CONVEGNO "AUTISMO: DISAGIO SOCIALE E SERVIZI"
tenutosi a Roma il 27-10-2000
organizzato dagli Argonauti con il Patrocinio del Consigliere Delegato
del Sindaco per i Problemi per l'Handicap
sommario
relazioni
- Meloni F. Presentazione
- dott.ssa Dema A.M.
L'Autismo ed il diritto all'istruzione
- dott.ssa D'Orso M.
Un'esperienza di accordo di rete nell'ambito scolastico
- dott. Gangere F.
Le Problematiche degli Adulti Autistici
- Gregori R.
Associazione come casa comune
- dott. Mona A.
Progetto informAutismo: pluralità di nodi per una rete informativa
- Roggi Liberatore D.
Considerazioni relative al nuovo "Sistema Integrato di Interventi
e Servizi Sociali"
- Tirico L.
Essere genitore nella 'realtà sociale' dell'Autismo
comunicazioni
- dott. Bianchi F., dott.ssa Di Renzo M. Un
approccio psicopedagogico al bambino autistico
- dott. De Francesco A. Handicap,
disabilià invalidità: alla ricerca di una definizione
di un'integrazione dis-integrata
- dott. Hanau C.
Le molte valenze del lavoro
- dott.ssa Onorati A.
Presentazione del P.E.I.A.
- dott.ssa Polcaro F.
Musicoterapia e autismo
- dott.ssa Trionfi F., dott. De Caris M.
Oikos, una casa per vivere
- dott. Barbagallo A.
Riflessioni sull'esigenza di uno Sportello Informativo
Gentili Signore e Signori,
benvenuti a questo incontro che ha per tema "Autismo: disagio
sociale e servizi".
Perché autismo, perché disagio sociale, perché
servizi. In questi tre inter-rogativi è racchiuso e contenuto
il senso del nostro ritrovarci qui oggi.
L'autismo è una sindrome, un disturbo, di particolare complessità,
a causa della sua peculiare eterogeneità teorica, diagnostica-clinica
e terapeutica: in ciascuno di questi ambiti c'è, a tutt'oggi,
ancora grande disaccordo ed elevati livelli di polemica tra gli
addetti ai lavori, nonostante i grandi sforzi della co-munità
scientifica tutta ed il proliferare di iniziative e di interventi
a diversi li-velli.
Complessità dunque che, spesso, nella "quotidianità"
dell'autismo, nella difficoltà che giorno per giorno vivono
i disabili, le loro famiglie, gli operatori e le strutture di assistenza
socio sanitaria, si manifesta solo come confusio-ne. Confusione
non certo per gli uomini di scienza, abituati per mestiere a navigare
tra i flutti delle ipotesi, delle teorie e dei modelli; confusione
quindi non per il ricercatore, ma per i genitori, per le famiglie,
per gli operatori e per chi, a qualunque titolo, lavora o si trova
a diretto contatto con una realtà so-ciale altamente contraddittoria
quale è quella dell'autismo.
Le statistiche riportano che l'incidenza sulla popolazione generale
del di-sturbo autistico è di circa 5 individui affetti su
10.000: descritto così parreb-be un disturbo neanche tanto
diffuso ed anzi, rispetto ad altri, non poi così ri-levante.
Le statistiche, però, non tengono conto della realtà
sociale, non considerano che dietro e intorno ad ogni autistico
vi è una famiglia, spesso diversi operatori, i servizi socio
assistenziali, le ASL, la scuola, il gruppo dei pari e via dicendo,
a disegnare una serie di cerchi concentrici che dal sog-getto portatore
di disturbo si allarga a macchia d'olio, estendendosi sulla re-altà
sociale circostante. Ciascuno di questi cerchi, a suo modo, riflette
ed esprime un disagio, traducibile di solito in termini di confusione
e frammenta-zione.
Come trasformare la complessità del fenomeno "autismo"
in una risorsa, piuttosto che in una fonte di disorientamento, di
ambiguità o di inazione?
Informazione; informazione e comunicazione. Comunicazione vuol
dire in-formazione. L'informazione è alla base della cultura
e solo dove c'è cultura e informazione c'è libertà.
Libertà di scelta all'interno della complessa realtà
sociale dell'autismo. E' questo il senso del progetto informAutismo
di cui il Convegno di oggi è la seconda tappa: la prima è
stata la costituzione della BMA, la Biblioteca Multimediale Autismo,
di cui parlerà più estesamente il presidente de "Gli
Argonauti", il dott. Arturo Mona. Il progetto informAutismo
è finalizzato alla trasmissione di informazioni sui servizi
per l'autismo. Il sen-so del Convegno è dunque quello di
offrire una panoramica a ventaglio sui diversi ambiti sociali coinvolti
nelle problematiche dell'autismo.
Lascio dunque spazio alle relazioni e passo la parola a Luciana
Gennari, dell'associazione UHFA, nonchè presidente della
Consulta Handicap della XII circoscrizione; Luciana Gennari è
una persona che non ha bisogno di presen-tazioni, molto conosciuta
sia per il coraggio e la concretezza del suo impe-gno sociale in
tema di disabilità sia per la combattività con la
quale propone e porta avanti, con successo, le sue iniziative; sarà
lei la moderatrice degli interventi e del successivo dibattito.
Grazie
Fabio Meloni
associazione onlus
Gli Argonauti
L'Autismo
ed il diritto all'istruzione
[sommario]
In qualità di referente del G L H - Ufficio Studi e Programmazione
del Provveditorato
illustrerò sinteticamente i servizi che questo settore
istituzionale offre.
Introdurrò la relazione sulla sperimentazione in atto nella
scuola elementare statale "Col-lodi" del 3° Circolo di
Anzio; fornirò i dati relativi agli alunni in situazione
di handicap diagno-sticati come autistici.
Parto da quest'ultimo punto. In totale sono presenti nei quattro
ordini di scuola 157 alunni autistici così distribuiti:
scuola materna 11,
scuola elementare 53,
scuola media 78,
scuola superiore 15.
Si registra un'incidenza del sesso maschile pari a circa l'80%.
L'autismo viene codificato come disturbo generalizzato dello sviluppo
all'interno di una categoria più ampia definita disturbo
globale dello sviluppo che include altri tipi di handicap.
Questi dati vanno inseriti in un quadro più generale di
una popolazione totale di 10.513 alunni in situazione di handicap
che frequentano i diversi ordini di scuole di Roma e provin-cia.
Il dato totale indica un progressivo aumento degli alunni rispetto
agli anni precedenti, in particolare nella scuola superiore e ciò
ci induce ad un'attenta riflessione.
Se da una parte l'aumento è indicativo di una certa utenza,
dall'altro è innegabile la diffi-coltà in cui versa
la stessa utenza che dispone di una legislazione all'avanguardia
,ma non certo dei corrispettivi servizi ad essa legati.
Il G L H si pone come gruppo tecnico di consulenza che valuta
le difficoltà della scuola e si offre come supporto e come
mediazione tra le varie agenzie educative (famiglia, scuola, territorio)
per situazioni disfunzionali nella prospettiva di una migliore offerta
formativa.
L'analisi della documentazione inviata dalla scuola e la proposta
del fabbisogno della ri-sorsa sostegno sono solo una fase della
più ampia attività di supporto e consulenza dell'Ufficio.
Questo gruppo di lavoro promuove attività di ricerca -azione
per l'analisi di fe-nomeni specifici e di nuove modalità
di formazione dei docenti. Cura, inoltre il monitoraggio nella valutazione
e nel coordinamento delle esperienze di rete anche a livello interistituzionale.
Ne deriva da tutto ciò la necessità di riformulare
interventi più mirati in termini di qualità che di
quantità, diventa essenziale la divulgazione delle sperimentazioni
in atto nelle varie scuole affinché diventino modelli esportabili
nei diversi contesti con il coinvolgimento di tutti gli operatori
scolastici e territoriali.
Si vuole così promuovere l'educazione individualizzata
con percorsi, modalità e tempi che tengano conto delle abilità
del singolo e non il rapporto individualizzato che vede l'alunno
in situazione di handicap affidato all'insegnante di sostegno come
unico responsabile. Costui deve diventare il promotore di progettualità
inerenti la didattica individuale a cui hanno diritto gli alunni
in situazione di handicap per offrire occasioni di sviluppo.
La flessibilità, una diversa articolazione delle discipline,
in sintesi nuovi modelli organizza-tivi sono gli elementi indispensabili
per l'integrazione nella scuola dell'autonomia.
Tutto ciò implica un costo non solo in termini di impegno
da parte di risorse umane ,ma anche di moneta.
A questo risponde il M.P.I.che finanzierà direttamente
le scuole ,attribuendo il 75% dei fondi per l'avvio di contratti
d'opera e la realizzazione di progetti.
Il Provveditorato sta inoltre predisponendo l'attivazione di Corsi
di Alta Qualificazione per insegnanti di sostegno e Corsi di Specializzazione
per gli insegnanti curriculari .
Non vanno sottovalutate le risorse territoriali che non si configurano
solo negli operatori riconosciuti come assistenti educativi di base
ma anche negli obiettori di coscienza e nei vo-lontari di varia
appartenenza.
