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cascina rossago
(tratto da marieclaire, 1999)


convegno "autismo: disagio sociale e servizi"
(tenutosi a roma, 27-10-2000)


la casa d'oro
(comunità riabilitativa, 2002)


la cittą del sole
(tratto da marieclaire, 1999)


progetto integrazione
(gli argonauti, 1999)


una casa per vivere
(tratto da marieclaire, 1999)

 

 

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CONVEGNO "AUTISMO: DISAGIO SOCIALE E SERVIZI"

tenutosi a Roma il 27-10-2000
organizzato dagli Argonauti con il Patrocinio del Consigliere Delegato del Sindaco per i Problemi per l'Handicap

 

sommario

relazioni
-
Meloni F. Presentazione
- dott.ssa Dema A.M. L'Autismo ed il diritto all'istruzione
- dott.ssa D'Orso M. Un'esperienza di accordo di rete nell'ambito scolastico
- dott. Gangere F. Le Problematiche degli Adulti Autistici
- Gregori R. Associazione come casa comune
- dott. Mona A. Progetto informAutismo: pluralità di nodi per una rete informativa
- Roggi Liberatore D. Considerazioni relative al nuovo "Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali"
- Tirico L. Essere genitore nella 'realtà sociale' dell'Autismo

comunicazioni
- dott. Bianchi F., dott.ssa Di Renzo M. Un approccio psicopedagogico al bambino autistico
- dott. De Francesco A. Handicap, disabilià invalidità: alla ricerca di una definizione di un'integrazione dis-integrata
- dott. Hanau C. Le molte valenze del lavoro
- dott.ssa Onorati A. Presentazione del P.E.I.A.
- dott.ssa Polcaro F. Musicoterapia e autismo
- dott.ssa Trionfi F., dott. De Caris M. Oikos, una casa per vivere
- dott. Barbagallo A. Riflessioni sull'esigenza di uno Sportello Informativo

 

 

Presentazione
[sommario]

Gentili Signore e Signori,

benvenuti a questo incontro che ha per tema "Autismo: disagio sociale e servizi".

Perché autismo, perché disagio sociale, perché servizi. In questi tre inter-rogativi è racchiuso e contenuto il senso del nostro ritrovarci qui oggi.

L'autismo è una sindrome, un disturbo, di particolare complessità, a causa della sua peculiare eterogeneità teorica, diagnostica-clinica e terapeutica: in ciascuno di questi ambiti c'è, a tutt'oggi, ancora grande disaccordo ed elevati livelli di polemica tra gli addetti ai lavori, nonostante i grandi sforzi della co-munità scientifica tutta ed il proliferare di iniziative e di interventi a diversi li-velli.

Complessità dunque che, spesso, nella "quotidianità" dell'autismo, nella difficoltà che giorno per giorno vivono i disabili, le loro famiglie, gli operatori e le strutture di assistenza socio sanitaria, si manifesta solo come confusio-ne. Confusione non certo per gli uomini di scienza, abituati per mestiere a navigare tra i flutti delle ipotesi, delle teorie e dei modelli; confusione quindi non per il ricercatore, ma per i genitori, per le famiglie, per gli operatori e per chi, a qualunque titolo, lavora o si trova a diretto contatto con una realtà so-ciale altamente contraddittoria quale è quella dell'autismo.

Le statistiche riportano che l'incidenza sulla popolazione generale del di-sturbo autistico è di circa 5 individui affetti su 10.000: descritto così parreb-be un disturbo neanche tanto diffuso ed anzi, rispetto ad altri, non poi così ri-levante. Le statistiche, però, non tengono conto della realtà sociale, non considerano che dietro e intorno ad ogni autistico vi è una famiglia, spesso diversi operatori, i servizi socio assistenziali, le ASL, la scuola, il gruppo dei pari e via dicendo, a disegnare una serie di cerchi concentrici che dal sog-getto portatore di disturbo si allarga a macchia d'olio, estendendosi sulla re-altà sociale circostante. Ciascuno di questi cerchi, a suo modo, riflette ed esprime un disagio, traducibile di solito in termini di confusione e frammenta-zione.

Come trasformare la complessità del fenomeno "autismo" in una risorsa, piuttosto che in una fonte di disorientamento, di ambiguità o di inazione?

Informazione; informazione e comunicazione. Comunicazione vuol dire in-formazione. L'informazione è alla base della cultura e solo dove c'è cultura e informazione c'è libertà. Libertà di scelta all'interno della complessa realtà sociale dell'autismo. E' questo il senso del progetto informAutismo di cui il Convegno di oggi è la seconda tappa: la prima è stata la costituzione della BMA, la Biblioteca Multimediale Autismo, di cui parlerà più estesamente il presidente de "Gli Argonauti", il dott. Arturo Mona. Il progetto informAutismo è finalizzato alla trasmissione di informazioni sui servizi per l'autismo. Il sen-so del Convegno è dunque quello di offrire una panoramica a ventaglio sui diversi ambiti sociali coinvolti nelle problematiche dell'autismo.

