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analisi della letteratura in merito alla comunicazione facilitata
(cenciarelli i., mona a., 1999)


autismo: è legato alla carenza di un enzima? - abstract
(cohen e., 1997)


autismo e linguaggio
(atzori g., 2003)


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(a cura del prof. curatolo p., 1999)


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(rimland b., 1996)


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(cenciarelli i., 1999)


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(fracer l., 2000)


il profilo cognitivo delle persone autistiche
(mona a., 1999)


l'autismo: nuovi esami per trovarne le cause e migliorarne la prognosi
(hanau c., tratto dal sito 'autismo triveneto', 1999)


l'intervento evolutivo multicomponenziale (i.e.m.) in soggetti autistici
(guazzo g. m., aliperta d., cozzolino g., fabrizio c., liotta d., trinchese i., pervenuto alla bma il 12-11-2000)


l'uso di diete senza glutine e caseina con persone con autismo
(autism research unit, 1999)


la comunicazione facilitata in ambito giudiziario
(cenciarelli i., mona a., 1999)


le rappresentazioni della relazione tra operatori e bambini autistici
(d'amore s., onnis l., 1998)


linguaggio segnato o comunicazione simultanea
(edelson s. m.)


risultati a lungo termine per bambini con autismo che hanno ricevuto un trattamento comportamentale intensivo precoce
(O. I. Lovaas, J. J. McEachin, T. Smith, 1993)


ruolo dell'immunogenetica nella diagnosi di patologie post-vaccinali nel sistema nervoso centrale - abstract
(montinari m. g., 1995)


secretina, aggiornamento di dicembre 1999: la questione della sicurezza
(rimland b., 1999)


secretina: notizie positive e negative alla "fine del primo inning"
(rimland b., 1999)


sistema immunitario e autismo: alcune considerazioni
(colamaria v., pervenuto alla bma il 18-04-2001)


teoria della mente e autismo
(atzori g., 2003)


trattamento comportamentale ed educazione normale e funzionamento intellettivo nei bambini autistici
(lovaas o. i., 1987)


un trattamento omeopatico per l'autismo
(micozzi a., benassi f., 2002)

 

 

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TEORIA DELLA MENTE E AUTISMO

Atzori G., 2003
elaborazione dalla tesi di laurea intitolata:
La Pragmatica della Comunicazione: i deficit nell'Autismo e nel Trauma Cranico

 

sommario

- la teoria della mente
- particolarità della teoria della mente nell'autismo
- lettura della mente e linguaggio
- autismo e cervello
- bibliografia

 

 

La teoria della mente
[sommario]

Un neonato alla nascita non possiede completamente il funzionamento delle abilità di mentalizzazione, ciò nonostante l'assunzione è che il cervello venga equipaggiato di un kit di partenza specie specifico per adattarlo completamente all'ambiente sociale di appartenenza. Il principale scopo di questo meccanismo di partenza è che possa condurre rapidamente l'apprendimento al proprio campo, modellando attraverso la cultura con l'acquisizione di contenuti e conoscenze., lo sviluppo del cervello sociale implica molti processi, come quello della percezione dei volti, delle voci e dei movimenti dei conspecifici, e questi possono essere considerati i prerequisiti per lo sviluppo della mentalizzazione.

La sensibilità e l'apprendimento degli stati interni degli agenti inizia semplicemente e procede rapidamente, il primo segno di tale reattività è il fenomeno dell'attenzione condivisa (Carpenter et al., 1998), i bambini infatti, nel primo anno di vita automaticamente seguono lo sguardo di un'altra persona, apparentemente prestano attenzione, mettendo a fuoco ciò che interessa dell'altra persona. L'attenzione condivisa è accompagnata da altri segni di mentalizzazione come lo sguardo referenziale, dove il bambino controlla l'atteggiamento espressivo della madre in direzione di un nuovo oggetto, prima di avvicinarsi o evitarlo (Repacholi, 1998) o la capacità di imitare che è un altro segno dell'inesorabile progresso della capacità di mentalizzare che viene raggiunta a metà del secondo anno di vita (Meltzoff, 1995).

