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acquisizione
del linguaggio nei bambini autistici: cosa ci può dire?
(cash j. r., 1989)
come aiutare
un bambino con disturbo dello spettro autistico a svolgere
i compiti a casa?
(mona a., 2001)
comprensione degli
studenti con sindrome di asperger, direttive per gli insegnanti
(williams k., 1995)
excursus
storico sulla comunicazione facilitata
(cenciarelli i., mona a., 1999)
il parent
training razionale-emotivo per genitori di bambini difficili
(di pietro m.)
il programma
teacch
(arduino g. m.)
il self-management
(edelson s. m.)
informazioni
base sull'auditory integration training
(edelson s. m.)
interventi
terapeutici: modello comportamentale
(cenciarelli i., mona a., 1999)
interventi
terapeutici: modello organicista
(cenciarelli i., mona a., 1999)
interventi
terapeutici: modello psicodinamico
(cenciarelli i., mona a., 1999)
interventi
terapeutici: modello sistemico-relazionale
(cenciarelli i., mona a., 1999)
l'eit:
analisi di due casi
(lucioni r., pervenuto alla bma il 23-06-2001)
la vitamina
c nella prevenzione e trattamento dell'autismo
(rimland b., 1999)
modelli
di musicoteraia per l'autismo
(cenciarelli, mona, de rubeis, botta, 2002)
musicoterapia e autismo
- abstract
(cremaschi trovesi g., 1999)
pecs,
pyramid approach of education
(dal sito www.pecs.com)
prevenzione
(gruppo di lavoro tecnico-scientifico sulla sindrome autistica
della regione lombardia, a cura di cenciarelli i., 1999)
progetto
iem
(guazzo g. m., aliperta d. pervenuto alla bma il 12-11-2000)
sindrome
dell'X fragile e autismo
(dagli atti del convegno scientifico internazionale, 1990;
a cura di cenciarelli i., 1999)
trattamenti nei
disturbi generalizzati dello sviluppo - abstract
(marando r.)
un approccio
musicoterapeutico alla sindrome autistica
(lubrano m. l., picconi c., polcaro f., pervenuto agli argonauti
il 29-11-2000)
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EXCURSUS STORICO SULLA COMUNICAZIONE FACILITATA
Cenciarelli I., Mona A., 1999
sommario
- Prime esperienze
con la Comunicazione Facilitata
- Diffusione della Comunicazione
Facilitata
- Denunce di abuso sessuale
- Controversie sulla CF
- La Comunicazione Facilitata
in Europa
- La Comunicazione Facilitata
in Italia
- Posizioni della comunità
scientifica
- Bibliografia
Gli antecedenti della Comunicazione Facilitata si possono rintracciare
in alcuni lavori svolti nei primi anni settanta. Già negli
anni sessanta comunque, si ha notizia di due pediatri newyorkesi
che si occuparono di più di 60 studenti con diagnosi di autismo
alcuni dei quali erano in grado di digitare su uno strumento detto
"la macchina per scrivere parlante". Nonostante sembrasse
che alcuni ragazzi fossero riusciti a digitare messaggi pertinenti
e finalizzati, dagli appunti non è tuttavia risultato se
il braccio degli studenti fosse sostenuto in qualche modo (Goodwin
e Goodwin, 1969 cit. in Biklen, 1990). Nel 1974 fu pubblicato un
articolo da Oppenheim nel quale si affermava che era stato
possibile permettere ad alcuni studenti con autismo di scrivere,
sostenendo loro la mano e riducendo gradualmente l'aiuto, nonostante
"alcuni dei bambini, per scrivere, volessero che si toccasse
loro il dito o qualche altra parte del corpo, come la testa"
(p. 55).
Circa dieci anni più tardi, nel 1985, i coniugi Shawlow
affermarono che Art, il loro figlio con autismo, poteva scrivere
con un dispositivo elettronico di cui sarebbero venuti a conoscenza
grazie ad uno studioso svedese. Nello stesso anno anche una coppia
di genitori di Ottawa, gli Easthmam, riferirono d'essere
riusciti ad insegnare al proprio figlio David a digitare. Entrambe
le coppie affermarono che ciò era possibile solo con il contatto
rassicurante di una mano sul braccio o sulla spalla (Biklen e Shubert,
1991).
