durante i giorni della settimana. Ciò significa che sarà necessario creare molte opportunità educative al bambino nella sequenza di insegnamento, cioè si deve utilizzare una modalità conosciuta come iper-apprendimento. Questa modalità consiste nel continuare le fasi di apprendimento anche dopo il raggiungimento del livello di padronanza. E' evidente che, solo coinvolgendo altre persone e cercando sempre nuove modalità educative, si potrà produrre l'iper-apprendimento.

I tempi, le modalità, la frequenza devono scaturire da un'attenta programmazione educativo-riabilitativa.

 

 

F. Strategie per l'apprendimento:

l'intervento sul bambino autistico non mira alla semplice acquisizione di nuove abilità, ma le situazioni di apprendimento sono organizzate in modo tale da fornirgli esperienze emotive positive. In tal modo, oltre a favorire nuovi apprendimenti, si dà al bambino la possibilità di migliorare la propria autostima e di decrementare l'ansia prestazionale che spesso gli impedisce di affrontare nuove situazioni. Le abilità che vengono apprese, inoltre, sono sempre finalizzate all'apprendimento di competenze sempre più complesse e raffinate che convergono nello sforzo di far raggiungere al soggetto la massima autonomia possibile. In questo paragrafo, le strategie non saranno differenziate a seconda degli obiettivi perseguiti (incrementare la frequenza di un comportamento o decrementarla) e del loro rapporto temporale rispetto alla risposta richiesta (Fig. 2), già esaurientemente descritti in altra sede (Guazzo, 1996), cui si rinvia il lettore per un approfondimento; ma, per favorire il raggiungimento degli obiettivi, si utilizzeranno modalità operative la cui sequenza è costituita da (Bissolo, 1989): 1) antecedenti (stimolo istruzionale: cosa fare per far emettere la risposta al bambino; e stimoli aggiuntivi: cosa fare se il bambino non risponde), 2) risposta (cosa fa il bambino), 3) conseguenze (cosa si fa seguire alla risposta del bambino), 4) intervallo interprova, 5) registrazione dei dati durante le prove di apprendimento e 6) problemi durante l'attuazione del programma.

 

Fig. 2 - Flow-chart che illustra le principali strategie usate nello I.E.M.
(pop-up window: cliccare sull'immagine per ingrandire)

Fig 2 - Flow-chart che 
              illustra le principali strategie usate nello I.E.M.

 

 

1. Gli antecedenti.

1.1 Le istruzioni.
Di fronte ad un bambino che non comprende ciò che gli viene detto, si è portati ad alzare il tono della voce, a parlare più rapidamente ad aumentare e variare le istruzioni. Facendo in questo modo, si ottiene il contrario. Esistono comunque delle regole generali per rendere efficaci le istruzioni: 1) esse devono essere date quando c'è attenzione; 2) devono essere chiare; 3) non devono dar adito a confusione; 4) l'invito verbale dovrebbe essere sempre lo stesso; 5) ci deve essere coincidenza tra istruzioni verbali e gestuali; 6)le istruzione devono essere erogate senza la presentazione di stimoli avversivi (minacce, proibizione, punizione); 7) in caso di assenza della risposta, non dovrebbero essere continuamente ripetute; 8) far ripetere al bambino, quando è possibile, ciò che gli è stato detto.

1.2 Gli stimoli aggiuntivi.
Gli stimoli aggiuntivi possono essere usati su ognuno dei diversi aspetti che caratterizzano la sequenza di apprendimento (facilitanti: sulla situazione-stimolo e sulla risposta; potenzianti: sulla conseguenza):

 