Lascio dunque spazio alle relazioni e passo la parola a Luciana Gennari, dell'associazione UHFA, nonchè presidente della Consulta Handicap della XII circoscrizione; Luciana Gennari è una persona che non ha bisogno di presen-tazioni, molto conosciuta sia per il coraggio e la concretezza del suo impe-gno sociale in tema di disabilità sia per la combattività con la quale propone e porta avanti, con successo, le sue iniziative; sarà lei la moderatrice degli interventi e del successivo dibattito.

Grazie

Fabio Meloni  
associazione onlus  
Gli Argonauti  

 

 

L'Autismo ed il diritto all'istruzione
[sommario]

In qualità di referente del G L H - Ufficio Studi e Programmazione del Provveditorato

illustrerò sinteticamente i servizi che questo settore istituzionale offre.

Introdurrò la relazione sulla sperimentazione in atto nella scuola elementare statale "Col-lodi" del 3° Circolo di Anzio; fornirò i dati relativi agli alunni in situazione di handicap diagno-sticati come autistici.

Parto da quest'ultimo punto. In totale sono presenti nei quattro ordini di scuola 157 alunni autistici così distribuiti:

scuola materna 11,

scuola elementare 53,

scuola media 78,

scuola superiore 15.

Si registra un'incidenza del sesso maschile pari a circa l'80%.

L'autismo viene codificato come disturbo generalizzato dello sviluppo all'interno di una categoria più ampia definita disturbo globale dello sviluppo che include altri tipi di handicap.

Questi dati vanno inseriti in un quadro più generale di una popolazione totale di 10.513 alunni in situazione di handicap che frequentano i diversi ordini di scuole di Roma e provin-cia. Il dato totale indica un progressivo aumento degli alunni rispetto agli anni precedenti, in particolare nella scuola superiore e ciò ci induce ad un'attenta riflessione.

Se da una parte l'aumento è indicativo di una certa utenza, dall'altro è innegabile la diffi-coltà in cui versa la stessa utenza che dispone di una legislazione all'avanguardia ,ma non certo dei corrispettivi servizi ad essa legati.

Il G L H si pone come gruppo tecnico di consulenza che valuta le difficoltà della scuola e si offre come supporto e come mediazione tra le varie agenzie educative (famiglia, scuola, territorio) per situazioni disfunzionali nella prospettiva di una migliore offerta formativa.

L'analisi della documentazione inviata dalla scuola e la proposta del fabbisogno della ri-sorsa sostegno sono solo una fase della più ampia attività di supporto e consulenza dell'Ufficio. Questo gruppo di lavoro promuove attività di ricerca -azione per l'analisi di fe-nomeni specifici e di nuove modalità di formazione dei docenti. Cura, inoltre il monitoraggio nella valutazione e nel coordinamento delle esperienze di rete anche a livello interistituzionale.

Ne deriva da tutto ciò la necessità di riformulare interventi più mirati in termini di qualità che di quantità, diventa essenziale la divulgazione delle sperimentazioni in atto nelle varie scuole affinché diventino modelli esportabili nei diversi contesti con il coinvolgimento di tutti gli operatori scolastici e territoriali.

Si vuole così promuovere l'educazione individualizzata con percorsi, modalità e tempi che tengano conto delle abilità del singolo e non il rapporto individualizzato che vede l'alunno in situazione di handicap affidato all'insegnante di sostegno come unico responsabile. Costui deve diventare il promotore di progettualità inerenti la didattica individuale a cui hanno diritto gli alunni in situazione di handicap per offrire occasioni di sviluppo.

La flessibilità, una diversa articolazione delle discipline, in sintesi nuovi modelli organizza-tivi sono gli elementi indispensabili per l'integrazione nella scuola dell'autonomia.

Tutto ciò implica un costo non solo in termini di impegno da parte di risorse umane ,ma anche di moneta.

A questo risponde il M.P.I.che finanzierà direttamente le scuole ,attribuendo il 75% dei fondi per l'avvio di contratti d'opera e la realizzazione di progetti.

Il Provveditorato sta inoltre predisponendo l'attivazione di Corsi di Alta Qualificazione per insegnanti di sostegno e Corsi di Specializzazione per gli insegnanti curriculari .

Non vanno sottovalutate le risorse territoriali che non si configurano solo negli operatori riconosciuti come assistenti educativi di base ma anche negli obiettori di coscienza e nei vo-lontari di varia appartenenza.

Concludo senza soffermarmi su riferimenti normativi, vi invito invece ad incontrarci nei nostri uffici o nelle vostre realtà per promuovere la cultura di rete non solo multimediale, ma anche umana fatta di sincera condivisione e corresponsabilità.