I bambini di 2-3 anni imparano a capire e usare i verbi che implicano gli stati mentali (volere, conoscere, fingere) prima di imparare i nomi dei colori (Bretherton, 1992); la capacità di mentalizzare è molto importante per facilitare l'apprendimento in altri campi, per esempio in accordo con Bloom (2000) è una funzione critica nel permettere ai bambini di apprendere il significato delle parole, infatti i bambini non apprendono le parole come semplice associazione del suono della parola e dell'oggetto visto, tali associazioni sarebbero ambigue e incline a errori, in quanto chi parla e chi ascolta possono guardare diversi oggetti. Inoltre, i bambini apprendono seguendo le intenzioni referenziali del parlante, per esempio prendendo in considerazione la direzione dello sguardo del parlante (Baldwin et al., 1996). La facilità con la quale i bambini di circa 5 anni (solitamente prima degli 8 anni) acquisiscono concetti avanzati come false credenze, inganno, bugie pietose, doppi bluff è straordinario, e fa presumere che sia qualcosa insita nella natura umana.

Nella teoria di Baron-Cohen sono descritti quattro meccanismi che potrebbero stare alla base della capacità umana di leggere la mente. Essi "maturano" nel corso dello sviluppo del bambino e possono essere anche considerati come stadi che si succedono temporalmente l'uno all'altro. "Questi meccanismi riflettono grosso modo quattro proprietà del mondo: volizione, percezione, condivisione dell'attenzione e stati epistemici" (Baron-Cohen, 1995).

  1. Il primo meccanismo (che emerge dalla nascita ai 9 mesi) chiamato rivelatore dell'intenzionalità o ID (Intentionality Detector), fa parte della dotazione innata che il bambino possiede per leggere nel comportamento gli stati mentali. Questo meccanismo funziona attraverso i sensi (vista, tatto e udito) e interpreta quasi tutto ciò che sia dotato di movimento autodeterminato, o qualsiasi cosa che emetta un suono non casuale.

  2. Il secondo meccanismo (che emerge anch'esso entro i 9 mesi) è innato ed è stato denominato rivelatore della direzione degli occhi o EDD (Eye - Direction Detector), funziona solo attraverso la vista, ha tre funzioni di base: rivelare la presenza di occhi o di stimoli simili a occhi, calcolare se gli occhi sono diretti verso di esso o verso qualcos'altro, inferire sulla base di ciò, che se gli occhi di un altro organismo sono diretti verso qualcosa, allora quell'organismo vede quella cosa, cioè interpreta gli stimoli in termini di ciò che un agente vede.

  3. Il terzo meccanismo, che ha chiamato meccanismo dell'attenzione condivisa o SAM (Shared-Attention Mechanism), emerge dai 9 ai 18 mesi. La sua funzione chiave consiste nel costruire rappresentazioni triadiche, le rappresentazioni triadiche riguardano le relazioni tra un Agente, il Sé (entrambi interessati al medesimo oggetto) e un (terzo) Oggetto.

  4. Il quarto meccanismo è il ToMM, emerge dai 18 ai 48 mesi circa, è il vero e proprio meccanismo di "teoria della mente", quello che permette di inferire dal comportamento gli stati mentali "epistemici" e di collegare questi a quelli "volizionali" e "percettivi.