  1. stimoli aggiuntivi sulla situazione-stimolo: la loro funzione è quella di indirizzare l'attenzione del bambino;
  2. stimoli aggiuntivi sulla risposta: servono a favorire, aiutare e produrre la risposta corretta; le più importanti stimolazioni di aiuto sono:
    1. Aiuto di prossimità spaziale (opportuna collocazione spaziale del materiale,
    2. Aiuto di facilitazione (uso di materiali facili da manipolare),
    3. Abbinamento a stimoli gradevoli (ad esempio, la musica che poi sono via via ridotti),
    4. Ripetizione (far ripetere al bambino le istruzioni fornite),
    5. Dimostrazione (far vedere al bambino le operazioni necessarie a compiere una data prestazione),
    6. Utilizzazione di un modello (addestrare un altro bambino a fungere da modello) e
    7. Guida graduata (questa tecnica è costituita da tre fasi: guida graduata completa, parziale e ombreggiata. Nel corso della guida graduata completa, le mani dell'operatore sono a stretto contatto con quelle dell'allievo che riceve rinforzi continui finché muove volontariamente le mani nella direzione desiderata. Quando l'allievo si lascia guidare senza opporre alcuna resistenza, l'educatore inizierà ad esercitare una guida graduata parziale, in cui accompagna le mani dell'allievo col solo aiuto del pollice e dell'indice. Quando l'allievo risponde con sicurezza anche a questa fase, l'educatore potrà iniziare l'ombreggiamento, in cui tiene le mani ad un paio di centimetri da quelle dell'allievo per tutta la durata del tentativo.
  3. c. stimoli aggiuntivi sulla conseguenza. Questi stimoli sono manipolati dall'educatore per potenziare il rinforzo. Tra questi i più importanti sono: 1) Privazione (consentire la fruizione di un particolare evento piacevole come conseguenza alla risposta corretta), 2) Anticipazione (anticipare ciò che sarà dato come ricompensa), 3) Feedback di correttezza (canalizzare il comportamento del bambino, quando la risposta è molto complessa e richiede una sequenza di atti) e 4) Aggancio motivazionale (scegliere sempre occasioni di apprendimento che possano, in qualche modo, motivare il bambino).

 

 

2. La risposta.

La strutturazione degli antecedenti è finalizzata al raggiungimento di un preciso obiettivo comportamentale. Sotto l'influenza di tutta una gamma di antecedenti positivi, il soggetto emette il comportamento stabilito nella programmazione. Mentre egli emette la risposta, l'educatore fornirà una quantità di aiuti in misura inversamente proporzionale al grado di sforzo attivo impiegato, evitando, però, che si instauri una dipendenza.

 

 

3. La conseguenza.

L'apprendimento inteso come modificazione della probabilità e frequenza di emissione di un comportamento dipende dalle conseguenze che seguiranno a tale risposta. La scelta dei rinforzi, nella programmazione di un intervento educativo, è di fondamentale importanza e si articola in due fasi:

 

  • ricerca dei rinforzi. Il compito di individuare rinforzatori per bambini autistici può a volte rivelarsi estremamente difficile. Tali soggetti infatti si trovano spesso in carenza di rinforzi. Ciò può verificarsi per due motivi: 1) i deficit di apprendimento possono aver impedito al bambino di impegnarsi in varie attività potenzialmente produttrici di rinforzi e 2) è possibile che egli non sia stato esposto a molti fra i possibili rinforzi a cui è sensibile l'uomo. I modi per stabilire quali possono essere i rinforzi per un allievo sono: a) domandare all'allievo stesso; b) osservare l'allievo; c) osservare allievi con caratteristiche simili; d) usare il principio di Premack; e) usare la tecnica del "campionamento dei rinforzi". Questa tecnica consiste nel sottoporre l'allievo a tutta una serie di rinforzatori potenziali, stabilendo così se egli gradisce o meno tali rinforzatori.
  • scelta del rinforzo. Scegliere i rinforzi ricordandosi che devono rispondere ai seguenti requisiti: a) devono essere efficaci; b) devono essere facilmente somministrabili; c) devono essere reperibili e somministrabili nell'ambiente naturale del soggetto; d) non devono saziare rapidamente; e) devono essere sicuri.