Lascio ora la parola alla dirigente scolastica dott.ssa D'orso M. Teresa che vi illustrerà l'esperienza della sua scuola realizzata con i finanziamenti sulla sperimentazione L.104/92 e che vede coinvolte altre otto scuole sullo stesso tema dell'Autismo.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Dott.ssa Anna Maria Dema  
Provveditorato agli Studi di Roma  
G.L.H. - Ufficio Studi e Programmazione  

 

 

Un esperienza di accordo di rete nell'ambito scolastico
[sommario]

Questa relazione si struttura sulla base dei risultati del Gruppo Sperimentale su 'Autismo e/o ritardo cognitivo grave', fondato sull'accordo di rete tra dieci scuole della provincia roma-na a partire dal 1997.

L'impegno del Provveditorato agli Studi di Roma in quell'anno si sostanzia nel ricercare scuole che:

a) avessero intrapreso un percorso metodologico sperimentale con un organismo esterno (Associazione "Il Filo dalla Torre");

b) avessero realizzato una forte intesa con le famiglie;

c) presentassero alunni con handicap grave e/o autismo nei confronti dei quali veniva uti-lizzato l'approccio TEACCH, sotto la guida di operatori esterni.

Il tema "Autismo" era stato già affrontato dall'Ufficio provinciale nel precedente anno (1996/97) con la realizzazione di un corso di aggiornamento organizzato in collaborazione con tre associazioni che attivamente lavorano nella sindrome ed avevano seguito percorsi inizialmente similari per poi distaccarsi nella specificità dell'approccio.

Il confronto attivo fra le modalità di intervento, presentate da "Il Filo dalla Torre", "Anni Verdi" e l'"Angsa", ha consentito la gestione, da parte dei corsisti e dei genitori presenti, di una panoramica generale sul tema autismo, liberato dalla falsa credenza di stato di handi-cap determinato da condizioni psico-familiari, per ricondurre il tutto a componenti organiche (fase di studio).

La positiva esperienza avuta nel corso degli incontri ha ingenerato un forte movimento di ricerca tra i docenti e le scuole partecipanti, avvalorando forse nello stesso Ufficio Studi e Programmazione del Provveditorato di Roma la tesi che il confronto di itinerari e la "narra-zione" di ricerche attuate arricchissero il bagaglio di ciascuno, giungendo anche all'attivazio-ne delle risorse professionali e all'acquisizione di conoscenze accertabili da parte degli a-lunni con handicap.

Successivamente al momento formativo si realizzò una fase caratterizzata da un primo approccio tra le scuole di Roma e Provincia che avessero già in qualche modo maturato al-cune competenze e che intendessero procedere nel processo di ricerca-azione.

Gli incontri consentirono la definizione dell'"atto costitutivo" della rete, sostanziato nella produzione di uno schema programmatorio vero e proprio, strutturato in accordo con l'Asso-ciazione "il Filo dalla Torre", nell'individuazione della scuola referente e nella scansione dei momenti di verifica/confronto.

Le finalità proposte dal gruppo sperimentale possono essere così enunciate:

>uscire dall'isolamento delle singole realtà scolastiche relativamente al "problema handi-cap";

>favorire un approccio didattico con organismi specialistici esterni alla scuola;

>consolidare i percorsi di ricerca già attivati incrementando le esperienze;

>implementare i percorsi produttivi, introducendo il principio della comunicazione tra scuole;

>"dare voce" ai docenti, fornendo loro gli strumenti per essere protagonisti del percorso di ricerca-azione;

>realizzare un contesto aggregativo di Istituzioni Scolastiche per l'informazio-ne/formazione, la documentazione, il monitoraggio e il supporto.

A conclusione del primo anno, il passaggio di alunni da un ordine all'altro ha determinato l'interruzione del percorso attivato (tre scuole escono dalla sperimentazione).

la mancanza di forme di continuità verticale sostanziale ha rappresentato il punto di debo-lezza, carenza che neanche il progetto è riuscito a contenere, nonostante proprio l'imple-mentazione alle scuole "a venire" fosse una caratteristica analizzata.

Emergono i limiti posti da un contesto territoriale estremamente ampio e variegato (città di Roma), che appaiono invece facilmente superabili in ambiti più ristretti (scuole della provin-cia).

Le scuole si incontrano mensilmente presso l'Ufficio Studi e Programmazione del Prov-veditorato agli Studi di Roma, alla presenza dei responsabili dell'ufficio, del Dirigente Scola-stico della scuola referente.

I docenti, di volta in volta, "narrano" ai colleghi l'esperienza, realizzando un confronto vivo e costruttivo e ponendo gli elementi per cambiamenti continui in itinere.

