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breve storia
del concetto di autismo
(cenciarelli i., mona a., 1999)
eziologia
dell'autismo: modello cognitivo e teoria della mente
(cenciarelli i., mona a., 1999)
eziologia
dell'autismo: modello comportametale
(cenciarelli i., mona a., 1999)
eziologia
dell'autismo: modello organicista
(cenciarelli i., mona a., 1999)
eziologia
dell'autismo: modello psicodinamico
(cenciarelli i., mona a., 1999)
eziologia
dell'autismo: modello sistemico-relazionale
(cenciarelli i., mona a., 1999)
il concetto di
autismo in bleuler, kanner, e asperger
(p. g., 1996)
l'autismo
e le psicosi infantili: l'approccio psicodinamico e le problematiche relative
al contesto familiare ed educativo
(soriente c., 1994)
la diagnosi
secondo l'equipe di treviso
(angsa treviso, tratto da 'autismo triveneto', 1999)
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LA DIAGNOSI SECONDO L'EQUIPE DI TREVISO
Evidentemente per formulare la diagnosi d'autismo occorre
accertare che vi sia un disturbo nelle seguenti tre aree: comunicazione,
socializzazione e ristretti interessi (immaginazione). Ciò che rende
difficile l'individuazione della sindrome autistica è la molteplicità
dei sintomi che si possono presentare, e la loro disparità da un
caso all'altro; è perciò difficile che un professionista sia
davvero esperto d'autismo se non vede che pochi casi.
Bisogna fare il bilancio iniziale se si vuole ottenere un quadro
completo ed oggettivo d'ogni bambino/a. Quando si valuta un
bambino/a autistico soltanto da una parte in relazione al linguaggio
o all'assenza di linguaggio, e dall'altro rispetto ad
un comportamento sociale adeguato o no, si ottiene un quadro troppo
frammentario che non consente di aiutare il bambino/a.
Pertanto, noi (l'équipe di Treviso) cerchiamo di fare un bilancio
tenendo conto di tutti i dati: motricità del bambino/a, percezione
(vede e sente bene), capacità di associare un suono con una percezione
visiva, lateralizzazione, processi cognitivi (memoria, elaborazione,
ecc.). Per quanto riguarda i processi cognitivi, si è studiato lo
stadio cui si trovavano i bambini dal punto di vista della memoria
e dell'attenzione. E' molto importante appurare il livello
cognitivo del bambino/a e il suo stadio di sviluppo (Vineland adaptive
behavior scales, P.E.P., ecc.). Ora, ci si è resi conto che nei
bambini autistici ci sono gravi problemi di memoria (hanno soltanto
una memoria automatica, di routine - Schopler, Wing, Gillberg,
Peeters, ecc.). La memoria del nuovo, di ciò che va aggiunto
al passato, non esiste. Ed è per questo che si riscontra in loro
questa ricerca di immutabilità, perché ogni nuovo apprendimento
è sconvolgente rispetto alle loro strutture di funzionamento. E'
evidente che la motricità interviene anch'essa nei processi
cognitivi e in quelli di comunicazione. Bisogna avere la corretta
condotta motoria per parlare, utilizzando la gola, la lingua, la
bocca per formare dei suoni che diventeranno parole. Allo stesso
modo se il bambino/a non ha una buona motricità avrà delle difficoltà
per apprendere a comunicare con i gesti, per imparare a scrivere,
e anche per imparare ciò che fa parte dell'autonomia quotidiana.
(tagliare una fetta di carne, vestirsi, chiudere un lampo o allacciare
le scarpe, ecc.). Bisogna quindi valutare tutto questo, perché tutto
ha peso, e tutto è collegato.
Ma bisogna anche studiare i deficit neurologici che presenta il
bambino/a: quando s'inviano due informazioni a un bambino/a
autistico (un clic sonoro e uno stimolo visivo) il bambino/a non
le analizza come un bambino della sua età cronologica. Bisognerà
tenere conto di questo nei processi educativi, tenendo presente
il fatto che il bambino/a autistico tratta e analizza l'informazione
tal e quale noi gliela diamo. Se gli si mostra l'immagine di
una macchina e gli si dice "macchina" non collegherà il
suono macchina all'immagine che ha visto. E tutto procede da
questa mancanza di analisi.