Concludo senza soffermarmi su riferimenti normativi, vi invito
invece ad incontrarci nei nostri uffici o nelle vostre realtà
per promuovere la cultura di rete non solo multimediale, ma anche
umana fatta di sincera condivisione e corresponsabilità.
Lascio ora la parola alla dirigente scolastica dott.ssa D'orso
M. Teresa che vi illustrerà l'esperienza della sua scuola
realizzata con i finanziamenti sulla sperimentazione L.104/92 e
che vede coinvolte altre otto scuole sullo stesso tema dell'Autismo.
Ringrazio per la cortese attenzione.
Dott.ssa Anna Maria Dema
Provveditorato agli Studi di Roma
G.L.H. - Ufficio Studi e Programmazione
Un
esperienza di accordo di rete nell'ambito scolastico
[sommario]
Questa relazione si struttura sulla base dei risultati del Gruppo
Sperimentale su 'Autismo e/o ritardo cognitivo grave', fondato sull'accordo
di rete tra dieci scuole della provincia roma-na a partire dal 1997.
L'impegno del Provveditorato agli Studi di Roma in quell'anno
si sostanzia nel ricercare scuole che:
a) avessero intrapreso un percorso metodologico sperimentale con
un organismo esterno (Associazione "Il Filo dalla Torre");
b) avessero realizzato una forte intesa con le famiglie;
c) presentassero alunni con handicap grave e/o autismo nei confronti
dei quali veniva uti-lizzato l'approccio TEACCH, sotto la guida
di operatori esterni.
Il tema "Autismo" era stato già affrontato dall'Ufficio
provinciale nel precedente anno (1996/97) con la realizzazione di
un corso di aggiornamento organizzato in collaborazione con tre
associazioni che attivamente lavorano nella sindrome ed avevano
seguito percorsi inizialmente similari per poi distaccarsi nella
specificità dell'approccio.
Il confronto attivo fra le modalità di intervento, presentate
da "Il Filo dalla Torre", "Anni Verdi" e l'"Angsa",
ha consentito la gestione, da parte dei corsisti e dei genitori
presenti, di una panoramica generale sul tema autismo, liberato
dalla falsa credenza di stato di handi-cap determinato da condizioni
psico-familiari, per ricondurre il tutto a componenti organiche
(fase di studio).
La positiva esperienza avuta nel corso degli incontri ha ingenerato
un forte movimento di ricerca tra i docenti e le scuole partecipanti,
avvalorando forse nello stesso Ufficio Studi e Programmazione del
Provveditorato di Roma la tesi che il confronto di itinerari e la
"narra-zione" di ricerche attuate arricchissero il bagaglio
di ciascuno, giungendo anche all'attivazio-ne delle risorse professionali
e all'acquisizione di conoscenze accertabili da parte degli a-lunni
con handicap.
Successivamente al momento formativo si realizzò una fase
caratterizzata da un primo approccio tra le scuole di Roma e Provincia
che avessero già in qualche modo maturato al-cune competenze
e che intendessero procedere nel processo di ricerca-azione.
Gli incontri consentirono la definizione dell'"atto costitutivo"
della rete, sostanziato nella produzione di uno schema programmatorio
vero e proprio, strutturato in accordo con l'Asso-ciazione "il
Filo dalla Torre", nell'individuazione della scuola referente
e nella scansione dei momenti di verifica/confronto.
Le finalità proposte dal gruppo sperimentale possono essere
così enunciate:
>uscire dall'isolamento delle singole realtà scolastiche
relativamente al "problema handi-cap";
>favorire un approccio didattico con organismi specialistici
esterni alla scuola;
>consolidare i percorsi di ricerca già attivati incrementando
le esperienze;
>implementare i percorsi produttivi, introducendo il principio
della comunicazione tra scuole;
>"dare voce" ai docenti, fornendo loro gli strumenti
per essere protagonisti del percorso di ricerca-azione;
>realizzare un contesto aggregativo di Istituzioni Scolastiche
per l'informazio-ne/formazione, la documentazione, il monitoraggio
e il supporto.
A conclusione del primo anno, il passaggio di alunni da un ordine
all'altro ha determinato l'interruzione del percorso attivato (tre
scuole escono dalla sperimentazione).
la mancanza di forme di continuità verticale sostanziale
ha rappresentato il punto di debo-lezza, carenza che neanche il
progetto è riuscito a contenere, nonostante proprio l'imple-mentazione
alle scuole "a venire" fosse una caratteristica analizzata.
Emergono i limiti posti da un contesto territoriale estremamente
ampio e variegato (città di Roma), che appaiono invece facilmente
superabili in ambiti più ristretti (scuole della provin-cia).
Le scuole si incontrano mensilmente presso l'Ufficio Studi e Programmazione
del Prov-veditorato agli Studi di Roma, alla presenza dei responsabili
dell'ufficio, del Dirigente Scola-stico della scuola referente.
I docenti, di volta in volta, "narrano" ai colleghi
l'esperienza, realizzando un confronto vivo e costruttivo e ponendo
gli elementi per cambiamenti continui in itinere.
Struttura degli interventi dell'azienda esterna
La formazione: caratterizzata da una fase teorica in orario extrascolastico
destinata a do-centi inseriti nel processo di ricerca-azione e a
docenti interessati al "passaggio del caso". In questa
fase vengono anche mostrati filmati relativi ad attività
scolte in orario scolastico con gli alunni con handicap. Spesso
sono proposti lavori interattivi (simulate, role-playing) volti
a favorire la nascita di uno spazio di scambio e confronto.
La consulenza: momento di formazione "sul campo" svolto
durante l'attivtà scolastica. Si rivolge solo ai bambini
inclusi nella ricerca e ai docenti direttamente coinvolti nel lavoro
con loro.
Gli appuntamenti annuali
A conclusione di ciascun anno sperimentale si realizzano incontri/dibattito
al fine di condi-videre l'esperienza e riprogettare il percorso.
i contesti generali di riferimento subiscono notevoli modifiche,
date dai progressi degli a-lunni, dal mutamento positivo del clima
scolastico ed extrascolastico, dall'esigenza di am-pliare le conoscenze.
Le attività consortili, nate inizialmente come approccio
ad un sistema integrato di intervento, evidenziano la domanda di
allargamento ad altre tecniche e/o metodologie da sperimentare e
monitorare.
Dott.ssa Mariateresa D'Orso
3° Circolo Didattico (Anzio)
Le Problematiche
degli Adulti Autistici
[sommario]
L'unità Disabili Adulti III Distretto dell'A.S.L. RM A si
occupa di assistere i portatori di han-dicap tra i 18 anni e 65
anni della III Circoscrizione. Il servizio è stato istituito
nel 1986, il no-stro bacino di utenza è formato principalmente
da soggetti che ci vengono inoltrati dal Dipar-timento Materno Infantile
e da un congruo numero di persone che diventano portatori di handicap
in età adulta. All'inizio della nostra attività più
del 50% degli assistiti era composto da soggetti con insufficienza
mentale e problematiche di tipo psichico. Attualmente il rappor-to
si è notevolmente invertito su 200 casi assistiti più
della metà ha problematiche motorie acquisite in età
adulta.
La nostra unità fornisce molte prestazioni in collaborazione
con il Comune di Roma : l'assistenza domiciliare, i soggiorni estivi,
case-famiglia, oltre ad intervenire direttamente per i campi socio-psico-sanitari
inerenti al portatore di handicap.
Nella nostra esperienza la problematica autistica è spesso
entrata in maniera non diretta in quanto, qui entriamo nel primo
problema reale, diagnosticamente la competenza clinica dovrebbe
essere dei Dipartimenti di Salute Mentale. Se ci atteniamo alla
valutazione clinica attuale l'autismo è un problema di tipo
psichico e quindi come tale anche un autistico adulto dovrebbe essere
assistito dal D.S.M.. Ora spesso nelle diagnosi di autismo dell'invalidità
ci-vile viene riportata la dizione oligofrenia o insufficienza mentale
in soggetto autistico questo determina una difficoltà di
collocazione chiara in riferimento al servizio di competenza. Que-sto
mio dilungarmi in questa problematica che sembra esclusivamente
burocratica è in real-tà il voler porre un aspetto,
secondo me, molto importante di affrontare un reale problema che
pone spesso dei limiti alle risposte possibili. Il mio servizio,
come detto, si occupa, negli ultimi tempi, di problematiche più
motorie, questo determina anche tipi di scelta di risposte che possano
essere condivise dal maggior numero di utenti quindi sembra molto
evidente che un soggetto portatore di handicap motorio ha bisogno
di risposte diverse da un soggetto autistico, allo stesso tempo
il D.S.M. ha un'utenza anche qui spesso diversa dalle problema-tiche
autistiche ecco perché secondo me l'autismo diventa molto
difficile da collocare in fase adulta. Determinando una specie di
isola non felice anche nel campo assistenziale. Questa confusione
di collocazione non ha permesso per fortuna l'isolamento e l'emarginazione
per una problematica già isolata ed emarginata, nel nostro
servizio grazie alla disponibilità e col-laborazione e professionalità
degli operatori.