 

 

Particolarità della teoria della mente nell'autismo
[sommario]

Nonostante il SAM possa costruire rappresentazioni triadiche attraverso qualsiasi modalità sensoriale, farlo attraverso la modalità visiva è molto più semplice. I bambini autistici spesso non manifestano nessuna delle principali forme di comportamento che caratterizzano l'attenzione condivisa, per cui non manifestano il controllo dello sguardo (Leekam et al., 1993; Mundy et al., 1986), né i comportamenti connessi, consistenti in tentativi di dirigere l'attenzione visiva degli altri mediante il gesto di indicare nella sua forma "protodichiarativa" (Baron-Cohen, 1989a; Mundy et al., 1986); sebbene comprendano e producano l'indicare con funzione richiestiva il cui scopo è ottenere dall'altro oggetti fuori dalla loro portata (Baron-Cohen, 1989a). Le semplici abilità percettive appaiono inalterate nei bambini autistici, infatti alcune ricerche hanno messo in evidenza come i bambini autistici non hanno difficoltà a riconoscere l'identità di una persona dal suo volto (Langdell, 1978; Volkmar, Sparrow, Rende e Cohen, 1989), né l'età e il sesso (Baron-Cohen, 1991c); interpretano la direzione degli occhi in termini di qualcuno che "vede" qualcosa, usano la parola "vedere" nei loro discorsi spontanei (Tager-Flusberg, 1993; Baron-Cohen, Leslie e Frith, 1985) e, quando gli si chiede di indovinare cosa stia guardando un'altra persona, sono in grado di farlo (Hobson, 1984; Baron-Cohen, 1989a, 1991c). Alla luce di questi risultati Baron-Cohen conclude che i bambini autistici sembrano essere "ciechi" rispetto al significato mentalistico degli occhi e ad ipotizzare che queste difficoltà sarebbero strettamente connesse all'incapacità di sviluppare successivamente una teoria della mente.

La lettura della mente è una capacità che pare danneggiata nell'autismo. Gli autistici appaiono come delle creature che non conoscono gli stati mentali interni, sono in grado di ricordare, conoscere, imparare, ma non di comprendere quest'attività. Il mondo sociale, il mondo proprio e degli altri diventa un luogo impoverito per tali creature che possono vedere e sentire, ma non hanno un'opinione su un'idea o una credenza che organizzi le proprie azioni e la propria personalità. Il concetto di bugia è inconcepibile, come le nozioni di illusione, credenze, intuizioni, errori, supposizioni o inganni.

Alla fine del primo anno di vita, normalmente i bambini possono leggere le azioni come finalizzate a una meta o come guidate dai desideri, possono fingere e capire una scusa. E nel momento in cui iniziano a andare alla scuola materna, attorno ai 4 anni, possono comprendere ciò che le persone possono conoscere, pensare e credere. Questo è dovuto in parte alla maturazione di un meccanismo che si trova nel cervello, e che possiede la nostra eredità, della lunga storia evolutiva.

Per questo modello ognuno dei quattro sistemi può, in principio essere aperto al danno, la natura e la conseguente disabilità dipende da quale sistema è stato danneggiato. La cecità mentale può essere il risultato del danno al SAM o al ToMM, mentre bambini con cecità congenita sono capaci di leggere la mente, perché hanno SAM e ToMM intatte malgrado non abbiano EDD.

La teoria sulla cecità mentale predice che lo sviluppo normale della mentalizzazione può essere assente nell'età appropriata, nei bambini autistici; in particolare, possono fallire nel seguire lo sguardo di un'altra persona, nell'indicare o nel mostrare un oggetto di interesse -sia nell'indicare che nel condividere l'attenzione- e falliscono nel capire il gioco del far finta. Baron-Cohen e collaboratori (1996) osservarono questi segnali in un vasto campione di infanti di 18 mesi ai quali a 3 anni venne fatta una definitiva diagnosi di autismo, il verificarsi di questi primi segnali fu considerato predittivo della diagnosi. Questi 3 segni del danneggiamento della mentalizzazione nella prima infanzia, dimostra l'attendibilità e serve per un primo controllo nell'infanzia come test sull'autismo (Baird et al., 2000).