 

I criteri e le modalità di erogazione del rinforzamento positivo alla risposta corretta sono i seguenti: a. il rinforzo deve essere somministrato entro un intervallo di tempo brevissimo dall'emissione della risposta ed in alcuni casi mentre questa si sta ancora completando; b. se si usa un rinforzatore tangibile, bisogna aver cura di abbinarlo costantemente a rinforzi sociali (sorriso, carezze, approvazione, ecc.), in modo che le conseguenze sociali positive acquisteranno sempre più valore rinforzante e saranno in grado autonomamente di motivare l'apprendimento; c. verificare se il rinforzo ostacola il proseguimento delle prove di apprendimento; d. la risposta deve essere rinforzata passando dal rinforzamento continuo a quello intermittente.

 

 

4. Intervallo interprova.

L'intervallo deve essere basato sul tempo di applicazione ad un compito di ciascun bambino e deve seguire i seguenti principi: 1) le prove durano pochi minuti, poi c'è un intervallo e così via; 2) non si deve insistere senza intervallo; 3) il tempo di lavoro deve aumentare gradualmente; 4) l'insegnamento deve essere interrotto sempre dopo una risposta positiva; 5) se il bambino è stanco o annoiato, bisogna aspettare una prestazione positiva prima di smettere; 6) mantenere il rapporto con il bambino anche fuori dalle prove; 7) far seguire alle sedute un'attività piacevole; 8) registrare i risultati durante le prove.

 

 

5. La registrazione dei dati durante le prove di apprendimento.

Elaborare delle schede per valutare in ogni momento i progressi del soggetto. Questo tipo di registrazione serve all'educatore per verificare la validità del piano di apprendimento. L'educatore, infatti, calcolando la percentuale delle risposte corrette rispetto a quelle sbagliate e confrontandola con il criterio prefissato saprà con precisione quando un'abilità è stata acquisita. Esse sono caratterizzate dai seguenti punti: 1) antecedenti, 2) obiettivi, 3) conseguenze, 4) criterio di padronanza.

 

 

6. Problemi durante l'attuazione del programma.

Durante l'attuazione del programma possono sorgere vari problemi sia di tipo generale (imputabili a fattori esterni) che specifico. I problemi di tipo generale possono essere dovuti ai seguenti fattori: 1) comportamenti incompatibili (comparsa di comportamenti incompatibili con qualsiasi tipo di apprendimento; ad esempio, comportamenti di autostimolazione); 2) distrattori ambientali (presenza, nell'ambiente in cui si svolge l'insegnamento, da elementi estremamente distraenti); 3) mancanza di programmazione giornaliera (evitare sessioni di apprendimento senza un aggancio funzionale con la reale utilità della prestazione richiesta: ad esempio, vestirsi per uscire, lavarsi le mani prima di mangiare, lavarsi i denti dopo aver mangiato, ecc.).

I problemi specifici, invece, possono essere attribuiti ai seguenti fattori: 1) mancata emissione o emissione non adeguata del comportamento richiesto, 2) dipendenza dal prompting che non può essere attenuato senza un deterioramento della prestazione, 3) saltuaria presentazione dell'abilità richiesta pur avendo raggiunto un livello soddisfacente, 4) difficoltà a generalizzare e 5) resistenza al processo di apprendimento.

 

 

G. Generalizzazione e mantenimento:

All'acquisizione dell'abilità, l'operatore dovrà dirigere il suo intervento verso due obiettivi: la generalizzazione (applicare l'abilità appresa anche in contesti diversi) ed il mantenimento (l'abilità appresa deve diventare parte integrante del repertorio comportamentale del soggetto).

La generalizzazione ed il mantenimento di un'abilità non avvengono spontaneamente, ma devono essere programmati rispettando alcune modalità (Guazzo, Buono, 1992):

 

  1. presentare l'abilità in contesti diversi, aumentando gradualmente la diversità rispetto a quello iniziale (eventuali difficoltà di generalizzazione si supereranno con la reintroduzione di alcuni aiuti usati in precedenza e che poi si dovranno gradatamente togliere);
  2. affiancare, agli operatori che inizialmente hanno condotto l'insegnamento, altri operatori;
  3. presentare materiali diversi da quelli utilizzati originariamente;
  4. diminuire gradualmente gli aiuti dati durante l'insegnamento;
  5. ridurre profressivamente i rinforzi estrinseci;
  6. trasferire le modalità di insegnamento a tutti coloro che sono in contatto con il soggetto (familiari, terapisti, insegnanti, ecc.);
  7. accelerare l'acquisizione delle abilità;
  8. estinguere le contingenze che mantengono alcune forme di "incapacità appresa".