Entrando più nel merito del problema possiamo dire che
nella nostra esperienza spesso abbiamo problematiche di tipo autistico
d'innesto, ovvero in soggetti con insufficienza mentale si sommano
comportamenti autistici . Questo determina chiaramente una difficoltà
maggiore nel proporre risposte valide e problematiche maggiori per
le famiglie. Il nostro in-tervento risulta più facile per
ciò che riguarda le attività di tempo libero con l'inserimento
nei laboratori e soggiorni estivi ma assume difficoltà notevoli
per interventi nella formazione e nei tirocini di lavoro, in quanto
ci è molto difficile trovare situazioni idonee per l'inserimento
lavorativo o per la formazione professionale.
Vorrei sottolineare l'importanza dei laboratori per l'inserimento
psico-sociale di questi soggetti. Nel nostro servizio siamo riusciti
a creare questo tipo di intervento grazie al volon-tariato, che
ci ha permesso 5 anni fa di far nascere un laboratorio teatrale
che ha avuto delle buone risposte per questo tipo di problematiche,
in quanto il sentirsi partecipi di uno spetta-colo teatrale con
l'insegnamento di tempi teatrali e del controllo corporeo ha sviluppato
delle buone capacità ed apertura in questi soggetti. Quest'anno,
grazie alla partecipazione eco-nomica della III Circoscrizione siamo
riusciti a realizzare cinque laboratori di attività socio-riabilitative
(musica, teatro, fotografia, ceramica, cucina) con l'inserimento
di molti di questi casi con buoni risultati sia dal punto di vista
terapeutico che riabilitativo. Mi soffermo su que-sta esperienza
perché ritengo che sia una delle migliori risposte che il
Servizio pubblico debba garantire a problemi di questo tipo , in
quanto oltre che dare reali possibilità a questi soggetti
di migliorare le proprie capacità, contribuisce ad alleviare
il peso giornaliero alle fa-miglie. Purtroppo la precarietà
di queste attività rende tutto più difficile in quanto
non sempre le istituzioni sono disposte a spendere per questo tipo
di attività rendendo tutto molto transi-torio e mai definitivo
anche perché queste attività sono esenti da tickets
e quindi non rendo-no economicamente alle Aziende.
Un altro aspetto importante è il futuro di questi soggetti.
Il numero delle case famiglie è ancora troppo esiguo rispetto
alla necessità, la creazione di questo tipo di opportunità
cree-rebbe anche per le famiglie una maggiore tranquillità
nell'affrontare la obbligata realtà della vecchiaia.
In conclusione una maggior chiarezza in relazione alla collocazione
diagnostica potrebbe favorire una maggior qualità nelle risposte
creando anche per gli utenti e le loro famiglie una minore fatica
e confusione oltre che paura di vederli crescere, per non affrontare
chi li segui-rà dopo i 18 anni.
Anche per questo in riferimento a questa iniziativa è senz'altro
utile quando diviene parte collaborativa e di spinta per i Servizi
Pubblici, in quanto un coordinamento dei dati e delle in-formazioni
può dare delle opportunità maggiori a queste persone
e alle loro famiglie ed ai servizi che se ne occupano nell'affrontare
la pesante e difficile quotidianità che queste pro-blematiche
originano.
Dott. Francesco Gangere
(Unità Disabili Adulti - III Distretto - ASL RM/A)
Associazione come
casa comune
[sommario]
Una vera e propria emergenza sociale si sta determinando nel quotidiano
collettivo ed è l'assenza o l'insufficenza dei servizi sociosanitari
integrati. Le famiglie ed i loro bilanci si stanno sempre più
caricando di tutte le situazioni altamente problematiche per la
complessi-tà tecnica e drammatiche per l'emozionalità
che procurano. La gestione di un soggetto con problemi, il più
delle volte viene lasciata all'affetto familiare, o, alla solidarietà
dei vicini o del-la comunità locale. Si pensi al dramma di
una famiglia in cui vive un disabile.
Nonostante le competenze siano da molto tempo passate alle Regioni,
queste ultime hanno emanato una serie di leggi e leggine, disomogenee,
occasionali e povere di risorse. In compenso in oltre 100 anni dalla
prima Legge sull'assistenza, si sono cumulate una infini-tà
di competenze, tra le quali è veramente difficile districarsi,
anche da parte di chi è diret-tamente interessato alle risposte.
Una trattativa che le famiglie sono costrette ad ingaggiare dagli
incerti risultati, che inizia dall'insorgere dell'handicap fino
alla morte.
Nessuno sa, in Italia e sembra nemmeno in Europa quali e quanti
siano i disabili. I dati non sempre sono reperibili e spesso non
sono affidabili. Un grande sforzo viene profuso dal-la scienza medica
per la sopravvivenza a volte veramente difficile del disabile per
poi passa-re ad un progressivo e inarrestabile abbandono.
Se un bambino sa dove andare a scuola, se tutti conoscono un pronto
soccorso vicino, chi ha un figlio handicappato può avere
molte risposte, qualche risposta, nessuna risposta. Molto dipende
dalla Regione, dal Comune, dall'età del bambino dalla sua
disabilità in una precarietà assoluta.
Le risposte sociali, quali servizi alla famiglia, l'assistenza
scolastica, i servizi per l'accoglienza diurna o quella residenziale,
le strutture per l'integrazione sociale, sono affida-te alle politiche
regionali in ordine sparso.
Nei territori occorre fare unità tra i vari interventi,
avendo per centro e corresponsabile delle risposte, la persona disabile
per tutto il corso della sua vita.
La prospettiva futura è positiva nonostante le difficoltà
odierne. La " Grande Riforma" dei servizi alla persona
può avere qualche chance di riuscita se discussa, partecipata,
condivisa da tutte le forze politiche, culturali e sociali del paese.
E' arrivato il momento di un grande movimento che, raccogliendo
le istanze di molti abbia la capacità di esigere, ma anche
di proporre. E' giunto il momento di farsi promotori di rispo-ste
senza paura di affrontare dialettiche, mediazioni o ritardi.
Le Associazioni di volontariato devono qualificarsi: non è
più per fortuna il tempo delle associazioni di volontariato
assistenziale che usavano l'handicappato per i propri scopi eco-nomici
o politici o in cui le "Gentili Signore" avevano il modo
di fare la loro buona azione quo-tidiana, scaricare la coscienza
e acquistare prestigio.
Oggi ci sono gli strumenti per cui viene data una particolare
attenzione alla formazione e informazione dei volontari con particolare
attenzione alle ragioni che motivano l'impegno del volontariato
e le tecniche dell'intervento.
Le attività formative costituiscono uno degli strumenti
fondamentali per sostenere la cre-scita autonoma delle nuove organizzazioni
di volontariato, per offrire servizi sempre più qua-lificati
e mirati, per creare un tessuto solidale che dia l'opportunità
alle persone di riappo-priarsi della propria cittadinanza.
Un grande personaggio Antonio Gramsci diceva che le idee vere
sono quelle che si pos-sono realizzare.
Far crescere nelle persone disabili e nelle loro famiglie la consapevolezza
dei propri diritti è una idea vera.
Rita Gregori
Consulta Handicap
X Circoscrizione
Progetto informAutismo: pluralità
di nodi per una rete informativa
[sommario]
Comunicazione ed informazione sono sinonimo di democrazia. Alla
base della libertà vi è la conoscenza delle potenzialità
che si hanno a disposizione. Nella quotidianità dell'Autismo,
la democrazia è un obiettivo troppo spesso disatteso. Infatti
le informazioni sono preziose. E non solo in quanto utili risorse,
ma sono preziose poiché costano. Costano tempo, volontà,
ricerca.
A Roma le proposte e gli interventi per l'Autismo sono spesso
contraddittori e comunque solo relativamente pubblicizzati. La difficoltà
ad inquadrare questa categoria diagnostica in modo unitario amplifica
le difficoltà pratiche di chi ne è coinvolto (utenti,
familiari, operatori, terzo settore, istituzioni sanitarie, sociali
e scolastiche). I consumatori finali di una tale con-fusività
sono le persone autistiche e le loro famiglie, alle quali spetta
il compito di districarsi in questa complessa "realtà
sociale".
Iniziativa Progetto informAutismo
Su queste considerazioni di base, come associazione stiamo portando
avanti il Progetto informAutismo, che ha come obiettivo la costituzione
di punti informativi gratuiti sui servizi e sugli aspetti legislativi
relativi alle persone autistiche ed alle loro famiglie. Proponiamo
una mappatura dei servizi comprensiva di informazioni dettagliate
sulla tipologia e sull'accessibilità degli interventi. Intendiamo
inoltre fornire indicazioni sugli aspetti legislativi e burocratici
concernenti l'autismo.
E' al momento attivo in via sperimentale uno sportello dislocato
in XII Circoscrizione, dove l'Associazione Club HAMICI ha messo
a nostra disposizione una stanza per la realizzazione di questo
servizio.
Trasmissione di informazioni
Trasmettere informazioni non vuol dire semplicemente mettere a
disposizione informa-zioni. Non basta, secondo noi, raccogliere
mucchi di dati, di normative, di iniziative ben ar-chiviate. Sì,
perché a quel punto che si fa? Si aspetta che il genitore,
l'operatore o un re-sponsabile di una certa struttura si presenti
a interrogarlo?