E' possibile che alcune precondizioni per lo sviluppo possano essere assenti, come le preferenze per l'attenzione verso gli agenti umani, la loro faccia, la loro voce, e i loro movimenti, che devono essere considerati come importanti grilletti per i meccanismi della mentalizzazione, e possono essere mancanti nell'autismo. Per esempio, bambini autistici prescolari, non mostrano una preferenza per stimoli parlati rispetto a quelli non parlati come fanno gli altri bambini, neppure i bambini più grandi mostrano una preferenza per le espressioni facciali rispetto ad altri stimoli salienti come i cappelli (Hobson, 1993). E' comune nello spettro autistico una difficoltà nel riconoscimento dei volti, forse perché c'è una mancanza di interesse per il sociale nella prima parte della vita. In uno studio con neuroimmagini Schultz e collaboratori (2000) trovano che l'attivazione cerebrale in adulti autistici, non si distingue tra facce e oggetti, in contrasto con gli adulti normali.

L'ipotesi della cecità mentale era stata originariamente proposta e testata da Baron-Cohen e collaboratori (1985, 1986), l'argomento era che il danneggiamento sociale nell'autismo si presentava come il fallimento del meccanismo della mentalizzazione come concettualizzato da Leslie (1987), in quanto i bambini autistici sembrano incapaci di rappresentarsi stati mentali come le credenze, possono essere incapaci di capire e predire comportamenti in termini di credenze di qualcuno, mentre hanno raggiunto un appropriato livello di sviluppo cognitivo e verbale. Il test utilizzato era quello originale di Wimmer e Perner (1983), che mostra che il normale sviluppo dei bambini è a 4 anni e l'incapacità dei bambini autistici nel capire il test sulle false credenze (test di Sally e Anne) all'età appropriata è confermata da diversi studi.

L'ipotesi è che il ToMM sia stato danneggiato nei bambini autistici (in accordo al modello di Baron-Cohen) e dovremo aspettarci che la teoria mentalistica che i bambini normali possiedono può mancare o essere disturbata. Per esempio, ci aspettiamo che la loro comprensione di alcuni assiomi di base della teoria siano tortuosi o assenti, un assioma centrale è che vedere porta alla conoscenza, data l'evidenza che la comprensione della conoscenza è data dalla visione che è alla base di molti bambini autistici, uno può aspettarsi che questo principio sia alla loro base. Perner e collaboratori (1989) ha misurato ciò mostrando ai soggetti un oggetto nascosto, ma non mostrandolo al compagno; veniva allora chiesto ai bambini chi conosceva ciò che era nascosto e a chi era stato concesso guardare, sebbene la maggior parte dei bambini con autismo ha passato la domanda sul guardare, solo la metà ha passato quella sulla conoscenza. Questo studio è stato poi replicato (Baron-Cohen e Goodhart, 1994), usando il semplice metodo che Pratt e Bryant (1990) hanno usato con bambini normali di 3 anni, dopo che un soggetto ha visto uno o due attori guardare dentro la scatola e altri semplicemente toccare la scatola, al soggetto veniva chiesto quale degli attori conosceva il contenuto della scatola, tale paradigma perciò verificava se i bambini semplicemente sceglievano l'individuo che aveva fatto qualcosa nella scatola; solo tre bambini con autismo hanno passato questo test, mentre lo passarono i tre quarti di quelli con handicap mentale.

Una prova aggiuntiva indiretta del fatto che questo principio pone delle difficoltà per i bambini autistici viene da uno studio naturalistico sull'inganno (Baron-Cohen, 1992) nel quale ai bambini veniva chiesto di nascondere un penny in una mano, dopo una serie di prove, i bambini con autismo riescono a mantenere l'oggetto fuori dalla vista, ma fallivano nel nascondere gli indizi che permetteva di fare delle inferenze sulla posizione del penny (per esempio omettendo di chiudere la mano vuota, o nascondendo il penny in bella vista per chi doveva indovinare, o mostrando al compagno dove fosse il penny prima che egli avesse indovinato), i bambini con handicap mentale (ma non quelli con autismo) e i bambini normali di 3 anni fanno di gran lunga meno errori di questo tipo, per loro il gioco era divertente se riuscivano a custodire le informazioni sulla posizione del penny fuori dalla mente di chi doveva indovinare; questo studio aggiunge i dati al deficit dell'inganno nell'autismo (Oswald e Ollendick, 1989; Sodian e Frith, 1992, 1993).

