TRATTAMENTO COMPORTAMENTALE ED EDUCAZIONE NORMALE E FUNZIONAMENTO
INTELLETTIVO IN BAMBINI AUTISTICI MOLTO PICCOLI
relazione a cura di Cenciarelli I., 2000
titolo originale: "Behavioural
tratment and Normal Education and Intellectual Functioning in Young
Autistic Children"
O. I. Lovaas 1987
Journal of Consulting and Clinical Psycology 55, 1 , 39
(l'aricolo originale si trova sul sito ct
feat)
Abstract
L'autismo è un grave disturbo psicologico che ha inizio nella prima
infanzia. I bambini autistici mostrano un attaccamento emotivo minimo,
linguaggio assente o anormale, ritardo mentale, comportamenti ritualistici,
etero ed auto aggressione. La prognosi è infausta e le terapie mediche
non hanno una provata efficacia. L'articolo riporta i risultati
del trattamento di modificazione del comportamento per due gruppi
omogenei di bambini autistici. I dati sperimentali per il gruppo
(n=19) con un trattamento sperimentale intensivo a lungo termine
mostrarono che il 47% raggiungeva una normale funzionalità intellettiva
ed educativa, con punteggi normali di QI e successo nel primo anno
di scuole pubbliche. Un altro 40% presentava un ritardo mentale
medio e fu assegnato a classi speciali per i ritardi del linguaggio
e solo il 10% presentava un ritardo mentale profondo e fu assegnato
a classi per autistici/ritardati. Di contro, solo il 2% dei bambini
del gruppo di controllo (n=40) raggiunse la normale funzionalità
educativa e intellettuale; il 45% presentava un ritardo medio e
fu assegnato a classi per i ritardi del linguaggio, e il 53% presentava
un ritardo mentale grave e fu assegnato a classi per autistici/ritardati.
Relazione sull'articolo
L'articolo si apre con un excursus storico che mostra come dalle
prime osservazioni di Kanner nel 1943 fino agli anni '70 le ricerche
abbiano confermato la sostanziale non evoluzione delle tre aree
problematiche di chi è affetto da autismo (comunicazione, socialità
e repertorio di interessi). Secondo Rutter (1970) appena il 35%
mostrava un adattamento sufficiente o buono, seppure spesso sotto
una qualche forma di supervisione, mentre più del 60% mostrava handicap
tanto gravi da richiedere l'istituzionalizzazione dei pazienti in
strutture psichiatriche.
Considerando come le terapie ad orientamento psicodinamico non
hanno provato che le cause del disturbo consistano in alterazioni
del contesto familiare o dell'ambiente (DeMeyer, Hingtgen, Jackson,
1981; Lotter, 1967), Lovaas osserva come al momento attuale (1987)
le tecniche basate sulla modificazione del comportamento siano le
più promettenti per il trattamento dell'autismo, poiché sono in
grado di modificare comportamenti problematici (etero ed auto aggressività,
ritualismo, ecc.) e di stimolarne alcuni complessi, come il linguaggio.
Il limite più grosso è costituito dal fatto che le nuove acquisizioni
si perdono con la fine del trattamento e sono comunque circoscritte
alla specifica situazione di apprendimento, senza generalizzazione
ad altre (Lovaas, 1973).
Alla luce di ciò, Lovaas ha messo a punto un progetto terapeutico
(iniziato nel 1970) che impegnasse per diversi anni i pazienti durante
la maggior parte del giorno, coinvolgendo nel trattamento tutte
le persone significative per il bambino, rappresentative di diversi
contesti.
Il trattamento fu rivolto a bambini di età inferiore ai 4 anni,
sia per ragioni pratiche, sia perché si assume che a quell'età la
capacità di discriminare diversi contesti sia minore e, di conseguenza,
più alta la tendenza alla generalizzazione. Lo studio del 1987 è
riferito a questo progetto.