No. Trasmettere informazioni vuol dire essere uno dei (si spera)
tanti nodi informativi im-pegnati nel raccogliere, ma anche nel
distribuire attivamente le informazioni disponibili. Piut-tosto
che un grande archivio centrale, le efficacia di una rete informativa
risiede nella snel-lezza e rapidità di passaggio di informazioni
attraverso differenti punti informativi.
La proposta dell'informAutismo parte dalla consapevolezza che
la costituzione di uno sportello informativo non può nascere
dalla pretese di essere LO sportello informativo. In quest'ottica
prendiamo a prestito dalle scienze sociali il concetto ampiamente
usato di lavoro in rete.
Comunicare è collaborare
La situazione romana per l'Autismo vede in scena una ampia gamma
eterogenea di teo-rie, ricerche, interventi e proposte. Se da un
lato tutto ciò può essere fonte di confusione e disorientamento,
d'altro canto, all'interno di un tessuto informativo ricco e differenziato,
le di-versità diventano la grande risorsa della "realtà
sociale" dell'Autismo ed il presupposto per quella libertà
di scelta che caratterizza il concetto di democrazia.
Pertanto, la collaborazione fra i differenti "nodi"
coinvolti dalla problematica dell'Autismo si configura come conditio
sine qua non per la realizzazione di produttivi scambi e confronti.
Sportelli informativi e tecnologie
Uno dei grandi vantaggi della Comunicazione Mediata da Computer,
ed in particolare via Internet, è l'accessibilità
dei suoi contenuti: consultare un sito aggiornato non è impegnativo
come spostarsi dal proprio paese fino a Roma, o peggio ancora spostarsi
attraverso Roma.
Così, stanno prendendo sempre più piede iniziative,
soprattutto in lingua inglese, volte appunto alla diffusione di
informazioni sull'Autismo.
Per questo motivo, all'interno del Progetto informAutismo abbiamo
attivato una serie di servizi via Internet:
- sportello informativo, che a breve sarà munito anche
di un motore di ricerca inter-no, attraverso cui è possibile
ricercare le informazioni inerenti normative e servizi;
- biblioteca multimediale, un ricco e articolato archivio di
ricerche italiane o comun-que tradotte in italiano che affronta
differenti aspetti della realtà dell'Autismo
- mailing list informautismo, un circolo epistolare tramite cui
in tempo reale ci si scam-bia informazioni, richieste e suggerimenti
con tutti gli iscritti alla lista (ovviamente l'iscrizione è
gratuita)
- Autismo 05/01, stiamo raccogliendo contributi per un convegno
via Internet che avrà luogo, metaforicamente parlando,
nel prossimo maggio 2001.
Ringrazio tutti per la partecipazione a questo Convegno che vuole
essere un punto di partenza per nuove modalità di gestione
della trasmissione di informazioni e supporto ad ini-ziative, proposte
e servizi disponibili all'interno questa intricata e complessa "realtà
sociale" dell'Autismo.
dott. Arturo Mona
associazione onlus
Gli Argonauti
Considerazioni relative al nuovo "Sistema Integrato di Interventi
e Servizi Sociali"
[sommario]
Chiunque di noi si sia trovato ad affrontare nella propria famiglia
un caso di autismo, ha dovuto scontrarsi con un fenomeno diverso
dalle altre forme di handicap, e cioè il carattere quasi
misterioso della sindrome a cui corrisponde una grande incertezza
della scienza e una confusa e spesso inefficace risposta terapeutica,
anche quando è esercitata con generosità e passione.
Io stessa - alle prese con un figlio traumatizzato alla nascita
- ho sentito solo a distanza di decenni la parola "autismo",
senza tuttavia poter definire il fenomeno nelle sue origini e nelle
sue prospettive.
L'intero sistema sanitario-assistenziale ha sperimentato una quantità
di tentativi senza riuscire tuttavia a definire una linea diagnostico-curativa
riconosciuta nazionalmente. E infatti l'aspetto forse più
negativo è dato dal fatto che tante famiglie non trovano
risposte nelle città e nelle zone di residenza e finiscono
col cercare soluzioni a Roma e in pochi altri centri. Tut-to questo
aggrava enormemente la capacità della famiglia di fare scelte
e di aiutare davvero il proprio familiare perché - questo
è il punto - l'autismo è, sì, una sindrome,
ma si esprime anzitutto come una deformata condizione di vita del
soggetto che coinvolge e "punisce" l'ambito familiare,
tanto più quando esso è accompagnato da altre patologie
invalidanti.
La svolta che occorre deve intrecciare le conquiste della scienza
(ancora troppo parziali) e le strutture di cura, recupero e assistenza
permanente (finora incerte e mal distribuite). La scienza non può
avanzare senza strutture idonee, ma anche le strutture assistenziali
e sani-tarie non possono agire se la scienza non le aiuta con le
sue scoperte, i suoi strumenti, le sue sperimentazioni. Ed è
impossibile - proprio per la natura del fenomeno - ottenere un tale
legame senza l'aiuto diffuso del volontariato, dell'iniziativa associativa.
ma soprattutto è im-possibile senza un sistema integrato
di servizi che, partendo dallo Stato, investa le istituzioni territoriali
e tutte le presenza volontarie e di non profit con pari responsabilità
e dignità. ora, finalmente e dopo decenni di incertezze e
di promesse vane, questa possibilità ci si presen-ta grazie
alla Riforma dell'Assistenza (nuovo "Sistema integrato di interventi
e servizi socia-li") appena varata, e ai numerosi provvedimenti
sociali e finanziari previsti dalla Legge Fi-nanziaria 2001.
Questa occasione non la possiamo perdere. Nel nuovo sitema sanitario-socio-assistenziale
che si profila, il capitolo "autismo" deve assumere la
centralità, proprio perché si tratta del fenomeno
più difficile e umanamente pesante.
Nel nuovo quadro del Sistema integrato di interventi e servizi
sociali, programmato dalla Riforma, l'aspetto più urgente
è costituito dalla necessità di non perdere tempo.
Questo si-gnifica che tutte le strutture coinvolte - Stato, Amministrazioni
locali, Servizio Sanitario, rete assitenziale - devono, con la pressione
dell'Associazionismo e dell'utenza, mettersi subito al lavoro per
la nuova fase. personalmente ritengo emergano alcune necessità
inderogabili che così posso riassumere.
1° Definitivo superamento della distinzione-contrapposizione tra
aiuto sociale ed aiuto sanitario: l'handicappato, ed in specie l'autistico,
richiede una totale integrazione tra i due aspetti secondo un "progetto
di vita" personalizzato.
2° Servizi territoriali integrati, quali previsti dalla Riforma,
devono includere organicamen-te tutte le fattispecie socio-sanitarie
della disabilità, senza barriere burocratiche e doppioni
organizzativi. il soggetto deve essere preso in carico stabilmente
eliminando tutte le attuali procedure burocratico-amministrativo-accertative
secondo il principio (legge Bassanini) che tutte le informazioni
e gli atti sono risolti d'ufficio.
3° I servizi territoriali socio-sanitari assicurano le soluzioni
ottimali sia in forma residenzia-le parziale sia in forma domiciliare
o promiscua valorizzando indipendentemente ciò che è
offerto dalla mano pubblica, dall'associazionismo, dal volontariato,
dal privato sociale accre-ditato, facendo salvi i giusti controlli
ma assicurando - per ogni forma - la continuità del ser-vizio.
4° Fondamentale è la presenza partecipativa dell'utenza,
in qualunque forma si esprima. nell'ambito del Servizio integrato
non può esservi monopolio di rappresentanza (come in parte
avviene oggi) per le sole grandi organizzazioni nazionali. Il principio
è: il servizio con-giunge in un rapporto comunitario che
realizza le prestazioni e chi ne usufruisce (intenden-dosi, per
questi ultimi, non solo l'invalido ma il complesso parentale cui
è legato o chi ne fa le veci); e per presenza partecipativa
deve intendersi non solo collaborazione ma anche possibilità
di influire sulla qualità del servizio.
Dina Roggi
(Consulta Handicap Cittadina)
Essere genitore nella 'realtà sociale' dell'Autismo
[sommario]
Un bambino o un adulto autistico richiedono molte cure. Molte attenzioni.
Le famiglie so-no spesso messe a dura prova dalle numerose esigenze
che la Sindrome Autistica impone. Troppo spesso i servizi e diritti
che la società garantisce non sono sufficienti o non rispon-dono
pienamente alle necessità che le famiglie sperimentano.
1- Il tormento delle diagnosi
Partiamo dall'inizio, dal momento in cui ci siamo accorti che
i nostri bambini non si com-portavano come tutti gli altri.
Non si tratta mai di un singolo episodio eclatante, di un giorno
preciso, ma è un sottile e sgradevole sospetto che ad un
certo punto non si riesce più a mettere da parte. Arriva
gra-dualmente in una madre la consapevolezza che c'è qualcosa
che non va e che non può più far finta che sia poco
importante.
A questo punto emergono le prime difficoltà "sociali"
dell'Autismo. La famiglia si avventu-ra, fuori della propria casa,
alla ricerca di una diagnosi. Anzi, di diagnosi coerenti. Forse
le cose stanno cambiando. Anche questo Convegno è in fondo
un segno di interessamento a questa sindrome così particolare.