 

 

H. Verifica:

Costante monitoraggio dell'attività in corso, allo scopo di verificarne sistematicamente l'adeguatezza agli obiettivi precedentemen-te formulati. Nella "Scheda di intervento A" (Fig. 3), vanno indicati gli obiettivi relativi alle attività di ogni singola abilità, specificando i materiali da utilizzare, le strategie da implementare, i tempi ed i rinforzatori da usare. Nella "Scheda di intervento B" (Fig. 3), per ogni singolo obiettivo, si registra la data, il numero di seduta, i minuti di collaborazione del soggetto, il criterio di padronanza e gli "aiuti" utilizzati per facilitare il compito). Questa esigenza di verifica è molto più pressante con un bambino disabile che con uno normale, in quanto il primo necessita di insegnamento individualizzato, di un maggior numero di ripetizioni, di tempi più lunghi, ecc.

 

Fig. 3 - Schede utilizzate per il monitoraggio delle attività nello I.E.M.

Fig. 3 - Schede utilizzate per il monitoraggio delle attività nello I.E.M.

Fig. 3 - Schede utilizzate per il monitoraggio delle attività nello I.E.M.

 

Nella Scheda A vanno indicati gli obiettivi relativi alle attività di ogni singola abilità, specificando i materiali da utilizzare, le strategie da implementare, i tempi e i rinforzatori da usare. Nella Schda B, per ogni singolo obiettivo, si registra la data, il numero di seduta, i minuti di collaborazione del soggetto, il criterio di padronanza e gli "aiuti" urtilizzati per facilitare il compito. Sempre nella Scheda B: la prima riga della colonna "minuti di collaborazione", indica, dal decimo minuto in poi, le decine, mentre la seconda le unità; nella colonna "esiti", la "faccina sorridente" indica che è stato raggiunto il criterio di padronanza (95%), la "faccina indifferente" indica che la padronanza non è completa ma è facilmente raggiungibile (tra il 75 e il 95%), infine la "faccine triste" indica che le strategie utilizzate sono inadeguate al soggetto e bisogna insistere sui prerequisiti (<75%); nella colonna "aiuti", A=Autonomo, AV=Aiuto Verbale, AG=Aiuto Gestuale, AVG=Aiuto Verbale Gestuale, AFP= Aiuto Fisico Parziale, AFT=Aiuto Fisico Totale.

Un modo di valutazione, piuttosto semplice, mette a confronto risultati ottenuti con uno standard assoluto di performance stabilito in precedenza dall'operatore e pertanto indipendente dalle norme ricavate da un qualsiasi gruppo di riferimento. I punteggi ottenuti da singoli soggetti sono quindi riferiti ad un criterio e sulla base di questo confronto vengono interpretati. In pratica l'educatore, una volta raggiunti gli obiettivi di apprendimento che intendeva perseguire con il suo lavoro, propone una serie di prove di valutazione al soggetto: se quest'ultimo, ad esempio, su 20 prove consecutive risponde esattamente ad almeno 19 prove (pari al criterio: CrP³95%), si può passare all'obiettivo successivo; se invece le risposte esatte sono comprese tra 15 e 18 (pari al criterio: 75%£CrP£95%), bisogna continuare ancora con l'intervento fino a raggiungere il criterio del 95% (fissato al momento della formulazione dell'obiettivo); se, infine, le risposte esatte sono inferiori a 15 (CrP<75), bisogna cambiare le modalità di intervento perché non sono adatte al soggetto in trattamento.

 

 

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