Un secondo aspetto della teoria della mente nei bambini normali è la capacità di applicare una comprensione delle credenze al regno delle emozioni, i bambini normali possono riconoscere non solo emozioni semplici (come la felicità o la tristezza) ma anche credenze basate sulle emozioni, come la sorpresa, quando è stato valutata questa capacità nei bambini con autismo, il risultato è stato che essi sanno riconoscere molto bene le emozioni semplici, ma hanno delle difficoltà nel riconoscere le credenze basate su emozioni di sorpresa (Baron-Cohen, Spitz e Cross, 1993). Vedendo le foto molti bambini autistici sono stati capaci di porre vicino felicità e tristezza, ma molti bambini autistici fanno errori nell'appaiare figure con espressioni di sorpresa, hanno inoltre sbagliato alcuni stati non-cognitivi come un individuo assonnato o affamato, focalizzandosi sull'apertura della bocca.

Alcuni studi hanno esaminato la predizione di emozioni piuttosto che il loro riconoscimento, lo scopo di questi studi è di stabilire cosa molti bambini autistici capiscono sulle cause delle emozioni, Harris (1989) trova che i bambini normali a 3-4 anni capiscono che le emozioni possono essere causate dalle situazioni (per esempio, una situazione piacevole fa sentire felici, una sgradevole fa sentire tristi) e dai desideri (appagare i desideri ci fa sentire felici, l'insoddisfazione ci fa sentire tristi), ha perciò trovato che tra i 4-6 anni i bambini normali capiscono che le credenze possono influenzare le emozioni (se tu pensi di ottenere ciò che vuoi, sarai felice, e se pensi il contrario, sarai triste, senza tenere conto di ciò che attualmente stai facendo).

Inoltre hanno valutato se i bambini autistici erano capaci di giudicare una storia sulle emozioni di un individuo, quando sono causate da situazioni, desideri o credenze (Baron-Cohen, 1991b), e hanno trovato che essi possono capire le situazioni come causate dalle emozioni e che come il gruppo di bambini con handicap mentale predicono il tipo di emozioni in base alle caratteristiche dei desideri. Comunque, sono sicuramente peggio degli altri bambini normali di 5 anni o bambini con handicap mentale nel predire il tipo di emozioni in base al tipo di credenze.

Il terzo aspetto della ToM nei bambini normali è la comprensione che il cervello è un organo con funzioni mentali; in un esperimento (Baron-Cohen, 1989d) dopo aver stabilito che conoscono la localizzazione del cervello, ai bambini autistici veniva chiesto ciò che pensavano fosse il cervello, in risposta, molti di loro riferirono il suo ruolo nel comportamento ("Serve per muovermi"), solo una piccola parte di loro riferì il suo ruolo mentalistico ("serve per pensare") sempre dopo notevoli suggerimenti. Al contrario, molti del gruppo dei bambini con handicap mentale e molti bambini normali di 5 anni riferirono le funzioni mentali del cervello (sognare, ricordare, mantenere segreti..).

Un'altra pietra angolare della teoria della mente nei bambini normali è la distinzione ontogenetica tra entità fisiche e mentali, Wellman e Estes (1986) trovarono che bambini normali di 3 anni afferrano stabilmente questa distinzione; Baron-Cohen (1989d) ha adottato questo metodo per i bambini autistici, al soggetto veniva raccontata una storia su due individui: uno aveva un oggetto e l'altro stava pensando (o sognando, fingendo o ricordando) ad un oggetto, dopo ogni storia, al soggetto veniva chiesto di esprimere un giudizio su quale individuo compie un'azione sull'oggetto (per esempio, "Quale individuo può toccare l'oggetto?") molti dei bambini normali (e molti di quelli con handicap mentale) hanno passato il test, indicando che è l'individuo che ha l'oggetto che può toccarlo, solo una piccola parte di bambini autistici ha risposto correttamente.