Comunque, la maggior parte dei genitori, dopo aver contattato
un'ampia gamma di strut-ture, si ritrova con una altrettanto ampia
gamma di diagnosi, tra le quali compaiono per e-sempio i disturbi
generalizzati dello sviluppo, i tratti autistici, l'autismo secondario
ad un'altra condizione clinica.
Insomma, i nostri bambini scompaiono sotto uno strato confuso
di parole strategicamente composte per dire e non dire.
2- Gli interventi contrastanti e contraddittori
Quello che un genitore scopre, ma solo dopo molto tempo, è
che non v'è un reale accor-do circa ciò che è
l'Autismo e riguardo all'efficacia delle tecniche d'intervento.
Ma questo lo si scopre dopo. Dopo aver vagato come la pallina di
un flipper da un centro all'altro convinti ogni volta che sino ad
allora si era avuto a che fare solo con dei grotteschi incompetenti
del tutto all'oscuro delle vere ricerche e interventi esistenti
per questi nostri figli.
Non si sta parlando di essere contrari all'esistenza di punti
di vista differenti. Anzi, questa pluralità di voci potrebbe
premettere di rispondere in modo specifico alle diverse forme di
Autismo.
Il problema è che alle famiglie manca una mappa, o meglio
ancora una guida, relativa al paesaggio attuale dell'Autismo: quali
teorie si celano dietro quali interventi, realizzati presso quali
strutture in che modo accessibili.
Altrimenti, il disorientamento. L'impressione di essere capitati
nel posto giusto con l'"autismo sbagliato".
3- Il bisogno di informazioni ed indicazioni
Ciò di cui hanno bisogno i genitori, soprattutto quelli
giovani e che da poco hanno scoper-to che il proprio figlio è
autistico, sono informazioni. Ma non soltanto informazioni sulle
ricer-che più recenti e sui nuovi trattamenti che la Minnesota
University sta sperimentando. Quel-lo che è più urgente
è ricevere informazioni su ciò che è effettivamente
disponibile ed ac-cessibile sul territorio di Roma e Provincia.
Inoltre è estremamente importante essere informati sui
propri diritti ed in particolare esse-re indirizzati nell'espletamento
delle pratiche burocratiche che si frappongono alla loro attua-zione.
La dimestichezza nel districarsi nei meandri legali e burocratici
non è un'abilità facile da apprendere, e chi non ne
è in possesso non può essere lasciato nel vuoto del
non saper come far valere i propri diritti.
4- Il ruolo dei genitori: informare e proporre
Dove le famiglie non ricevono un adeguato supporto, spesso si
attivano delle reti di so-stegno tra madri e padri che si trovano
nelle stesse situazioni.
Molti genitori di bambini autistici, dopo aver attraversato numerose
difficoltà, divengono loro malgrado degli 'esperti' in merito
a diversi aspetti della 'realtà sociale' dell'Autismo.
I genitori informati e propositivi sono una risorsa preziosa.
Siamo una risorsa preziosa!
In questo Convegno si è parlato molto di collaborazione,
di diffusione di informazioni. O-gnuno di noi, nel suo piccolo,
è in possesso di molte informazioni. Allora mettiamole in
gio-co, mettiamole a disposizione. Perché c'è sempre
qualcuno che potrebbe giovarne. Qualche altro genitore che, come
lo siamo stati noi, è disorientato da questa complessità.
Le potenzialità di un genitore non si esauriscono però
con la trasmissione di informazioni. I genitori devono dire a voce
alta cosa c'è che non funziona e che cosa manca.
Molto spesso vengono approvate delle iniziative che non nascono
da esigenze reali. So-no progettate a tavolino, ma ad un tavolino
lontano dalla realtà delle nostre famiglie.
Pertanto, sollecitiamo chi ne ha il potere affinché vengano
stanziati finanziamenti per progetti che riguardano noi e i nostri
figli, e non un Autismo astratto che non rispecchia le nostre quotidiane
esigenze.
Lina Cerqua Tirico
Un
apprroccio psicopedagogico al bambino autistico
[sommario]
Il termine autistico è una di quelle definizioni "ombrello"
che comprende al suo interno si-tuazioni cliniche profondamente
diverse tra loro sia dal punto di vista qualitativo che quanti-tativo.
Come tutti i problemi complessi infatti l'autismo ha visto susseguirsi
tante ipotesi e altret-tante proposte terapeutiche e ha visto spesso
schierate l'una contro l'altra posizioni forte-mente contrastanti.
L'autismo è stato infatti uno dei disturbi maggiormente soggetti
a mode, visioni miracolistiche e prospettive frammentarie del problema
spesso generalizzate senza il rispetto per le differenze sul piano
diagnostico che sono invece sostanziali ai fini di un inter-vento
terapeutico.
Le aree più problematiche del bambino affetto da autismo
sono la comunicazione, la so-cializzazione e la capacità
di simbolizzazione. Considerando l'entità del deficit che
viene a determinarsi è indispensabile abbracciare una prospettiva
epistemologica che si situi al cro-cevia di discipline cliniche
e neuro-biologiche per non rischiare, di contrapporre aspetti che
devono invece integrarsi.
La proposta di metodi generalizzati basati sulla ripetizione prolungata
di esercizi è negati-va perché collude con uno dei
punti fondamentali del comportamento autistico e cioè la
mancanza di senso che accompagna il vuoto comunicativo e l'assenza
di processi immagi-nativi.
Non si può rispondere a una mancanza di senso e a un vuoto
relazionale con esercizi ri-petitivi che per definizione sono privi
di motivazione perché rispondono alle esigenze del metodo
e non del bambino e che per di più vengono a volte attuati
da operatori improvvisati che non conoscono le premesse teoriche
o teorico-pratiche del metodo.
L'ossessività presente nei bambini autistici ha bisogno
di essere attenuata e non alimen-tata attraverso stimolazioni incomprensibili.
La definizione approccio psicopedagogico individualizzato vuole
sottolineare il fatto che, pur tenendo conto degli elementi comuni
ad un solo quadro diagnostico, ogni bambino va considerato come
unico e irripetibile nel suo vivere una determinata patologia. L'approccio
individualizzato di tipo psicopedagogico come quello che noi proponiamo
tiene nel debito conto una varietà di aspetti poiché
in una prospettiva psicologica assumono significato tutte le manifestazioni
del bambino, anche le stereotipie che sono spesso gli unici strumenti
co-municativi. L'obiettivo principale da perseguire con il bambino
è quello di fare in modo, attra-verso il gioco, che si stabilisca
un'attenzione condivisa sull'azione e/o sull'oggetto. E' proprio
questa la difficoltà che sta alla base della comunicazione
perché se non esiste la possibilità di rendere comune
all'attenzione un oggetto non c'è riferimento linguistico
e ovviamente non c'è relazione con l'altro.
Poiché il bambino autistico non è in grado di porre
l'attenzione siamo noi a dover creare il contesto perché
l'azione diventi condivisa. Bisogna essere presenti emotivamente
per co-struire trame affettive, per rispecchiare, per mettere il
calore che il bambino non porta, per costruire contesti dove potersi
conoscere e riconoscere, per scoprire canali, azioni, gesti..
Anche rispetto al ruolo dei genitori nella terapia dei bambini
autistici c'è stata una certa confusione. Dalla colpevolizzazione
all'assoluzione totale dei genitori si è passati da una contrapposizione
all'altra nell'area però del giudizio piuttosto che della
comprensione. E' ne-cessario aiutare i genitori a incontrare il
loro bambino comprenderne le necessità psichiche sostenerli,
perché nessun genitore può essere pronto per un figlio
autistico.
Favorire la rete di relazioni intorno al bambino coinvolgendo
anche la scuola è un altro punto fondamentale del nostro
approccio psicopedagogico che dà un valore fondamentale alla
collaborazione tra gli operatori dell'équipe affinché
si verifichi in ambito terapeutico quell'integrazione tra le varie
aree psichiche nelle quali il bambino è carente.
Le attività proposte nel nostro servizio per i bambini
autistici sono:
- terapia individuale a indirizzo psicopedagogico finalizzata
all'organizzazione cognitiva e agli aspetti relazionali;
- terapia psicomotoria (individuale e di gruppo) finalizzata
all'integrazione dell'immagine corporea;
- laboratorio ritmico-musicale (individuale e di gruppo) per
stimolare l'espressività e fa-vorire l'organizzazione cognitiva
anche attraverso canali non verbali;
- atelier grafo-pittorico per stimolare l'espressività
e favorire l'organizzazione cognitiva anche attraverso canali
non verbali;
- laboratorio ludico costruttivo per stimolare l'organizzazione
cognitiva attraverso ope-razioni costruttive;
- counseling genitori per favorire un'elaborazione delle difficoltà
legate alla mancanza di comunicazione;
- colloqui di orientamento pedagogico ai familiari finalizzati
alla ricerca di stili e strate-gie comunicative adatte al bambino;
- servizio scuola per integrare l'attività terapeutica
con quelle scolastiche.