Prime esperienze con la Comunicazione Facilitata
[sommario]
Ma la Comunicazione Facilitata (CF), viene impiegata con questo
nome per la prima volta in Australia all'inizio degli anni '70 da
Crossley, un'insegnante del St. Nicholas Hospital, con 12
bambini con handicap fisici e mentali. Il metodo consiste nel sostenere
fisicamente il braccio della persona così da permetterle
di digitare su una tastiera o indicare su un foglio appropriato
(la tavola alfabetica) parole e frasi, in maniera da consentirle
di esprimere i propri pensieri anche nell'impossibilità di
usare il linguaggio verbale o i gesti. Più che un metodo
psicoeducativo o una terapia, la CF, sarebbe quindi una tecnica
di comunicazione aumentata che consente a soggetti con autismo o
con gravi difficoltà del linguaggio di comunicare (S. Ucelli,
1997).
Benché dalle osservazioni di Crossley sembrasse che i bambini
da lei trattati fossero in possesso di abilità intellettuali
normali o superiori, tali risultati non furono considerati convincenti
dai suoi superiori, che non le consentirono di continuare il programma
con bambini affetti da handicap grave.
Nel 1985, comunque l'Autrice, sperimentò la tecnica con
alcuni bambini affetti da autismo, i quali, secondo le sue osservazioni,
rivelarono inaspettate competenze linguistiche a dispetto dei diversi
problemi che essi avevano invece nella sintassi e nell'uso corretto
dei pronomi con il linguaggio verbale.
Dopo essere stata definitivamente allontanata dall'ospedale, Crossley
aprì nel 1986 a Melbourne il DEAL (Dignity, Communication
and Language) Communication Center, di cui era coordinatrice
del programma e il metodo iniziò a diffondersi. Ma nel 1988
un gruppo di operatori nel campo del ritardo mentale scrisse un
articolo in cui si contestava l'uso indiscriminato della CF, dato
che i risultati provavano che vi era l'influenza del facilitatore
nella produzione dei messaggi. Ciò stimolò l'Intellectual
Disability Review Panel a richiedere una verifica più approfondita
dell'affidabilità e della validità del metodo. Tuttavia,
solo tre soggetti del DEAL Communication Center furono disposti
a partecipare. Dalla ricerca emerse che, di questi, uno soltanto
era in grado di comunicare realmente grazie alla CF. In seguito
comunque fu messa in evidenza l'ambiguità dei risultati di
quel soggetto (Cummins e Prior, 1992; cit. in Jacobson et al. 1994).
Più tardi fu effettuato un altro esperimento, sempre con
tre soggetti, in cui questi ultimi erano in grado di fornire una
descrizione di ciò che era accaduto in assenza del facilitatore.
Ma i risultati si rivelarono difficilmente interpretabili, poiché
non si dava informazione sulle abilità comunicative precedenti
e in assenza di CF. Successivi esperimenti in Australia, confermarono
l'influenza dei facilitatori sul contenuto dei messaggi digitati
(Hudson; Melita e Arnold, 1993; Moore et al.; Moore, Donovan e Hudson,
1993).
Diffusione della Comunicazione Facilitata
[sommario]
La CF fu portata negli Stati Uniti nel 1989 da Biklen, sociologo
e professore di istruzione speciale presso la Syracuse University,
dopo che egli ebbe conosciuto il lavoro della Crossley in Australia
presso il centro DEAL. Nonostante inizialmente la Crossley utilizzasse
il metodo solo con persone con disabilità motorie, Biklen
estese l'uso della tecnica anche a persone con gravi deficit cognitivi.
I mass media hanno avuto nella diffusione della CF un ruolo rilevante,
soprattutto in Nordamerica, dove se ne è parlato frequentemente
in articoli apparsi su riviste e quotidiani e in programmi televisivi,
come 60 Minutes e Frontline. Quest'ultimo, trasmesso
sulla PBS (Public Broadcasting System) ha dedicato al fenomeno CF
una puntata intitolata Prisoners of Silence (Simonsen, 1995
cfr. sito FCD).
Attualmente anche in Italia si è parlato di CF in televisione:
nel corso della puntata del Maurizio Costanzo Show andata
in onda il 7-10-1999 fra gli ospiti vi era Carlo Carlone, padre
di Matteo, un ragazzo di diciotto anni affetto da autismo. Durante
il programma è stata raccontata la storia del figlio e di
come, grazie alla tecnica della CF, da qualche mese il ragazzo avesse
svelato ai propri genitori una realtà per loro insospettata,
anche se non si è accennato alle numerose controversie sulla
validazione del metodo.