Noi sappiamo che i bambini/e autistici hanno delle percezioni diverse
dalle nostre. Tutti conosciamo dei bambini/e ipersensibili al freddo,
al caldo, ai rumori, o che hanno delle remore a toccare certe superfici,
ecc. Come per tutte le forme di apprendimento, tutto quello che
si può frequentare nella scuola materna per dei bambini senza problemi,
sarà difficile nel caso di bambini/e autistici. Bisogna anche esaminare
bene quest'aspetto delle relazioni sociali e vedere come entra
in relazione con gli altri. Non condivido quello che in genere si
dice dei bambini/e autistici, che vivono chiusi in se stessi, nel
loro mondo, senza entrare in relazione e senza comunicare. Direi
piuttosto che il bambino/a autistico entra in relazione e comunica,
ma in modo deviante; questo modo deviante è perturbante per tutti
gli altri, e fa sì che egli non sia bene accetto socialmente. Quindi,
un'analisi precisa del suo modo di relazionarsi, del suo modo
di comunicare, permette di aiutarlo e di fare dei progressi.
Alla base di tutto questo i dati neurobiologici, i processi cognitivi,
la psicologia individuale, tutti i dati relazionali, rituali e culturali
determineranno quella che possiamo chiamare la "pragmatica",
cioè l'aspetto pratico della comunicazione e del linguaggio.
Io penso che occorra cercare di far comunicare il bambino/a autistico
con un qualunque mezzo possibile, che si tratti di lettura, immagini,
linguaggio gestuale, o i cubi utilizzati da Premack. Non ha importanza
il mezzo, bisogna però fornirgli uno strumento di comunicazione,
per evitare di lasciarlo nel mondo dell'aggressività, della
mutilazione e della violenza, perché allora saranno questi i suoi
soli mezzi per esprimersi. Non riuscire a dargli uno strumento di
comunicazione abbastanza presto, è uno scacco in partenza per la
socializzazione.
A partire da tutto questo, si deve definire un programma educativo,
ma io ritengo che non si deve intendere per educazione l'educazione
classica, quella fornita dallo stato, cioè imparare a leggere, scrivere
e fare i conti. Il punto è piuttosto lo sviluppo del bambino/a sul
piano dell'autonomia, delle relazioni, delle capacità di comunicazione,
in breve di tutto ciò che costituisce lo sviluppo di un bambino/a
della sua età cronologica. Evidentemente, sarà un bambino handicappato,
ma si potrà cercare di aiutarlo ad integrarsi nella società. Le
famiglie devono poter vivere con questi bambini/e, e la società
deve poterli accettare. Per esempio, i nostri bambini sono capaci
di andare in un bar e mangiare, o di fare degli acquisti. Gli si
insegna i gesti essenziali della vita: traversare la strada, prendere
un autobus, vestirsi, spogliarsi. E' questa l'educazione.
Il punto di partenza, però, è valutazione iniziale. Un programma
educativo individualizzato significa sapere ciò che è prioritario.
La maggior parte dei bambini/e autistici presenta un problema di
attenzione: la loro attenzione è labile, sono iperattivi o indifferenti,
e in ogni modo non si riesce a farli concentrare su un compito per
trenta secondi. Se un bambino/a è incapace di un po' di attenzione,
è inutile mettere in pratica un programma educativo.
Dunque, se si vuole aiutare un bambino/a, si deve partire con la
cognizione di tutto ciò che è negativo, tutto ciò che è corretto,
e stabilire ciò che va sviluppato e ciò che va soppresso. Devo affermare
che la maggior parte dei comportamenti perturbanti (a differenza
di ciò che si fa in alcuni centri) possono ricevere un trattamento.