L'ipotesi centrale è che i bambini normali apprendano dai contesti
quotidiani per la maggior parte della giornata, mentre chi è affetto
da autismo non può. Per questo si è cercato di ricreare, attraverso
un trattamento intensivo e personalizzato, un'opportunità di apprendimento
anche per bambini con autismo.
Soggetti
I soggetti avevano tutti avuto una diagnosi di autismo indipendentemente
da diversi professionisti; avevano un'età cronologica minore di
40 mesi ma un'età mentale di almeno 11 mesi ad un'età cronologica
di 30 mesi.
Durante i 15 anni e oltre in cui è stato portato avanti il progetto,
la diagnosi di autismo dei soggetti ha subito lievi cambiamenti
a causa delle modifiche dei criteri diagnostici apportate al DSM
III (1980).
divisione in gruppi
I soggetti furono divisi in 2 gruppi (gruppo sperimentale e gruppo
di controllo 1) ciascuno di 19 soggetti, che differivano solo per
il numero di ore dedicate al trattamento. Per ragioni etiche l'assegnazione
dei soggetti non è potuta essere del puramente casuale. Come criterio
si è scelto l'effettiva disponibilità di personale per il trattamento
intensivo (4 volte superiore all'altro) del gruppo sperimentale.
Successive misure hanno poi confermato che i 2 gruppi potevano considerarsi
omogenei.
misure
Ad ogni soggetto furono somministrate diverse scale di intelligenza.
Per l'osservazione comportamentale si impiegarono videoregistrazioni
di gioco libero in base alle quali venivano conteggiati i comportamenti
autostimolatori, i comportamenti di gioco appropriato, parole riconoscibili.
Ulteriori informazioni, sia descrittive che diagnostiche, furono
prese attraverso interviste di un'ora con i genitori.
Entrambi i gruppi risultarono così composti: 2 soggetto mostravano
livelli intellettivi normali, 7 presentavano un ritardo mentale
moderato e 10 un ritardo grave. La maggior parte dei soggetto non
andava oltre giochi molto semplici; quasi tutti presentavano mutismo
o ecolalia.
Per quanto riguarda le misure di post trattamento al termine delle
scuole materne, tra i 6 e i 7 anni, in base ai QI rilevati, si è
provveduto a somministrare scale cognitive adatte al livello a cui
gli studenti mostravano di essere: scale verbali per chi non dimostrava
ritardo mentale, scale non verbali per chi lo dimostrava.
In base a questi punteggi furono distinti tre sottogruppi: quelli
funzionalmente normali (con punteggi normali alle scale WISCR o
StanfordBinet), i quali passarono alle elementari regolari; quelli
con problemi di linguaggio, che furono messi in classi speciali
per piccole afasie; quelli che mostravano inalterata la diagnosi
di autismo e che furono assegnati a classi per autistici/ritardati.
Procedura
I genitori, adeguatamente formati, si affiancarono attivamente
agli operatori al trattamento dei propri figli (nel gruppo sperimentale)
in modo da permetter una continuità che copriva tutto l'arco del
giorno per circa 2 anni, senza interruzione.
I terapisti lavorarono con i bambini in rapporto di 1 a 1 in tutti
i contesti della vita quotidiana (scuola, casa, territorio, ecc.)
per 2 anni.
Furono individuati diversi comportamenti bersaglio sui quali si
agì con varie tecniche di modificazione comportamentale (timeout,
shaping, modeling, ecc. per una rassegna più particolareggiata vedere
l'articolo interventi
terapeutici modello comportamentale). Le tecniche "aversive"
(che prevedevano cioè "punizioni") furono impiegate solo nel gruppo
sperimentale in quanto nell'altro non c'erano abbastanza risorse
per l'insegnamento di un comportamento alternativo socialmente accettabile.
Dopo l'iniziale trattamento dei comportamenti auto ed etero aggressivi,
si passò, nell'arco di circa 3 anni, a lavorare su concetti sempre
più complessi e astratti, fino all'espressione delle emozioni. Il
trattamento continuava anche a scuola, ed ogni soggetto veniva iscritto
solo a quelle (parificate o pubbliche) in cui l'insegnante era disposto
a collaborare con il trattamento. Per i soggetti del gruppo sperimentale
che raggiungevano una scolarità normale per la prima elementare,
il trattamento veniva ridotto da 40 a 10 ore settimanali; per quelli
che non raggiungevano la scolarità normale, esso continuava con
la stessa intensità per altri 6 anni.