Dott. Federico Bianchi di Castelbianco
Dott.ssa Magda Di Renzo
(Istituto di Ortofonologia)
Handicap,
disabilià invalidità: alla ricerca di una definizione
di un'integrazione dis-integrata
[sommario]
L'O.M.S. definisce le "persone con handicap" partendo
da una diagnosi di deficienza, in-capacità ed handicap, per
l'appunto
Per deficienza, da qui il termine deficit, è intesa la
perdita di sostanza o l'alterazione di una struttura o di una funzione
psicologica, fisiologica o anatomica
L'incapacità è invece la riduzione parziale o totale
della capacità di compiere una attività in un modo
o entro limiti considerati normali per un essere umano. Ma, cosa
significa "nor-malità" ?Il termine handicap in
definitiva, sottolinea lo svantaggio di carattere sociale e cultu-rale
per un individuo derivante da una deficienza e da una incapacità
che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo considerato normale
in rapporto all'età, al sesso, ai fattori sociali e culturali
I primi passi verso una diversa considerazione dell'handicap sono
stati compiuti soltanto negli anni settanta, quando cioè
la società, compresa quella politico-economica, ha preso
coscienza di alcune tematiche, ad essa legate, come per esempio
l'inserimento di soggetti in situazione di disabilità nel
mondo scolastico e lavorativo. Fino ad allora, l'handicap era vis-suto
e visto come devianza dalla normalità, e come tale "protetto"
attraverso delle leggi mo-rali e politiche tendenti alla separazione
Nei primi anni settanta si ha avuto la necessità di rivalutare
tutto un discorso sociale lega-to al mondo della diversità
in genere, soprattutto all'handicap. Si è incominciato a
parlare di integrazione, ma di che tipo ? L'interesse verso questo
processo di integrazione, coinvolge un numero sempre crescente di
cosiddetti "operatori" che cominciano a muoversi sia sul
piano dell'azione pubblica sia a livello strettamente legato alle
esigenze specifiche dei sog-getti interessati. Tuttavia, purtroppo
ancora oggi, dopo tante battaglie politiche e sociali, si continua
a considerare l"handicappato" quasi una non-persona e
come tale comunque non in grado di agire e pensare al di là
delle reali capacità e funzionalità fisiche ed intellettive.Alla
faccia dell'integrazione
Tutto ciò rappresenta il limite Culturale (nel senso più
ampio del termine) che necessa-riamente occorre valicare per poter
fornire un valido strumento di osservazione per una valu-tazione
diversificata, da caso a caso, della persona disabile al fine di
un loro reale ed effetti-vo inserimento e integrazione nel mondo
del sociale, del lavoro, della scuola, della finanza, dell'economia,
dell'industria e della produttività, definendo, innanzi tutto,
in maniera limpida e schematica, i profili funzionali e peculiari
delle varie persone e delle varie tipologie di disa-bilità,
tenendo conto più che mai delle sfumature che ogni persona
possiede, e così ogni forma di handicap
Naturalmente esistono tipologie che per la loro particolare gravità
non consentono un to-tale ed effettivo inserimento nella vita sociale
quotidiana: sono quelle definite gravi e/o gra-vissime. Tuttavia,
è necessario provvedere alla elaborazione di strumenti in
grado di rileva-re, analizzare e valutare globalmente la persona,
così da fornire ed elaborare un profilo reale della personalità
del disabile
Per fare tutto ciò, bisogna ripartire da una nuova definizione
del concetto di "handicap", vedere cioè se e quanto
una disabilità influisce e compromette l'esistenza di un
individuo
Per questo, occorre definire, per non rischiare di catalogare
una persona come inferiore con superficialità, il metro di
giudizio e/o di valutazione da adottare
Appare chiaro dunque, che la situazione di handicap è qualcosa
che ha a che fare con i vincoli del contesto sociale piuttosto che
non con quelli del soggetto. Infatti, se è possibile, o quasi,
misurare quantitativamente l'entità della disabilità,
ugualmente non si può fare ri-guardo la misura dei suoi valori
qualitativi. Per fare questo occorrerebbe riuscire a definire in
modo ineluttabile il valore e l'unità di misura del termine
normalità e ciò rientrerebbe in un sottile dissertare
filosofico. Alla luce di quanto detto, mi pare di poter concludere
che, parlare di integrazione della persona disabile in qualche cosa....,
preluda all'esistenza di una situa-zione precedente o attuale di
disintegrazione, anzi di dis-integrazione. Ovvero di un'integrazione
che funziona al contrario, con delle proprie leggi e regole. Troppo
facilmente si usa e abusa di questo termine, che sottolinea una
volta di più la netta distinzione e diffe-renziazione che
esiste tra le persone in genere. Occorre quindi operare affinché,
le diverse normative riguardanti l'effettivo inserimento e integrazione
nel mondo delle persone in gene-re (anziani, disabili, ecc., ecc.),
abbiano come metro di valutazione non le differenze cultu-rali,
sociali, economiche, razziali e religiose, ma le uguaglianze; non
le incapacità, ma le capacità ed il loro potenziamento.
Gli attuali criteri di valutazione sono infatti limitanti e non
consentono una giusta considerazione dei fattori evolutivi e progettuali
dell'individuo specie se persona disabile
Vorrei terminare con una frase che sottolinea un possibile paradosso
di pensiero, ma proprio per questo fatto più che mai reale:
siamo tutti portatori sani di handicap.
Dott. Alessandro De Francesco
Le molte valenze del
lavoro
[sommario]
Nel libro della Genesi il lavoro è presentato come una maledizione.
In conseguenza del peccato Dio dice ad Adamo: "Lavorerai col
sudore della fronte". Noi sappiamo che il lavoro ha talvolta
questa caratteristica di fatica, di costrizione, di penoso dovere
contrapposto al piacere, ma sappiamo anche che il lavoro ha tante
valenze positive: la soddisfazione di ve-dere il risultato del proprio
lavoro, qualunque esso sia, l'incontro con altre persone con le
quali possono nascere belle amicizie, un fattore che dà un
ritmo alla giornata e aumenta l'autostima, un valido motivo per
alzarsi alla mattina, oltre naturalmente alla soddisfazione dello
stipendio alla fine del mese.
Se questo è valido per tutti, lo è molto di più
per chi ha poche risorse. Chi infatti ha cultu-ra, interessi, amici,
fantasia e soldi, sa benissimo come passare piacevolmente il tempo
an-che senza lavorare, ma questo non vale per chi non ha queste
fortunate caratteristiche.
S. Benedetto, 1500 anni addietro, scriveva:
"L'ozio è il nemico dell'anima. Perciò i fratelli
devono occuparsi per un determinato tempo nel lavoro manuale e per
altre ore nella lettura sacra. Ai fratelli malati e delicati si
assegni ta-le lavoro od arte che non li lasci oziosi e neppure li
opprima con la fatica."
Saggiamente e realisticamente uno psicologo al quale una famiglia
benestante voleva af-fidare il proprio figlio diciottenne ha rifiutato
l'intervento richiestogli consigliando di cercargli un lavoro. La
famiglia che, proprio in quanto benestante, non si era mai rivolta
al Servizio Sanitario Nazionale, lo ha fatto per la prima volta
in tale occasione, in quanto i gravi proble-mi di tipo autistico
del ragazzo rendevano impensabile una normale ricerca di lavoro.
Gli o-peratori dell'AUSL gli hanno procurato una borsa lavoro in
un ufficio dove gli impiegati, edotti dei suoi problemi, lo hanno
accolto con estrema cordialità, dandogli piccoli incarichi,
com-preso quello di andare al vicino bar a prendere il caffè
per loro, portare degli oggetti e via di-cendo. Da anni il ragazzo
frequenta quell'ufficio, dove ora è ben ambientato, e pertanto
ren-de anche in termini di produttività, con borse lavoro
che vengono costantemente rinnovate. Questo ha migliorato enormemente
la qualità di vita del ragazzo, ora ventottenne, della mamma,
che dopo la fine della scuola dell'obbligo lo aveva avuto per anni
costantemente at-taccato alla sua gonna, e della famiglia intera.
Essendosi trattato di un successo, anche la soddisfazione degli
operatori dell'AUSL è stata non piccola.
In una cittadina della bassa reggiana un ragazzo Down è
stato assunto al Conad. Il ra-gazzo e la sua famiglia sono molto
conosciuti dalla cittadinanza, che ha apprezzato tale ge-sto, tanto
che le vendite del Conad sono aumentate.
I soggetti con problemi di autismo sono per loro natura ripetitivi
e provano piacere in atti-vità che per i più sono
noiose proprio in quanto ripetitive. Questa caratteristica, di per
sé ne-gativa, può essere sfruttata per l'inserimento
lavorativo. I lavori domestici sono per loro natu-ra ripetitivi
e per questo il mestiere della casalinga è noioso; si può
trovare in questa miriade di piccoli e grandi lavori, tanto utili
quanto noiosi, un'occupazione ai ragazzi con problemi di autismo.
Il vantaggio che presentano, oltre alla ripetitività e quindi
al fatto che, una volta ap-presi, possono essere svolti sempre allo
stesso modo, è anche quello di sviluppare l'attenzione, la
coordinazione oculo-manuale e bimanuale, tutte funzioni deficitarie,
ma su-scettibili di abilitazione nei soggetti con autismo. Naturalmente
è bene avere alcune piccole malizie per facilitarli, ad esempio
far pelare carote, patate e quant'altro con un pelapatate a paletta
e non col coltello, mondare i fagiolini col coltello e non con le
unghie, addestrare a pelare le carote prima delle patate, in quanto
queste ultime sono molto più difficili, sia per la tenacia
con cui la pelle è adesca alla polpa, sia per la sfericità
della patata contrapposta alla forma cilindrica della carota. Se
il "lavoratore" si impegna e lavora con continuità,
attenzione e piacere, bisogna lodarlo anche se, oltre alla vera
pelle, toglie mezza carota o mezza pata-ta. La raffinatezza di togliere
solo il necessario verrà dopo un lungo periodo di addestramen-to.