Bisogna aiutare i genitori perché, quando il bambino/a è piccolo,
il suo posto non è certamente in un centro, è evidente. E'
necessario che un'équipe aiuti immediatamente la famiglia a
trattare questi comportamenti perturbanti. E' qui che i test,
i bilanci e le valutazioni intervengono: si deve osservare ciò che
accade nel comportamento del bambino/a; quando questo comportamento
specifico appare? Perché, come? Ogni volta ci si rende conto che
il comportamento perturbante del bambino/a corrisponde a un rifiuto,
a un desiderio (ha qualcosa da esprimere, ma siccome non possiede
né il linguaggio né altro strumento per esprimerla, la esprime con
il corpo, con delle grida, con il rompere degli oggetti in casa).
Se non ci si occupa immediatamente di tutto questo, è ancora una
volta inutile pensare in termini di educazione.
Quindi, si devono prendere in carico questi fattori immediatamente
e con un'azione coordinata con i genitori; non soltanto gli
si sottopone il questionario all'inizio, ma si dovrà sempre
avere con essi un'interazione e una retroazione.
I bambini/e autistici continuano ad essere i miei migliori insegnanti;
ma il messaggio più importante che vorrei dare è che dobbiamo lavorare
insieme (famosa collaborazione) per capire e imparare come gli autistici,
sia bambini/e sia adulti, pensano e come imparano e come vedono
se stessi e come capiscono il mondo che li circonda. E' accettato
a livello internazionale che la sindrome autistica è una patologia
che dura per tutta la vita. Al di là delle caratteristiche comuni
le persone affette da autismo costituiscono un gruppo eterogeneo
e possiamo suddividere bambini/e diagnosticati come autistici sulla
base della triade sintomatologica secondo il livello più o meno
grave di problemi di linguaggio e di comprensione generale; ogni
elemento dev'essere visto dal punto di vista delle peculiarità
di ogni singolo bambino/a, perché ogni bambino/a autistico è diverso
dall'altro.
L'intervento dovrà prevedere due elementi chiave: il primo
è insegnare loro in una maniera concreta le abilità di comunicazione,
la capacità di interazione, e tutte le competenze di base della
vita; il secondo è di adattare il proprio comportamento sociale
in modo da aiutare il bambino/a autistico a capire la situazione.
La chiave di un intervento specifico è un'istruzione chiara
e completa, molta pazienza e la consapevolezza che dobbiamo adattare
il nostro comportamento.
Se pensiamo, nella nostra vita, alle nostre relazioni sociali,
ci rendiamo conto che la relazione sociale non ha una struttura
come i numeri, non ha regole evidenti, non ha un ordine fisso, non
è prevedibile. La relazione sociale cambia continuamente, non è
mai la stessa. La relazione sociale insomma presenta tutte le caratteristiche
che sono incomprensibili per molti bambini/e autistici, perché per
loro è molto più comprensibile un mondo dove le cose sono ordinate,
possono essere previste, organizzate, e sono sempre le stesse. Se
pensate ai propri figli/e, vi rendete conto che guardano sempre
gli stessi libri, gli stessi video, vogliono sempre giocare nella
stessa maniera, con gli stessi giocattoli, ancora e ancora. Questo
accade perché la ripetitività li aiuta a capire cosa stanno facendo
in quel momento; le cose che sono più complicate per loro sono quelle
in continuo cambiamento, come ad esempio le relazioni sociali e
il linguaggio parlato.
Le difficoltà fondamentali che i bambini/e autistici devono affrontare
innanzi tutto sono una lotta per comprendere la loro interazione
con le persone che li circondano. Uno degli strumenti principali
attraverso i quali socializziamo è la comunicazione. I bambini/e
autistici devono lottare con entrambi questi deficit, sia la difficoltà
a interpretare il linguaggio verbale che l'incapacità di comprendere
il significato del nostro comportamento. Il loro comportamento rappresenta
uno sforzo per far fronte all'ambiente che li circonda, un
ambiente che è imprevedibile, e che un autistico/a adulto molto
dotato ha definito "caos sociale". "Caos sociale"
vuole dire sentirsi socialmente disorganizzati, vivere in un mondo
dove le cose sono completamente imprevedibili: questa è la sfida
fondamentale che i bambini/e autistici si trovano a dover fronteggiare.
