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DESCRIZIONE IN GENERALE

autismo

sindrome di asperger

sindrome di rett

 

DSM IV

nota introdittiva

i disturbi generalizzati dello sviluppo (pdd)

f 84.0 disturbo autistico [299.00] (214)
- criteri diagnostici di f 84.0

f 84.2 disturbo di rett [299.80] (224)
- criteri diagnostici di f 84.2

f 84.3 disturbo disintegrativo della fanciullezza [299.10] (232)
- criteri diagnostici di f 84.3

f 84.5 disturbo di asperger [299.80] (240)
- criteri diagnostici di f 84.5

f 84.9 disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato (incluso l'autismo atipico) [299.80](249)
 

 

ICD 10

nota introduttiva

autismo infantile

 

ALTRE CLASSIFICAZIONI

psicosi infantile: evoluzione di un concetto e classificazioni attuali
(lastrico a., 1998)

 

 

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PSICOSI INFANTILE: EVOLUZIONE DI UN CONCETTO E CLASSIFICAZIONI ATTUALI

Lastrico A., 1998
Tratto dal Notiziario dell'Osservatorio Autismo della Regione Lombardia
articolo originale: http://www.promo.it/autism/NOTIZIAR.htm#Notiz_5
nota: attualmente l sito non è più online. Abbiamo comunque conservato i link originali

 

Queste note sull'evoluzione del concetto di psicosi infantile e sulle attuali classificazioni diagnostiche continuano il discorso iniziato nel numero scorso da una psichiatra, che lavora in un centro per adulti. I quesiti sono se il concetto di psicosi infantile sia unitario o se racchiuda al suo interno una molteplicità di situazioni cliniche diverse; quali rapporti leghino tra loro psichico e somatico in termini di eziologia multifattoriale e di comorbidità; quale prognosi e quali rapporti possono essere ipotizzati con la patologia psichiatrica dell'età adulta.

Il concetto di psicosi infantile risale all'inizio di questo secolo, quando Sancte De Sanctis descrive la "demenza precocissima" (1908) e la considera sul piano eziopatologico, clinico ed evolutivo, una varietà della demenza precoce di Kraepelin, la cui originalità è da ricercare nell'età di insorgenza (tra 4 e 10 anni). Nello stesso anno Heller parla di "demenza infantile" a proposito di una condizione clinica nettamente distinta dalle demenze infantili diagnosticate nel corso del XIX secolo su bambini affetti da ritardo mentale. Chaslin nel 1912 propone di trattare certi pazienti affetti da ritardo mentale, epilessia o disturbi comportamentali importanti come se fossero ebefrenici. Gli studi condotti in quegli anni sui bambini contribuiscono poco a individuare le caratteristiche tipiche delle manifestazioni psicopatologiche di quell'età ed i loro rapporti con la patologia mentale dell'età adulta (in particolare con la schizofrenia), benché già Kraepelin (1898) avesse affermato che il 4% delle schizofrenie esordiva nell'infanzia a Bleuler (1911) avesse fatto salire questa percentuale al 5%.

A partire dagli anni '30-'40 il concetto di schizofrenia infantile si afferma progressivamente sia negli USA che in Europa, distinguendosi progressivamente da quelle fino ad allora definite come "psicosi criptogenetiche". Nei lavori di quegli anni (Bradley e Potter negli USA, Tramer, Heuyer, Lutz e Corboz in Europa) è presente la preoccupazione di tenere nettamente distinti i casi di schizofrenia da quelli di ritardo mentale e le manifestazioni psicopatologiche infantili sono solitamente raggruppate sotto quest'ultima diagnosi.

Una visione più moderna del problema comincia ad affermarsi negli USA a partire dal rapporto Despert (1938) ed in Europa dopo la seconda guerra mondiale grazie ai contributi teorici degli psichiatri di formazione psicoanalitica. In Inghilterra, in particolare, era già forte l'influenza di M. Klein, che aveva iniziato a seguire bambini psicotici negli anni '20. Progressivamente il termine di schizofrenia viene sostituito da quello di psicosi, quando ci si riferisce all'età infantile, in quanto un concetto più moderno di schizofrenia presuppone un'organizzazione psichica ed una capacità di comunicazione verbale sufficientemente sviluppate, le stesse che sostengono sintomi "complessi", quali i deliri e le allucinazioni. Concetti che cambieranno il panorama culturale in cui vengono inquadrati e compresi disturbi tipici dell'età evolutiva si affermano grazie ai lavori di L. Kanner (1943), che descrive l'autismo infantile precoce, e di M. Mahler (1952), che descrive la psicosi simbiotica. La conseguenza trasformativa dei contributi teorici e clinici di questi autori consiste nel fatto che a partire da allora, pur mantenendo una netta distinzione tra psicosi e insufficienze mentali, vengono classificate tra le psicosi infantili anche condizioni che gli psichiatri classici avrebbero considerato encefalopatie evolutive, ritardi mentali o pseudoschizofrenie. Come problema successivo si porrà quello di non dilatare eccessivamente il concetto di psicosi, ma di mantenerlo entro criteri descrittivi coerenti.

