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della regione lombardia, a cura di cenciarelli i., 1999)
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a cura di cenciarelli i., 1999)
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(marando r.)
un approccio
musicoterapeutico alla sindrome autistica
(lubrano m. l., picconi c., polcaro f., pervenuto agli argonauti
il 29-11-2000)
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IL SELF-MANAGEMENT
S. M. Edelson
Center
for the Study of Autism, Salem, Oregon
(il testo in lingua originale è consultabile
sia sul csa
che sulla bma)
Self-management è un termine psicologico usato per descrivere
il raggiungimento dell'autonomia personale. L'obiettivo del self-management
per colo che hanno disturbi dello sviluppo è di distinguere
la supervisione e il controllo da parte di un genitore, di un assistente,
un caposervizio o di chi ha a che fare con la persona. Un programma
di self-management riuscito consentirà a questi individui
di vivere e lavorare indipendentemente all'interno del proprio ambiente.
Tre sono i componenti del self-management.
Automonitoraggio
Lo scopo dell'automonitoraggio è di insegnare alla persona
a divenire più consapevole del proprio comportamento. Per
coloro che hanno disturbi dello sviluppo viene selezionato un comportamento
(o comportamenti) bersaglio, come l'aggressione, la produzione di
rumori senza senso o il bloccarsi su un compito; e alla persona
si insegna a controllare quando questo comportamento si verifica.
Una strategia è do insegnare alla persona a controllare il
proprio comportamento a brevi intervalli di tempo. All'inizio l'insegnante
o il supervisore può ricordare all'allievo ogni 10-15 minuti
di osservare il proprio comportamento. Successivamente un timer
da cucina può essere impiegato per produrre un segnale sonoro
ogni 10-15 minuti per ricordare alla persona di osservare se il
comportamento bersaglio si è verificato o no. Un eventuale
obiettivo potrebbe essere insegnare alla persona a controllare il
proprio comportamento senza suggerimento. Per esempio, dopo che
ha prodotto un comportamento indesiderabile, lui o lei dovrebbe
subito diventare consapevole di ciò che sta facendo. Tale
consapevolezza allora suggerirebbe alla persona di fermare il proprio
comportamento prima che degeneri. Talvolta si verifica un effetto
di reazione per cui un comportamento indesiderabile diminuisce semplicemente
a causa del processo di osservazione.
Autovalutazione
La persona determina se è incorsa o meno nel comportamento
bersaglio in relazione agli obiettivi stabiliti. Per esempio, se
l'obiettivo è il trattenersi dal farsi male per 10 minuti,
la persona o chi l'aiuta potrebbe riflettere per 10 minuti per chiarire
se il suo scopo è stato raggiunto. Se è così,
la persona procederà col secondo stadio, quello dell'autorinforzo.
Altrimenti gli obiettivi potrebbero essere rivisti e si potrebbe
riattare l'automonitoraggio. Per aumentare al massimo le possibilità
di successo, le mete debbono essere realistiche e raggiungibili,
e bisognerebbe osare di più di quanto la persona sente come
successo.
Autorinforzo
L'autorinforzo si riferisce all'autogratificazione per il raggiungimento
degli obiettivi stabiliti. Per esempio, se l'obiettivo è
trattenersi dall'aggressività per 30 minuti (per es. tre
intervalli di automonitoraggio da 10 minuti) e se la persona l'ha
raggiunto, allora lui/lei potrà premiarsi. I ricercatori
sostengono che permettere ad una persona di scegliere tra più
ricompense è più efficace che rendere disponibile
soltanto una ricompensa. All'inizi le ricompense andranno date alla
persona immediatamente, come mangiare uno spuntino; ma, come nel
mondo reale, sarà meglio stabilire una "token economy"
(ndt. "economia dei buoni") in cui la persona riceve un
buono (per es. monete, asterischi) per un comportamento appropriato
e li scambia quindi con una ricompensa in un secondo tempo. Sebbene
tangibili, le ricompense esterne sono assai efficaci, potrebbe essere
più vantaggioso fare in modo che la persona conti su una
ricompensa interna, come sapere di aver fatto bene. Inoltre, mentre
i rinforzi continui funzionano bene quando vengono stabiliti nuovi
comportamenti (per es. imparare a non essere aggressivo) i comportamenti
saranno più stabili se il rinforzo diventa intermittente.
Certo il self-management è una sfida per insegnare ad una
person con disturbi dello sviluppo, ma molti professionisti hanno
avuto molto successo usando, per far questo, semplici tecniche comportamentali.
Queste tecniche includono: apprendimento da un modello, prove, modellamento,
suggerimento, feedback, diminuzione, generalizzazione.
All'inizio l'individuo avrà bisogno di una supervisione
completa ma, col passare del tempo, questa supervisione andrebbe
gradualmente eliminata, se possibile. Per il successo di un programma
di self-management è importante sviluppare un sistema di
mantenimento del programma, altrimenti le abilità della persona
potrebbero col tempo deteriorarsi.. queste sessioni "di spinta"
dovrebbero essere integrate nel programma.
L'implementazione del self-management richiede un notevole impiego
di tempo ed energia. Ad ogni modo ottenere un'attiva partecipazione
individuale al cambiamento del proprio comportamento potrebbe essere
la chiave per ridurre o eliminare dei comportamenti così
da mantenere quelli appropriati. Una volta che la persona è
in grado di monitorare, valutare e rinforzare il proprio comportamento,
ognuno ne trae dei benefici.
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