Un intervento efficace deve quindi essere incentrato su strategie
atte a supportare la loro comprensione in un modo veramente concreto.
Osservando i risultati di anni di ricerca condotti sotto il profilo
dell'apprendimento con studenti affetti da autismo, vediamo
che questi individui hanno grandi capacità ma anche grandi difficoltà.
Per esempio, sono estremamente concreti: potreste avere un bambino/a
che non comprende il significato di una parola, ad esempio, 'acqua',
ma che capirebbe mostrandogli un'immagine dell'acqua,
perché il linguaggio è più astratto rispetto alle immagini.
Un'altra cosa che sappiamo di questi bambini/e è che hanno
un'immaginazione, un modo di pensare, dell'insieme, nel
senso che quello ricordano ciò che sentono nell'insieme e non
sanno interpretare i singoli eventi. Un'altra caratteristica
tipica dei bambini/e autistici è che possiedono un'ottima capacità
visiva di conoscere le cose, e interagiscono molto bene con gli
oggetti che non si muovono. Ciò che si muove invece, come le persone,
è molto più difficile da capire: tutto ciò che può essere analizzato
attraverso la vista, come le parole scritte, le immagini, gli oggetti,
è molto più comprensibile. Sappiamo inoltre che cercano di immaginare
con molto sforzo che cos'è la comunicazione, che cosa implichi,
e che riescono a imparare solamente i fondamenti principali; il
loro comportamento di conseguenza è basato sulle vostre reazioni,
sulla vostra risposta. Si tratta quindi di uno scambio molto concreto,
e la comunicazione che i bambini/e autistici riescono ad apprendere
è molto concreta: anche nel caso di bambini/e colpiti in modo più
lieve, che usano il linguaggio per parlare, le conversazioni sono
scambi memorizzati.
L'Insegnamento della comunicazione e delle capacità sociali
a questi bambini/e è una forma d'istruzione più concreta e
diretta: sarà insegnata una sola capacità alla volta, mai più capacità
contemporaneamente. Quando consideriamo il problema dell'autismo,
è altrettanto importante operare una distinzione tra il linguaggio
e la comunicazione, che spesso tendiamo a considerare come sinonimi.
I bambini/e affetti da autismo sono in continua lotta per interpretare
sia il significato delle parole in se stesse, sia il significato
del messaggio sociale dato dal contesto. La qualità del linguaggio
del bambino/a autistico, vediamo che un numero molto alto di bambini/e
non sviluppano assolutamente la capacità di parlare. Pensate semplicemente
a quanto questo possa essere frustrante: avere dei bisogni, delle
esigenze, dei desideri, volere qualcosa e non avere un mezzo per
poterlo dire.
L'intervento per i bambini/e che non hanno capacità di comunicazione
verbale, che non sanno parlare, consiste nell'utilizzare quella
che noi definiamo una comunicazione aumentativa, cioè una comunicazione
attraverso le immagini, o la scrittura, o, per alcuni bambini/e,
anche attraverso il linguaggio dei segni, che utilizziamo anche
nel caso delle persone non udenti, in modo che possano comunicare
i loro bisogni, i loro pensieri, e riescono così ad esercitare un
controllo sulla propria vita (Schopler, Peeters, Quill, ecc.).
Cercare di spiegarci nel modo più concreto possibile, dare alla
parola il significato così come il bambino/a autistico la sente,
costituisce un'esigenza fondamentale nel corso di un trattamento
mirato; è necessario inoltre utilizzare una forma di comunicazione
aumentativa.