Forse non verrà mai, ma è lo stesso, dal momento che
le alternative a queste attività so-no stereotipie improduttive
o comportamenti ancor più indesiderabili. Sono ben altri
gli spre-chi da evitare. Tutto ciò naturalmente deve avvenire
non solo in casa propria, ma possibil-mente in un "posto di
lavoro": in un albergo, in un pensionato, in una cucina che
prepara pa-sti per il "catering" o altro luogo che il
giovane deve raggiungere a una certa ora, dopo aver fatto un certo
percorso per raggiungerlo, proprio come fanno i normali lavoratori.
Per un pe-riodo più o meno lungo dev'essere accompagnato
da un educatore, ma col tempo in molti casi questo può scomparire.
I suoi compagni di lavoro devono essere le persone che nor-malmente
lavorano in quell'albergo e così si scoprirà quante
risorse vi siano nella gente, an-che in quella senza nessuna specializzazione
di base, purché correttamente informata. Questi sono alcuni
suggerimenti per affrontare uno dei problemi più difficili:
come organizza-re la vita adulta dei soggetti con problemi di autismo
senza rinnegare quei valori a cui uffi-cialmente nessuno ha rinunciato
nella teoria, ma ai quali di fatto si rinuncia quotidianamente nella
pratica: la negazione del ghetto e la prosecuzione dell'integrazione
di tutti nella società di tutti.
Prof. Carlo Hanau
Presentazione del P.E.I.A.
[sommario]
Il P.E.I.A., Progetto Evolutivo Integrato Autismo, è un
modello di valutazione ed intervento sviluppato all'interno dell'Associazione
Il Filo dalla Torre, come sviluppo delle esperienze condotte negli
anni, nel contatto con i bambini ed i ragazzi autistici. Il modello
nasce, quindi, da riflessioni, studi ed elaborazioni di quanto conosciuto
fino ad oggi nel settore del ritardo mentale e dell'autismo, arricchito
da vissuti, esperienze e domande nate nel rapporto quoti-diano,
durante intensivi come i soggiorni evolutivi estivi ed invernali
e, più in generale, nel lavoro continuo e costante con i
bambini e le loro famiglie.
Alla base del P.E.I.A. vi è una nuova visione del bambino
autistico che lo vede protagoni-sta delle proprie azioni, presente
a quanto accade intorno a lui, per quanto non sia in grado di esternarlo,
di renderlo evidente agli altri, se non attraverso mezzi spesso
bizzarri, o poco conosciuti nella quotidianità.
La possibilità di osservare il comportamento del bambino
autistico con occhi diversi, aper-ti ad una lettura nuova e non
scontata, permette di riconoscere i continui messaggi che i bambini
c'inviano e di ritrovare in essi profondi vissuti emotivi, intenzioni
racchiuse e desideri sopiti.
Il Progetto prevede una fase iniziale d'osservazione e valutazione
del bambino e del con-testo familiare e la strutturazione, in seguito,
dell'intervento. Quest'ultimo si articola, essendo Globale, in tutti
i contesti di vita del bambino autistico e, ogni ambito coinvolto
viene integra-to e formato, in modo che il bambino possa usufruire
d'interventi omogenei e collegati. Inol-tre, alla base d'ogni intervento,
viene dato risalto ed importanza all'ascolto emotivo d'ogni persona
coinvolta e all'obiettivo di crescita ed evoluzione personale che
può essere perse-guito.
I servizi previsti dall'intervento PEIA in favore dei bambini
autistici e delle loro famiglie so-no i seguenti:
Osservazione e Valutazione
La valutazione prevede dai 5 ai 7 incontri della durata di un'ora
e mezza circa. Nel corso dei primi due incontri, viene effettuata
un'osservazione non strutturata del bambino, grazie alla quale si
valutano: 1. le modalità di relazione e di comunicazione,
sia nei confronti dell'ambiente di lavoro, che dell'operatore di
riferimento, le modalità di utilizzo degli oggetti; 2. le
stereotipie, i comportamenti sintomatici e quelli non comprensibili,
con un atteggiamen-to di apertura nei confronti di tutto quello
che il bambino può trasmettere e far conoscere, anche prima
di procedere alla somministrazione delle diverse prove.
Gli strumenti che vengono utilizzati sono la scala PEP-R o AAPEP,
a seconda che si tratti di bambini o di adolescenti e adulti, per
quanto concerne la valutazione funzionale. Le scale sintomatologiche
utilizzate sono: ABC, ERC-A, CARS. Inoltre, è possibile prevedere
l'utilizzo della check-list del Metodo Portage, il test LAP, il
test BAB, le scale sulla valutazione del lin-guaggio ricettivo ed
espressivo (TLR, TVL). E' previsto, per quanto riguarda la valutazione
delle autonomie e delle abilità definite integranti, l'utilizzo
di specifiche rating-scales.
Alla fine degli incontri di valutazione è previsto un colloquio
di restituzione che consiste nella presentazione ai genitori delle
osservazioni e delle valutazioni effettuate con il bambi-no, che
hanno permesso una maggiore conoscenza dei suoi punti di difficoltà
e delle risorse. Nel caso in cui le famiglie accettino di seguire
il programma proposto, si passa agli incontri di Parent Training
e alle Sedute Familiari.
Incontri familiari
Nella fase di valutazione, un consulente diverso da quello che
si occupa del Parent Training e del lavoro diretto con il bambino,
effettua dei colloqui familiari, con l'obiettivo di ri-costruire
la storia familiare e conoscere l'organizzazione della vita quotidiana
nel nucleo fa-miliare. Inoltre, una parte degli incontri è
dedicata alla storia del bambino e alla ricostruzione dei trattamenti
sperimentati fino a quel periodo. Successivamente, al termine degli
incontri di valutazione, la famiglia effettua Sedute Familiari periodiche,
parallelamente agli incontri di Parent Training, nei quali la famiglia,
con il sostegno del consulente, si avvicina alla scoperta della
dimensione più emotiva e relazionale tra tutti i componenti
del nucleo familiare, soste-nendo l'evoluzione di ogni membro al
suo interno.
Incontri di Parent Training
L'obiettivo degli incontri di Parent Training è quello
di definire una linea di intervento inte-grata, che riguardi in
particolare le seguenti aree: Comunicazione, autonomia, area cogniti-va,
area motoria, area relazionale, area dei comportamenti non comprensibili.
Un aspetto importante del Parent Training è rappresentato
dall'apertura di uno spazio, nel quale i genitori possono esplicitare
le loro richieste, puntando l'accento principalmente sulle difficoltà
che incontrano nella gestione, nella relazione e nella cura del
figlio. Al tempo stes-so, è indispensabile che i genitori
vengano riconosciuti per i risultati ottenuti nel lavoro svol-to,
in modo da porre l'accento sulle risorse proprie di ogni contesto
familiare.
Infine, un momento diverso è dedicato alla revisione degli
interventi che si svolgono nell'ambito familiare, raccogliendo i
risultati ottenuti, i dubbi, le difficoltà e le eventuali
strate-gie alternative che i genitori hanno elaborato nel corso
del tempo.
Interventi di consulenza domiciliare
Nella presa in carico del bambino e della famiglia, si ritiene
utile strutturare almeno un in-tervento domiciliare, per valutare
le risorse familiari e la possibilità di strutturare gli
ambienti di vita del bambino, secondo le sue necessità; inoltre,
una parte dell'osservazione è diretta alle relazioni tra
i membri della famiglia. Infine, per ogni consulente, la possibilità
di vedere ed entrare nel contesto familiare, in una maniera così
diretta, rende più semplice la possibili-tà di offrire
alla famiglia delle indicazioni sul lavoro da svolgere a casa con
il bambino o il ra-gazzo, avendo acquisito numerose informazioni
sugli spazi nei quali il bambino si muove.
Interventi di Consulenza Scolastica
Questo servizio, offerto privatamente o in forma convenzionata,
per le ASL che hanno accettato la richiesta di convenzionamento,
è rivolto ai bambini che frequentano la scuola materna o
elementare e per i ragazzi iscritti alla scuola media, e, più
raramente, a quella su-periore.
In tale contesto, lo stesso consulente che si occupa della famiglia,
struttura un lavoro graduale e progressivo con gli insegnanti coinvolti
nell'educazione del bambino o del ragaz-zo. Il fine dell'intervento
è quello di integrare il lavoro in più contesti, definendo
delle linee operative comuni, attraverso una programmazione ed una
valutazione periodica delle abilità acquisite dal bambino,
insieme all'opportunità di offrire un sostegno ed una guida
agli inse-gnanti, spesso disorientati nel rapporto educativo con
il bambino autistico.