Se ToMM è danneggiato nell'autismo, i bambini autistici dovrebbero avere delle difficoltà nel distinguere l'apparenza dalla realtà. Flavell, Green e Flavell (1986) mostrarono che, quando hanno presentato con l'inganno oggetti come una spugna dipinta come una roccia, i bambini normali tra i 4-6 anni risposero non solo che cosa ciò sembrava (una roccia), ma anche che cosa è in realtà (spugna), in questo modo, distinguevano tra la loro credenza iniziale basata sulla percezione dell'oggetto e la loro conoscenza attuale dello stesso. Usando il metodo di Flavell, Baron-Cohen trovò che, mentre molti bambini con handicap mentale e molti bambini normali erano capaci di rispondere alle domande sull'apparenza (che cosa sembra?) e alle domande di realtà (che cos'è realmente?) correttamente, solo una piccola parte di soggetti autistici era capace di farlo (Baron-Cohen, 1989d), infatti, quando mostrava gli oggetti dall'apparenza ingannevole, come una pietra che sembrava un uovo, pochi bambini autistici erano in grado di dire "Sembra un uovo, ma in realtà è una pietra", al contrario, facevano molti errori "phenomenist", dicendo "Sembra un uovo", "In realtà è un uovo" e cose simili; sembrano essere dominati dalle loro percezioni, e incapaci di considerare le loro conoscenze.

Se, come sembra essere il caso, molti bambini autistici sono realmente inconsapevoli della distinzione tra apparenza e realtà il loro mondo deve essere continuamente dominato da percezioni e sensazioni attuali. Inoltre, molto del mondo sociale deve sembrare imprevedibile e perciò spaventoso. In termini di modelli, il deficit nel SAM e nella ToMM sembra essere diffuso ma altamente specifico e predittivo di ramificazioni concettuali per i bambini autistici.

 

 

Lettura della mente e linguaggio
[sommario]

L'utilità della lettura della mente nel linguaggio è quella di permetterci di dare senso alla comunicazione. Alcuni teorici, Grice (1957), Sperber e Wilson (1986), Austin (1962), hanno discusso sul fatto che quando sentiamo qualcuno dire qualcosa (o quando leggiamo una frase in un racconto), a parte la decodifica del significato di ogni parola (calcolando la sintassi e la semantica), la cosa fondamentale che cerchiamo per il significato delle parole è immaginare quale possa essere l'intenzione comunicativa del parlante. Il concetto è che non basta prestare attenzione alle parole attuali usate da chi parla, ma dobbiamo focalizzare l'attenzione su ciò che pensiamo sia l'essenza di ciò che l'altro cerca di dire o cerca di farci capire. Sperber e Wilson (1986) chiamano ciò ricerca del "significato" (pertinenza), l'ascoltatore presume che il significato dell'espressione sarà pertinente alle intenzioni attuali del parlante. Nella decodifica del linguaggio figurativo (come l'ironia, il sarcasmo, le metafore e l'umorismo) la lettura della mente è sempre fondamentale. Appare chiaro che la decodifica linguistica va ben oltre le parole che sentiamo o leggiamo, all'ipotesi circa lo stato mentale del parlante. Questa analisi si rivolge non solo al parlato ma anche alla comunicazione non verbale.

Un altro modo nel quale la lettura della mente si ritiene giochi una parte essenziale nel successo comunicativo si ha nel controllo da parte del parlante delle informazioni necessarie all'ascoltatore, questo è, a giudizio del parlante, ciò che l'ascoltatore già conosce o sul quale è ignorante, ed egli può offrire queste informazioni all'ascoltatore affinché sia capace di capire il messaggio. Inoltre, perché la comunicazione abbia successo, chi parla deve valutare se il significato dell'espressione è stato ricevuto e capito come egli intendeva darlo o se è necessario riformularlo per risolvere l'ambiguità. La comprensione del dialogo in questo modo diventa molto più che la produzione del linguaggio: rivela intrinsecamente l'uso delle capacità di lettura della mente. Le alternative alla lettura della mente rivelano i significati inadeguati che danno senso alla comunicazione e alle azioni umane. In termini di idoneità evolutiva della lettura della mente nella comunicazione, è chiaro che un'abilità che va oltre le parole udite alle intenzioni del parlante permette all'ascoltatore di giudicare se era ingannevole o autentica.