Quando valutiamo le abilità sociali dei bambini/e autistici, troviamo
che nessun bambino è uguale all'altro: alcuni hanno eccellenti
capacità di imitazione, altri no. Per i bambini/e che hanno questo
problema a livello sociale e non imitano quello che facciamo, le
nostre azioni sono molto più confuse e incomprensibili. Questi bambini/e
possono comprendere solo attraverso le dimostrazioni: dobbiamo dimostrare
sempre in una maniera "aumentativa" tutto quello che noi
facciamo.
Il bambino/a autistico non ha nessuna comprensione delle situazioni
sociali, perciò non le imita, e può comportarsi secondo due modalità:
può evitarle, e fare tutto da solo, oppure, se ha una personalità
più attiva, può addirittura arrabbiarsi, perché con il suo modo
di essere vuole dire di non capire. Bambini/e diversi presentano
comportamenti diversi ma con lo stesso problema di fondo: alcuni
sono frustrati ed evitano le situazioni; altri sono frustrati e
reagiscono di conseguenza con crisi di comportamento.
Spesso i bambini/e autistici evitano di guardarci negli occhi;
se non capiscono il significato dell'espressione del nostro
viso; e se non capiscono il nostro comportamento è abbastanza naturale
che evitino lo sguardo. Se noi non capiamo perché un bambino/a si
comporta in un certo modo non possiamo individuare la giusta strategia
di intervento. Gli elementi alla base di un trattamento educativo
adeguato per un bambino/a autistico sono due: il primo, che dovrebbe
risultare abbastanza ovvio da quanto abbiamo detto, è la strutturazione
dell'ambiente, l'altro è un intervento adattato alle caratteristiche
di ogni singola persona autistica.
Cosa vuol dire strutturare? Significa che gli avvenimenti che accadono
nella vita del bambino/a devono essere prevedibili, che deve essere
chiaro al bambino/a, per esempio, che cosa dovrà fare in un certo
momento, come, per quanto tempo e quando qualcosa finirà. L'informazione
visiva è molto più concreta dei messaggi verbali: dà un'organizzazione
e una struttura, chiarifica il linguaggio che il bambino/a può capire
o no, aumenta l'abilità del bambino/a a completare un determinato
programma con successo. Questo è il vero elemento chiave: i bambini/e
cercano quella prevedibilità, quella chiarezza, che l'ambiente
sociale di solito non può dare.
E' quindi indispensabile far sì che le nostre relazioni coi
bambini/e autistici siano molto più prevedibili: dare lo stesso
messaggio nella stessa situazione, collegare i messaggi verbali
con immagini che possono vedere e capire, rivolgersi al bambino/a
nello stesso modo, essere consapevoli che i bambini/e autistici
sono attenti e rilassati quando capiscono, e diventano ansiosi quando
non capiscono. Soltanto attraverso la comprensione del bambino/a
e del suo punto di vista, di come vede e percepisce il mondo che
lo circonda, possiamo capire e rispettare le sue esigenze.
Alcune cose da ricordare sull'autismo:
Avete fatto la valutazione delle abilità rimaste intatte?
Con gli Strumenti standardizzati: Il profilo psico educativo,
A.B.C.? Test cognitivi, test di sviluppo, test d'osservazione
del comportamento, test valutativi sul linguaggio, test
valutativi sulla comunicazione?
- Intervento = educazione strutturata
- Controlli periodici (neuropsichiatrico, neuropsicologico, pedagogico?)
- Avete in mano il Programma Educativo Individualizzato?
- Collaborazione tra la famiglia e la scuola?
- Adeguamento ambientale?
- Insegnamento strutturato?
- Progressi notevoli espressi tramite la valutazione?
Procedimenti e strategie:
- Descritto procedimento?
- Strategie che valgono soltanto nel caso individuale?
- Supporto visivo?
- Prevedere ed anticipare?
- Comportamenti inadeguati (durata e frequenza)?
- Attività descritte?
- Tempo libero organizzato?
- Attività sportive?
- Incontri socializzanti?
- Usare il tono di voce moderato?
- Insegnare l'autonomia?
ANGSA Treviso
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