Soggiorni, week-end, escursioni
L'associazione organizza ogni anno attività quali soggiorni
evolutivi estivi ed invernali, nei mesi di Giugno e Settembre, week-end
di valutazione e escursioni naturistiche. Queste atti-vità
sono tra le più importanti poiché offrono la possibilità
ai bambini di affrontare situazioni completamente nuove, sostenuti
dalla presenza di operatori o volontari specializzati e formati.
Interventi domiciliari privati ed in convenzione
In riferimento agli interventi diretti sui bambini, sin dai primi
anni dalla sua nascita, l'Associazione ha rivolto gran parte del
suo impegno nella formazione di operatori qualificati nell'intervento
con bambini autistici e nella gestione di situazioni limite. Al
giorno d'oggi tutti gli operatori che svolgono interventi riabilitativi
sono specializzati nel campo dell'autismo e del ritardo globale
dello sviluppo. La loro formazione è curata attraverso un
corso teorico-pratico, tenuto dai consulenti dall'Associazione stessa,
ed un tirocinio di 400 ore svolto in tutti gli ambiti d'intervento
(casa, scuola, ambulatorio e soggiorni evolutivi). Successivamen-te,
il lavoro svolto da ogni operatore è costantemente supervisionato,
sia attraverso colle-gamenti quotidiani tra l'operatore ed il consulente
supervisore, sia attraverso incontri mensili di supervisione tecnica
e relazionale.
Per l'Associazione Il Filo dalla Torre
Dott.ssa A. Onorati
(psicologa - responsabile)
Musicoterapia e Autismo
[sommario]
La Musicoterapia è una disciplina che si occupa del rapporto
che lega il suono all'essere umano, con l'intento di individuare
in esso specifiche metodologie e tecniche di intervento, il cui
fine sia quello di migliorare la salute psicofisica di coloro ai
quali si rivolge.
Per il raggiungimento di tal fine, la musicoterapia mira alla
creazione di una relazione tra musicoterapista e paziente/i che
si articola e solidifica attraverso l'apertura della relazione corporeo-sonoro-musicale.
Il suono e la musica, quindi, vengono utilizzati come tramite per
aprire canali comunicativi, incrementare la creatività, sviluppare
capacità relazionali, elabo-rare bisogni e vissuti attraverso
cui perseguire obiettivi specifici. In alcuni casi i bisogni del
paziente sono indagati direttamente attraverso l'uso degli elementi
della musica, in altri, vengono analizzati attraverso i rapporti
interpersonali che si sviluppano tra il musicoterapista e il paziente/gruppo
di pazienti.
La musicoterapia per la persona autistica va inserita in una visione
riabilitativa di tipo glo-bale, in stretta connessione con le altre
aree di intervento. E' quindi necessario che il tratta-mento musicoterapeutico
venga inserito all'interno di un lavoro di équipe, che lo
armonizzi all'interno del progetto globale formulato per il paziente
autistico.
Il primo contributo offerto dalla musicoterapia, già presente
nei suoi obiettivi specifici è quello di essere di supporto
a tale progetto, in quanto facilita le istanze comunicative del
pa-ziente andando ad agire sulla sfera relazionale.
Le osservazioni effettuate nel corso del trattamento musicoterapeutico
consentono all'équipe una rilettura dei comportamenti e delle
acquisizioni del paziente in aree e ambiti che risultano meno visibili
in altri trattamenti: il musicoterapista può fornire all'équipe
curante un'indagine qualitativa delle espressioni della persona
autistica che nell'ambito musicotera-peutico e non verbale hanno
la possibilità di vivere uno spazio di contenimento in cui
espri-mersi globalmente attraverso il contesto corporeo-sonoro-musicale.
Anche nel gruppo scuola, dove l'integrazione del bambino autistico
è complessa perché i canali comuni differiscono notevolmente
da quelli da lui utilizzati, è possibile attivare percorsi
musicoterapeutici che si pongano anche come sostegno al bambino
autistico e agli inse-gnanti, cercando di cogliere il senso dell'agito
della persona autistica, spesso difficile da comprendere, così
da favorire il processo di integrazione.
Bibliografia
- Benenzon R. O., Manuale di Musicoterapia, Borla, 1992, Roma
- Benenzon R. O., Autismo e Musicoterapia, Phoenix, 1995, Roma
- Benenzon R. O., La Nuova Musicoterapia, Phoenix, 1998, Roma
- D'Ulisse M. E., Polcaro F., Autismo e Musicoterapia, Phoenix, 2000, Roma
Dott.ssa Federica Polcaro
Associazione P.L.A.I.M.
Oikos, una casa per vivere
[sommario]
L'associazione "OIKOS - una casa per vivere" si è
costituita il 4.2.1997, ne fanno parte cinque soci fondatori e nove
soci ordinari, tutti genitori o fratelli di persone autistiche.
La se-de legale è Piazzale Hegel, 20 Roma. Il Presidente
è Francesca Trionfi, tel. 06/86890113.
L'Associazione non ha scopo di lucro, è apartitica, apolitica
e aconfessionale. Ha lo sco-po esclusivo di dare assistenza e aiuto
a persone autistiche, realizzando case alloggio, case famiglia,
residenze protette e centri diurne dando formazione, alle istituzioni
e alle famiglie che lo richiedano, rispetto alla valutazione e l'intervento
su persone autistiche
Nel corso del 1998 l'Associazione Oikos si è impegnata
a realizzare una prima "residen-za protetta" in grado
di ospitare permanentemente fino a otto persone adulte che presenta-no
la sindrome dell'autismo o sindromi psichiche correlate. Questa
prima struttura, inaugura-ta il 19 Novembre 1998, ospita attualmente
sette persone. Dell'assistenza, l'educazione, l'intervento si occupano
quattordici operatori specializzati, tra psicologi e educatori formati
rispetto alla sindrome autistica e un addetto alla cucina e alle
pulizie.
La struttura è sita in via del Fosso di Santo Spirito 60
(zona Boccea) Roma, il telefono è 06/30998365 06/30993728
è composta da otto camere, soggiorno, cinque bagni, cucina,
giardino, e un grande terrazzo. Il servizio è in convenzione
con il Comune di Roma.
I nostri prossimi obiettivi sono:
- La realizzazione di una nuova Residenza Protetta che sia in
grado di ospitare bambini e adolescenti per brevi o lunghi periodi
le cui famiglie si trovino in situazioni di emergenza, oppure
in preparazione di un futuro inserimento in residenza protetta.
L'obiettivo resta in tutti i casi: sostenere ragazzi per evitarne
l'istituzionalizzazione preco-ce; sostenere la famiglia per evitarne
il burn - out.
- Creare un Centro Polivalente che si possa occupare della persona
con auti-smo sotto l'aspetto psicologico (con interventi riabilitativi)
e medico con una équipe di medici specialisti (dentista,
ortopedico, etc.).
La Presidente Francesca Trionfi
Lo Psicologo Dott. Marco de Caris
Riflessioni sull'esigenza di uno Sportello Informativo
[sommario]
Accogliendo il gradito invito da voi rivolto al mondo culturale
e scientifico romano, sulle gravi questioni che saranno oggetto
del vostro dibattito, ci permettiamo, come Associazione gestore
ormai da tempo di un noto esperimento di Casa Famiglia, di inviare
una breve nota di riflessione sull'argomento.
L'importanza della vostra idea di una serie di servizi - sportello
di informazione ed inter-vento sulle patologie autistiche, ci appare
chiaramente confermata da una serie di dati:
l'isolamento, a volte tragico, in cui, nonostante i grandi sforzi
di amministratori e tecnici comunali, versano ancora a Roma numerosi
nuclei familiari investiti dal problema; isolamen-to causa di mali
infiniti, primo tra tutti, come noto, la marginalizzazione e patologizzazione
dell'intero nucleo familiare;
l'emergere, al di là dei casi clinicamente conclamati e
terapeuticamente seguiti, di un dif-fuso malessere sociale con presenza
di numerose patologie di frontiera, spesso borderline, non minimamente
accertate e riconosciute come autistiche, e non distinte quindi
dalle piu' generali nevrosi di massa, da cui però nettamente
divergono per intensità ed esito;
lo scoordinamento in cui esperienze pubbliche e private, anche
di notevole valore, agi-scono, per mancanza di punti informativi
ed esperienziali sul territorio, che introducano l'abitudine allo
scambio di informazioni e di metodologie cognitive e terapeutiche.
Su tutti questi problemi, qui affrontati in grandissima linea di
approssimazione, non pos-siamo che ribadire la positività
di un possibile schema di intervento ad opera di sportelli sull'argomento,
aperti allo scambio di idee, ma soprattutto monitors del mondo sommerso
delle problematiche cittadine sull'autismo.
La sensibilità che abbiamo in questi anni riscontrato nella
pubblica amministrazione ro-mana, ad opera soprattutto del Consigliere
Delegato Dr.ssa Argentin, è credo per tutti ga-ranzia dell'impegno
che il governo della città va riversando sull'iniziativa.
Il resto sarà dei soggetti sul territorio, noi compresi:
enti, famiglie, gruppi, istituzioni, che non faranno certo mancare
appoggio fattivo.
All'Associazione degli Argonauti, ideatori dell'iniziativa, va
quindi il nostro piu' caro e rico-noscente saluto.
Alfredo Barbagallo
Associazione Giocoincasa
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