 

 

Demenza, schizofrenia... DSM-III-R

A distanza di oltre mezzo secolo dai lavori di Kanner, l'autismo infantile rimane la sola sindrome quasi unanimemente riconosciuta. Per il resto permane una notevole varietà terminologica, che spesso si riferisce a realtà cliniche identiche o molto simili e che esprime i presupposti teorici sottesi alle diverse classificazioni. Nel 1987 l'APA, Associazione Psichiatrica Americana, pubblica la terza versione revisionata del Manuale diagnostico e statistico di psichiatria; nell'ambito dell'Asse II rientrano i Disturbi dello Sviluppo, distinti in Ritardo Mentale.

 

 

Disturbi Generalizzati e Specifici

I Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DGS), caratterizzati da insufficienza qualitativa nello sviluppo della interazione sociale reciproca, delle capacità di comunicazione verbale e non verbale e dell'attività immaginativa, comprendono il Disturbo Autistico ed il DGS Non Altrimenti Specificato, che, con la Schizofrenia ed i Disturbi Schizotipico e Schizoide di personalità costituiscono ciò che comunemente viene indicato come "psicosi infantili". Il termine DGS ha però suscitato molte critiche nel panorama scientifico internazionale. Per esempio il lavoro di Volkmar, Bregman et al. (1988) e quello di Hertzig, Snow, et al. (1990) sottolineano come nel DSM-III-R sia stato ampliato il concetto di autismo rispetto ai criteri presenti nel DSM-III, includendo nella categoria Disturbo Autistico dal 35 al 50% dei pazienti non classificati come autistici in precedenza. Gillberg invece (1990-1991) contesta radicalmente il concetto stesso di DGS, in quanto esso non si riferisce alla totalità dei disturbi generalizzati (per esempio non include il ritardo mentale, che va indicato come diagnosi aggiuntiva) ed anche il termine "generalizzato" non è sempre appropriato. In molti casi il disturbo è infatti parziale e specifico e vi sono altre patologie (v. ritardo mentale grave), che includono un disturbo più invalidante; al contrario, per esempio nella sindrome di Asperger la compromissione dello sviluppo è specifica e limitata all'area sociorelazionale. Questo sistema di classificazione riporta alcune condizioni patologiche, spesso associate, che svolgono il ruolo di fattori predisponenti, accanto a generiche "condizioni pre- peri- post-natali, che causano disfunzioni cerebrali", sono elencati in associazione al disturbo Autistico: "rosolia materna, fenilchetonuria non trattata, sclerosi tuberosa, anossia alla nascita, encefalite, spasticità infantile, sindrome dell'X fragile". È altresì precisato che la complicanza principale è rappresentata dalla comparsa di convulsioni epilettiche, soprattutto nei soggetti con QI < a 50.

 

 

L'ICD-10

Nella sezione F80-89 (Sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico) della X revisione della Classificazione Internazionale delle Sindromi e dei Disturbi Psichici e Comportamentali curata dall'OMS (1992) sono comprese (F84) le Sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico, quali l'autismo infantile e la sindrome disintegrativa dell'infanzia di altro tipo (condizione che include la psicosi simbiotica), unitamente ad altri quadri, quali le sindromi di Rett e di Asperger (che include il disturbo schizoide infantile), la sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati, Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico e la Sindrome non specificata da alterazione globale dello sviluppo psicologico, sul cui significato clinico il parere dei ricercatori è discorde. Anche in questo caso, le sindromi vengono descritte in termini di comportamento, tenendo conto delle anomalie qualitative delle interazioni sociali e delle modalità di comunicazione, anche quando vi sono associate condizioni di interesse medico, quali, per ricordare solo le più frequenti, la rosolia congenita, la sclerosi tuberosa, la lipidosi cerebrale e l'anomalia del cromosoma X fragile. Il ritardo mentale a sua volta, quando presente, viene codificato a parte.