Già dal 1991, comunque, la tecnica aveva fatto la sua prima
apparizione in televisione, sulla ABC, che gli dedicò un
servizio nella trasmissione Part-time Live in cui la CF veniva descritta
come un nuovo strumento di comunicazione grazie al quale persone
con gravi disturbi, non ritenute perciò in grado di compiere
le più elementari operazioni cognitive, mostravano sorprendenti
capacità espressive ed insospettate abilità (Simonsen,
1995 cfr. sito FCD).
Nel 1993 viene riportato il caso di un ventisettenne ritenuto affetto
da ritardo mentale, il quale, tramite la CF, ha mostrato di possedere
inaspettate competenze (Reader's Digest, 1993 cit. in Johnson e
Dorman, 1993).
La rivista Newsday è invece stata palcoscenico di
testimonianze contrastanti in materia di CF: ai dubbi riportati
in un articolo del numero di Gennaio 1993 seguì la pubblicazione
della storia positiva dell'impiego della CF con il figlio affetto
da autismo di un membro dello staff dello stesso giornale (Johnson
e Dorman, 1993 cit. in Simonsen, 1995 cfr. sito FCD).
Non solo il mondo accademico, ma anche l'opinione pubblica inizialmente
si interessò molto alla CF, perché gli scritti dei
facilitati sembravano portare alla luce un problema scabroso: quello
dell'abuso sessuale o violenze da parte dei genitori e degli educatori.
Denunce di abuso sessuale
[sommario]
Borthwick, Morton, Biklen, e Crossley (1992 cfr. sito FCD) hanno
firmato un articolo in cui si sottolineava come la CF consentisse
finalmente ad un categoria socialmente debole di esporre denunce
così da difendersi dalle violenze sessuali. Balzata perciò
in primo piano l'esigenza di stabilire la veridicità e l'affidabilità
di tali testimonianze, furono spesso i tribunali il contesto in
cui si resero necessarie diverse ricerche sulla validazione del
metodo (Bligh e Kupperman, 1993).
Da una rassegna sull'argomento risulta che 20 casi giudiziari per
abuso sessuale si sono tutti conclusi col ritenere falsi o comunque
non credibili gli allegati, prodotti tramite CF, nei quali veniva
esplicitata la denuncia (Rimland, 1993).
Controversie sulla CF
[sommario]
Nel 1993, Rimland riportava un accumularsi di dati sperimentali
sfavorevoli al riconoscimento della CF come valido strumento di
supporto alla comunicazione comprendenti, oltre ad un lungo elenco
di processi conclusisi con sfiducia verso la tecnica in questione,
anche la decisione del Governo Australiano di effettuare un taglio
ai finanziamenti al DEAL Communication Center (Rimland, 1993).
Di conseguenza, secondo Rimland, l'atteggiamento "eccessivamente
entusiastico" di Biklen appariva smorzarsi all'emergere di
tali dati (si trattava di 11 risultati marginalmente positivi su
un totale di 285 portatori di handicap). L'Autore affermava infatti
che la CF "can be useful for many people who di not speak,
or whose speech is highly limited ...", confermando come la
CF non si riveli utile con tutti: il suo successo dipende da fattori
neurologici (tremori, tono muscolare, sensibilità propriocettiva),
esperienze didattiche e opportunità di pratica. Secondo Rimland,
queste affermazioni differiscono molto da quelle precedenti, in
base alle quali il metodo sarebbe efficace con il 100% delle persone
con limitazioni gravi nella comunicazione (Biklen, 1993 nov.; Biklen,
1993 cit. in Rimland, 1993; Rimland, 1993).
Nello stesso articolo, Biklen sosteneva che bisogna attribuire
credibilità ed importanza alle comunicazioni verbali più
che a quelle prodotte con la CF, nel caso, naturalmente, in cui
sia presente una seppur minima capacità di verbalizzazione
(Biklen, 1993 cit. in Rimland, 1993).
La Comunicazione Facilitata in Europa
[sommario]
Nel 1990, una collaboratrice di Biklen, la logopedista Shubert,
illustrò il metodo ad un gruppo di genitori di bambini con
autismo di Berlino, tra i quali si trovava anche Anne-Marie Sellin,
madre di Birger, il ragazzo affetto da autismo che nel 1993
sarebbe diventato famoso pubblicando un libro sulla propria condizione,
"Prigioniero di me stesso", una raccolta di numerosi testi
che Birger scriveva ogni giorno grazie alla CF dall'anno in cui
fu iniziato all'utilizzo della tecnica (1990).