Risultati
Furono prese misure all'inizio del trattamento (pretest) e alla
fine (posttest). Nelle misure di pretest, il gruppo sperimentale
e il gruppo di controllo 1 non differivano significativamente in
quanto a grado di sviluppo e di patologia dei soggetti. Per ulteriore
verifica si confrontò con essi anche un gruppo di controllo 2 (soggetti
studiati da Freeman et al., 1985) che avevano ricevuto la diagnosi
di autismo dalle stesse strutture di quelli del gruppo di controllo
1 e del gruppo sperimentale.
Nelle misure di posttest invece il gruppo sperimentale risultava
composto da 9 bambini (47%) che avevano raggiunto il primo anno
di scuola elementare e avevano un QI pressoché nella media; 8 bambini
(42%) che erano stati posti in classi per afasie leggere, con ritardo
mentale medio; 2 bambini con ritardo mentale profondo assegnati
a classi speciali per autistici/ritardati.
Discussione
E' difficile attribuire i risultati positivi ad un effetto placebo
perché i gruppi di controllo 1 e 2 (e quest'ultimo non ha avuto
contatti col progetto o col personale coinvolto) non presentavano
tra loro differenze significative.
I soggetti erano inoltre realmente autistici, ciò sia in base all'elevato
grado di accordo tra i professionisti che hanno fatto le diagnosi,
sia in base alle descrizioni di altri ricercatori (Brown, 1969;
DeMeyer et al. 1973; Eisemberg 1956; Freeman et al. 1985; Havelkova,
1968; Rutter, 1970).
Peraltro, come dimostrato dai gruppi di controllo 1 e 2, il recupero
spontaneo nell'autismo è altamente improbabile. I dati di posttrattamento
mostrano che gli effetti sono duraturi ed evidenti, che sono generalizzati
a diversi ambiti, che riguardano aspetti significativi (QI e grado
di scolarità) e sono inoltre coerenti con un consistente corpus
di ricerche sulle teorie dell'apprendimento, impiegate con persone
con disabilità mentali.
Tuttavia il termine normalità funzionale si riferisce al
grado di scolarità raggiunto e al QI normale che, sebbene indice
senz'altro di un progresso, non garantisce che l'autismo sia stato
completamente debellato: esso potrebbe ancora esprimersi in altre
forme non rilevate né dall'esperimento né dagli insegnanti ,i quelli
dichiarano di non vedere differenze tra i loro allievi "autistici"
e quelli "normali".
Lovaas raccomanda prudenza nel generalizzare i risultati ottenuti
a bambini con autismo più grandi, poiché essi sarebbero comunque
più difficili da trattare rispetto a quelli tra i 2 e i 4 anni.
Egli nota inoltre come i risultati dell'esperimento siano coerenti
con alcune osservazioni di Kanner, il quale ipotizzò che i suoi
pazienti possedessero un'intelligenza normale o superiore e che
quindi avessero possibilità di recupero. Parallelamente vede come
poco convincente, alla luce dei dati ottenuti, l'ipotesi di un danno
neurale (Rutter, 1974) che implicherebbe, come si sostenne nel corso
degli anni '60 e '70, scarse o nulle possibilità di recupero.
Fissa invece l'attenzione sul fatto che nell'esperimento si siano
distinti due gruppi differenti che potrebbero riflettere due differenti
eziologie dell'autismo; ipotesi, questa, di cui auspica una futura
verifica.
Lovaas conclude l'articolo con l'osservazione che un insegnante
specializzato che lavori con un bambino autistico per 2 anni alla
media di 40 ore settimanali, costa circa 40.000 dollari rispetto
ai circa 2 milioni che costerebbe istituzionalizzare il paziente
per tutta la vita.
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