 

 

Il DSM-IV

Nel DSM-III-R veniva precisato che "sebbene alcuni dei primi ricercatori suggerissero che questi disturbi (DGS) avrebbero continuazione nelle psicosi adulte (per esempio la schizofrenia), le ricerche più importanti indicano oggi che essi non hanno rapporto con le psicosi adulte". Il DSM-IV (1994) giustifica la creazione di una sezione specifica per i disturbi dell'Infanzia, della Fanciullezza e dell'Adolescenza solo per motivi di praticità, senza che essa implichi "l'esistenza di alcuna chiara distinzione tra i disturbi della fanciullezza e dell'età adulta". A ulteriore dimostrazione di quanto controverso sia ancora questo punto, in un'altra sezione del Manuale, gli autori aggiungono, in maniera più sfumata rispetto all'affermazione contenuta nel DSM-III-R: "sebbene termini come psicosi e schizofrenia infantile siano stati usati in passato in riferimento ai soggetti affetti da queste condizioni, vi sono considerevoli prove a favore dell'opinione che i DGS siano diversi dalla Schizofrenia (per quanto un soggetto con un DGS possa occasionalmente sviluppare in seguito una Schizofrenia)". Anche in questa Edizione viene precisato che i DGS possono essere associati a condizioni mediche generali (anomalie cromosomiche, infezioni congenite, anomalie strutturali del SNC) che, se presenti, devono essere codificati sull'Asse III. I Disturbi Generalizzati dello Sviluppo sono meglio distinti in diversi quadri clinici: Disturbo Autistico, Disturbo di Rett, Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza, Disturbo di Asperger e Disturbo generalizzato dello Sviluppo NAS. È precisata anche la loro corrispondenza con le patologie raggruppate nell'analoga sezione dell'ICD-X, condizione questa che renderà più agevole comparare ricerche che utilizzano classificazioni diagnostiche diverse. Molto ridotto rispetto al DSM-III-R è il numero di casi che può essere diagnosticato come DGS NAS e si limita a quei "quadri che non soddisfano i criteri per il Disturbo Autistico per l'età tardiva di insorgenza, la sintomatologia atipica o subliminare o per tutti questi motivi insieme".

 

 

La Classificazione Operazionale

La Classificazione Operazionale (Manzano, Palacio-Espasa, 1983) è nata nel contesto scientifico o teorico della scuola ginevrina, contrassegnata da un'impronta di tipi psicoanalitico e da una focalizzazione sull'importanza del trattamento psicoterapeutico ed educativo nell'ambito dei Centri Diurni. La Classificazione è stata concepita sulla base di un importante studio longitudinale (1982). Strumento cardine delle operazioni diagnostiche è la griglia concettuale evolutiva, che consente "descrizioni cliniche e diagnostiche che vanno al di là dei criteri fenomenologici e statistici", attraverso un'analisi strutturale psicoanalitica che tiene conto delle possibilità di cambiamento delle strutture di personalità e dei fattori che le determinano. I quadri nosografici delineati comprendono: autismo primario, autismo secondario, psicosi simbiotica, psicosi precocemente deficitaria, psicosi disorganizzatrice. L'autismo primario rimanda al quadro descritto da Kanner, mentre l'autismo secondario è un ibrido tra manifestazioni di tipo autistico, simbiotico e deficitario, insorte intorno al primo semestre del secondo anno di vita in seguito ad una separazione. La psicosi simbiotica è sovrapponibile all'entità clinica descritta dalla Mahler. La psicosi precocemente deficitaria viene descritta come una delle possibili evoluzioni dell'autismo primario, in cui si verifica un'attenuazione del ritiro a favore di un aggravarsi del ritardo psicomotorio, dell'intelligenza e del linguaggio. La psicosi disorganizzatrice è un quadro clinico, il cui atteggiamento generale colpisce per la sua disorganizzazione, caratterizzato da un certo sviluppo delle funzioni dell'Io e sovrapponibile alla schizofrenia infantile descritta dalla Bender (1973) ed a certi casi di psicosi simbiotica della Mahler (1952). Gli autori sostengono la sostanziale unità del concetto di psicosi infantile definita fenomenologicamente come una sindrome clinica caratterizzata da una deviazione notevole in una o più delle seguenti aree: rapporto con le persone e l'ambiente, armonicità della maturazione emozionale e delle funzioni dell'Io (percezione, motricità, linguaggio, capacità cognitive), e integrazione di questi elementi in una unità funzionale capace di consolidare un senso d'identità personale. L'attribuzione del quadro di ciascun paziente ad una delle categorie nosografiche proposte viene attuata in base al tipo di funzionamento mentale predominante in un dato momento ed è suscettibile di trasformazione. Gli autori sottolineano come la loro Classificazione permetta di stabilire una diagnosi clinica relativamente semplice e come centrale sia considerare il concatenarsi dinamico di ciascuno degli aspetti strutturali e comportamentali del bambino, onde favorire interventi terapeutici appropriati. La Classificazione di Manzano e Palacio-Espasa è sicuramente la più specifica per quanto riguarda la definizione in senso psicodinamico di ciascun caso, in quanto permette di approfondire le modalità e la qualità del funzionamento del paziente sia in senso intrapsichico che relazionale.