Grazie ai seminari che Anne-Marie Sellin tenne in seguito sulla
CF dal 1992, venne a conoscenza del metodo Stork, psicoterapeuta
e direttore della Poliklinik für Kinder und Jugendpsychotherapie
der Technischen Universitat, di Monaco di Baviera, e dal 1993 anche
in Germania cominciarono studi osservativi sui vari casi (Stork,
1994). "I casi documentati da Stork sono tormentati. Non accade
affatto che l'accesso alla comunicazione venga vissuto con la gioia
di una liberazione. La novità della scrittura è qualcosa
di importante ma da tenere riservata a pochi e da non rivelare -chiedono
alcuni dei soggetti di cui è data documentazione- ai genitori.
Vi sono espressioni di aggressività e di coinvolgimento sessuale
con l'educatrice" (A. Canevaro, 1997).
Vi sono esperienze di CF di un certo interesse anche in Francia,
dove Vexiau svolge attività di terapia e ricerca presso
il centro da lei stessa fondato, l'EPICEA (Insegnamento Pratico
e Informazione sulla Comunicazione con il Bambino Autistico) a Suresnes.
Dopo un'esperienza di trattamento con 170 soggetti, la Vexiau conclude
che non bisognerebbe considerare gli individui con autismo come
persone normali a cui mancherebbe solo la parola, dato che comunque
la loro struttura è differente e la CF non può cancellare
la condizione autistica, ma può comunque aiutare a comprenderla
meglio (A. Canevaro, 1997).
La Comunicazione Facilitata in Italia
[sommario]
Determinante per la diffusione della CF in Italia è stato
il contributo di Patrizia Cadei, madre di Alberto, un ragazzo
affetto da autismo col quale impiega la tecnica. Il suo primo contatto
con questo metodo è avvenuto nel 1992 durante un viaggio
negli USA, in seguito al quale Cadei ha contattato Biklen, che le
fornì materiale più dettagliato, da cui scaturì
quella che si può definire, probabilmente, la prima esperienza
di CF in Italia (Cadei, 1998).
Avvantaggiata dall'essere membro dell'Italian Autism Society, Cadei
intraprese un'intensa attività di pubblicizzazione della
nuova tecnica, che considerava estremamente positiva, spostandosi
per diversi anni attraverso l'Italia, sempre accompagnata dal figlio,
che nel frattempo faceva importanti passi avanti verso la scrittura
indipendente (Cadei 1996, 1998).
Nel 1997 è stato tenuto a Roma, presso la sede dell'ANGSA
(Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), il "Corso
di Formazione Pratico per Insegnanti sulla Comunicazione Facilitata
con il Bambino Autistico", riconosciuto dalla regione Lazio.
D'altronde, l'ANGSA Lazio non era nuova ad attività concernenti
la CF: nel 1996 aveva organizzato il "Convegno Internazionale
sulla Comunicazione Facilitata", a cui presero parte varie
figure rappresentative sia nazionali (Cadei e Benassi) che internazionali
(Biklen).
Attualmente, a Roma, è attivo un "Centro Studi sulla
Comunicazione Facilitata" diretto da Benassi la quale,
oltre ad un'intensa attività come facilitatrice, prima presso
l'ANGSA Lazio, quindi con la cooperativa DIDASCO, ha pure diretto
il corso di formazione per insegnanti sopra menzionato, ed inoltre,
collabora sin dai primi anni '90 con Cadei che, similmente, ha istituito,
insieme all'ANGSA Liguria, un "Centro Studi e Ricerche sulla
Comunicazione Facilitata".
La proposta di Cadei è di considerare facilitatori solo
le persone che siano state formate presso uno dei centri riconosciuti
e che abbiano lavorato per almeno 8 mesi con una persona con disabilità,
sotto un'adeguata supervisione. Il Centro Studi sulla CF, ha anche
altre regole (Cadei, 1998):
- la CF si applica rispettando la consequenzialità di specifiche
fasi;
- qualsiasi persona con disabilità viene inizialmente preparata
da un supervisore esperto che stabilisce il programma da far poi
portare avanti alla famiglia, agli insegnanti e agli operatori
coi quali la persona dovrà lavorare;
- è fortemente sconsigliato l'uso della tecnica agli psicoanalisti,
salvo esplicita richiesta del facilitato.
Mentre negli USA, il Facilitated Communication Institute
della Syracuse University, NY, in virtù della sua indiscussa
autorità in tema di CF, si è fatto carico di fornire
delle linee guida sull'applicazione del metodo stesso, in Italia
invece è mancata una figura di uguale rilevanza per stabilire
parametri circa l'utilizzo della CF.