Un senso finale nel quale linguaggio e lettura della mente sono intimamente in relazione è l'idea che la funzione principale del linguaggio sia essere il tabulato del contenuto della mente; noi parliamo con un'altra persona per condividere le nostre idee, pensieri e esperienze. Se la lettura della mente è venuta prima e il linguaggio si è sviluppato per facilitarlo, o in un altro modo, rimane oscuro.

 

 

Autismo e cervello
[sommario]

Baron-Cohen scrive nel suo libro (1995) che la localizzazione cerebrale del ToMM corrisponde al circuito OFC nella superficie ventrale del lobo frontale e considera la possibilità che una lesione (ossia un danno di qualche tipo) nel circuito OFC (corteccia orbito-frontale)-STS (solco temporale superiore)-amigdala possa produrre l'autismo, poiché questo circuito è dedicato alla lettura della mente e può portare alla cecità mentale.

Al momento non si hanno certezze sui siti o il sito del cervello danneggiato nell'autismo, che ci sia un danno cerebrale è stato a lungo discusso, ma il luogo del danno non è chiaro perché ciò può solo essere descritto con testimonianze contraddittorie. Infatti, alcuni studi trovano il danno in una zona in alcuni pazienti autistici, mentre altri studi trovano il danno in zone cerebrali completamente differenti in altri pazienti.

Baron-Cohen segue l'idea che l'autismo sia prodotto dalla rottura in qualche punto del circuito OFC-STS-amigdala; alcuni studi mostrano delle prove su disfunzioni del lobo frontale (Piven et al., 1990; Horwitz et al., 1988), altri mostrano prove di disfunzioni del lobo temporale (DeLong, 1978; Hauser, DeLong e Rosman, 1975); altri ancora mostrano prove di disfunzione dell'amigdala. Naturalmente, benché questi studi sembrino adattarsi abbastanza bene al suo modello (Baron-Cohen, 1995), le prove non sono così precise, per esempio, questi studi non specificano in quale regione del lobo frontale o temporale la lesione o l'anormalità si trova, inoltre, ci sono altri studi nei quali l'anomalia non si trova nel circuito che è stato indicato, quindi dimostrare se queste ultime siano centrali per il sistema di lettura della mente diventa difficile ma è un compito importante.

Naturalmente, dagli studi degli effetti delle lesioni in queste tre aree, ci si aspetta una differente serie di sintomi derivanti da ogni tipo di danno. Per esempio, se il danno si trova nel OFC, ci si aspetta dei sintomi tipici: danneggiamento del giudizio sociale, deficit della pragmatica del linguaggio, riduzione dell'aggressività, indifferenza, diminuzione della valutazione del pericolo, esplorazione iper-olfattiva e eccessiva attività. Tutti questi sintomi sono stati documentati come effetti di una lesione al OFC (Baron-Cohen e Ring, 1994), e tutti sono comuni nell'autismo.

Similarmente, se il danno è nell'amigdala, uno degli aspetti dei sintomi tipici sarà: anormalità nella percezione sociale, fallimento delle unioni emozionali significative agli stimoli, diminuzione dell'aggressività, paura, comportamenti di affiliazione; e anche questi sintomi sono comuni nell'autismo.

Infine, se la lesione si trova nel STS, ci si aspetta deficit non solo nel EDD ma anche in relazione ai compiti di elaborazione dei visi, e, dipende dall'estensione del danno al lobo temporale, ci possono essere delle difficoltà nel linguaggio (dal centro della comprensione del linguaggio, chiamata area di Wernike, a quella temporale), comuni in questo disturbo.

 

 

Bibliografia
[sommario]

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