 

 

La Classificazione Francese CFTMEA

Si tratta di un sistema di inquadramento nosologico realizzato da un gruppo di ricerca eterogeneo per orientamento teorico e formazione scientifica dei suoi componenti, coordinato da Misès, di esso facevano parte la Commissione delle Malattie Mentali del Ministero della Sanità, l'Unità di Ricerca INSERM e l'Associazione francese degli psichiatri del servizio pubblico. La Classificazione Francese dei Disturbi Mentali del Bambino e dell'Adolescente (CFTMEA, Misès et Jeammet, 1988) è una classificazione biassiale con allegato un glossario, in cui l'asse I comprende le categorie cliniche di base, l'asse II riguarda invece fattori associati antecedenti ed eventualmente eziologici; il glossario annovera le definizioni ed i criteri di inclusione ed esclusione, che agevolano le diagnosi differenziali. Tale classificazione è basata su criteri psicopatologici ed offre il vantaggio di essere facilmente utilizzabile nel lavoro clinico. Dai primi studi catamnestici degli anni '50 sull'evoluzione di "bambini difficili" emergeva che i sintomi in sé avevano solo un valore contingente, mentre era necessario approfondire il loro significato, per poter trarre conclusioni di significato prognostico attendibile. La commissione impegnata ad elaborare questo sistema diagnostico ha quindi cercato di tener conto di alcune caratteristiche delle condizioni codificate, quali mobilità o fissità dei disturbi e natura dei rimaneggiamenti in termini di struttura della personalità per precisare il rischio di evoluzione verso una patologia mentale dell'età adulta. La CFTMEA è risultata essere di più difficile applicazione in due fasce di età. La prima riguarda i bambini di età compresa tra o e 5 anni: sono i più difficili da indagare e se hanno pochi mesi è necessario esprimersi in termini di disturbo dell'interazione madre-bambino e la prospettiva, diagnostica va incentrata sulla diade madre-bambino. La seconda riguarda l'adolescenza, periodo in cui è controverso se sia più corretto utilizzare le categorie proprie dell'infanzia o dell'età adulta. Gli scopi della CFTMEA possono essere riassunti nel depistaggio e nella valutazione del rischio patogeno di un dato quadro clinico, nel trattamento del medesimo e nel tentativo di eliminare i falsi negativi. Per entrare più nel dettaglio di tale classificazione, l'asse I riconosce nuovi gruppi di disturbi mentali, il primo dei quali comprende le psicosi, a loro volta suddivise in otto categorie: Autismo precoce tipo Kanner, altre forme di autismo infantile, psicosi deficitarie, disarmonie psicotiche, psicosi di tipo schizofrenico dell'infanzia, psicosi di tipo schizofrenico dell'adolescenza, psicosi distimiche e psicosi acute. Questa Classificazione, prevedendo un asse relativo a fattori associati o antecedenti eventualmente eziologici, fornisce la possibilità di prendere in considerazione la presenza di patologie organiche o fattori di rischio relativi al contesto sociofamiliare. In conclusione, mi limito a due semplici osservazioni. ben quattro su cinque classificazioni utilizzate a livello internazionale riportano un elenco di malattie organiche spesso associate e/o ritenute concausa di quadri clinici d'interesse psichiatrico, a testimonianza di come sia ormai comunemente ritenuto embricato il confine tra psichico e somatico. Infine appare netta la distinzione tra i presupposti psicopatologici e clinici che informano le classificazioni anglosassoni e francofone, condizione quest'ultima che fa auspicare una loro integrazione, possibile presupposto per un intervento terapeutico integrato.

 

 

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