Recente è un tentativo in questa direzione ad opera di Cadei,
a seguito del quale sono nati e attualmente attivi in Italia 12
centri di supervisione (cfr. elenco qui sotto), gestiti da neuropsichiatri,
neurologi e due pedagogisti, con il loro staff di terapisti in grado
di utilizzare il metodo della CF (Cadei, 1998).
i 12 centri per la cf in italia:
- Neuropsichiatria Infantile - OSPEDALE GIOVANNI XXIII - BARI
Dott.ssa Silvana Bitetto, neuropsichiatra, Sig.ra Luisa Tricarico,
psicomotricista
- USL 20 - VERONA - Centro Ricerca Autismo - Dott. M. Brighenti,
Neuropsichiatra
- Istituto A. QUARTO DI PALO - Dott.ssa T. Calvario, Neurologa
- ANDRIA
- COOP. DIDASCO - ROMA - Francesca Benassi, Logopedista
- CENTRO STUDI FUTURA - OTTAVIANO (Na) - Prof. R. Ascione
- ASL 5 - BARI - D.ssa A. Dellarosa, Neuropsichiatra
- COOP. DI INTERVENTO - MESTRE - Sig.ra Zambon, Psicomotricista,
Sig.ra Orvieto, Logopedista, Dott. S. Vitali, Neuropsichiatra
- ANGSA PIEMONTE - D.ssa M. Millari, Pedagogista
- COOP. CULTURA E LAVORO - TERNI - D.ssa M. Garotti, Psicologa
- COOP. OLIS - CARRARA - Sig.ra Isa Piccini, Psicomotricista
- ANGSA MARCHE - D.ssa A. Foglia, Biologa - Sig.ra L. Dottori
- ANGSA LIGURIA / CENTRO STUDI SULLA CF - Sig.ra P.
Cadei
Posizioni della comunità scientifica
[sommario]
Nel 1994, l'American Psychological Association (APA) ha
chiarito la sua posizione rispetto alla CF sostenendo che gli studi
condotti hanno ripetutamente dimostrato che la CF non è un
metodo scientifico valido per soggetti con autismo o con ritardo
mentale, e sconsigliando pertanto dal valersi della CF per confermare
o confutare affermazioni relative ad abusi sessuali o per assumere
decisioni diagnostiche o relative ai trattamenti cui sottoporre
il soggetto (APA, 1994).
Altrettanto negative si sono rivelate le affermazioni dell'American
Speech-Language Hearing Association nel suo "FC Position
Statement" in cui fu dichiarato che, visti i risultati scientifici
fino a quel momento pubblicati, i messaggi prodotti grazie alla
CF non erano attendibilmente attribuibili alle persone con disabilità,
mentre al contrario risultava l'evidenza delle interferenze del
facilitatore sulle risposte (ASHA, 1994 cit. in Shubert, 1995).
Perciò anche l'ASHA sconsigliò l'uso della CF nei
casi di denuncia di abuso sessuale, nelle decisioni relative alle
diagnosi ed al trattamento da seguire. Tuttavia ribadiva l'importanza
di attività di ricerca per definire in modo ottimale gli
ambiti di utilizzo della CF a sostegno di persone con disabilità.
Nell'ambito pratico, lasciò discrezionalità ai professionisti
sull'utilizzo o meno della CF, a condizione però che si ottemperasse
all'obbligo di comunicare al cliente ed ai suoi familiari o tutori
che il metodo della CF non è validato scientificamente e
che la sua attendibilità non è stata stabilita.
L'Autism Society of America (ASA), nel gennaio 1998 esplicitò
la propria neutralità riguardo la CF, proponendosi tuttavia
di informare accuratamente su quanto sarebbe emerso sull'argomento
nella comunità scientifica. Inoltre, l'ASA rimandò
la decisione sull'utilizzo della CF alle famiglie, agli operatori
ed a coloro i quali sono più a contatto con le persone con
autismo, consigliando comunque di ricorrere ad altre tecniche di
comunicazione aumentata, prima di utilizzare la CF, viste le incertezze
sulla sua validità.
L'ASA ribadì anche l'utilizzo di alcune procedure sperimentali
necessarie per uno studio attendibile sul metodo:
- valutazione della linea di base delle competenze linguistiche
e/o comunicative del futuro facilitato al fine di evitare "falsi
positivi";
- una periodica validazione nel corso del rapporto di facilitazione
con tecniche comprendenti doppio cieco e message passing, così
da minimizzare, grazie a queste ultime, il rischio di artificialità
dovuto alle procedure sperimentali o da laboratorio;
- a farsi carico della validazione dovrebbero essere persone esterne
e senza interessi diretti nella situazione (ASA, 1998).
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