Struttura degli interventi dell'azienda esterna

La formazione: caratterizzata da una fase teorica in orario extrascolastico destinata a do-centi inseriti nel processo di ricerca-azione e a docenti interessati al "passaggio del caso". In questa fase vengono anche mostrati filmati relativi ad attività scolte in orario scolastico con gli alunni con handicap. Spesso sono proposti lavori interattivi (simulate, role-playing) volti a favorire la nascita di uno spazio di scambio e confronto.

La consulenza: momento di formazione "sul campo" svolto durante l'attivtà scolastica. Si rivolge solo ai bambini inclusi nella ricerca e ai docenti direttamente coinvolti nel lavoro con loro.

Gli appuntamenti annuali

A conclusione di ciascun anno sperimentale si realizzano incontri/dibattito al fine di condi-videre l'esperienza e riprogettare il percorso.

i contesti generali di riferimento subiscono notevoli modifiche, date dai progressi degli a-lunni, dal mutamento positivo del clima scolastico ed extrascolastico, dall'esigenza di am-pliare le conoscenze.

Le attività consortili, nate inizialmente come approccio ad un sistema integrato di intervento, evidenziano la domanda di allargamento ad altre tecniche e/o metodologie da sperimentare e monitorare.

Dott.ssa Mariateresa D'Orso  
3° Circolo Didattico (Anzio)  

 

 

Le Problematiche degli Adulti Autistici
[sommario]

L'unità Disabili Adulti III Distretto dell'A.S.L. RM A si occupa di assistere i portatori di han-dicap tra i 18 anni e 65 anni della III Circoscrizione. Il servizio è stato istituito nel 1986, il no-stro bacino di utenza è formato principalmente da soggetti che ci vengono inoltrati dal Dipar-timento Materno Infantile e da un congruo numero di persone che diventano portatori di handicap in età adulta. All'inizio della nostra attività più del 50% degli assistiti era composto da soggetti con insufficienza mentale e problematiche di tipo psichico. Attualmente il rappor-to si è notevolmente invertito su 200 casi assistiti più della metà ha problematiche motorie acquisite in età adulta.

La nostra unità fornisce molte prestazioni in collaborazione con il Comune di Roma : l'assistenza domiciliare, i soggiorni estivi, case-famiglia, oltre ad intervenire direttamente per i campi socio-psico-sanitari inerenti al portatore di handicap.

Nella nostra esperienza la problematica autistica è spesso entrata in maniera non diretta in quanto, qui entriamo nel primo problema reale, diagnosticamente la competenza clinica dovrebbe essere dei Dipartimenti di Salute Mentale. Se ci atteniamo alla valutazione clinica attuale l'autismo è un problema di tipo psichico e quindi come tale anche un autistico adulto dovrebbe essere assistito dal D.S.M.. Ora spesso nelle diagnosi di autismo dell'invalidità ci-vile viene riportata la dizione oligofrenia o insufficienza mentale in soggetto autistico questo determina una difficoltà di collocazione chiara in riferimento al servizio di competenza. Que-sto mio dilungarmi in questa problematica che sembra esclusivamente burocratica è in real-tà il voler porre un aspetto, secondo me, molto importante di affrontare un reale problema che pone spesso dei limiti alle risposte possibili. Il mio servizio, come detto, si occupa, negli ultimi tempi, di problematiche più motorie, questo determina anche tipi di scelta di risposte che possano essere condivise dal maggior numero di utenti quindi sembra molto evidente che un soggetto portatore di handicap motorio ha bisogno di risposte diverse da un soggetto autistico, allo stesso tempo il D.S.M. ha un'utenza anche qui spesso diversa dalle problema-tiche autistiche ecco perché secondo me l'autismo diventa molto difficile da collocare in fase adulta. Determinando una specie di isola non felice anche nel campo assistenziale. Questa confusione di collocazione non ha permesso per fortuna l'isolamento e l'emarginazione per una problematica già isolata ed emarginata, nel nostro servizio grazie alla disponibilità e col-laborazione e professionalità degli operatori.

Entrando più nel merito del problema possiamo dire che nella nostra esperienza spesso abbiamo problematiche di tipo autistico d'innesto, ovvero in soggetti con insufficienza mentale si sommano comportamenti autistici . Questo determina chiaramente una difficoltà maggiore nel proporre risposte valide e problematiche maggiori per le famiglie. Il nostro in-tervento risulta più facile per ciò che riguarda le attività di tempo libero con l'inserimento nei laboratori e soggiorni estivi ma assume difficoltà notevoli per interventi nella formazione e nei tirocini di lavoro, in quanto ci è molto difficile trovare situazioni idonee per l'inserimento lavorativo o per la formazione professionale.

Vorrei sottolineare l'importanza dei laboratori per l'inserimento psico-sociale di questi soggetti. Nel nostro servizio siamo riusciti a creare questo tipo di intervento grazie al volon-tariato, che ci ha permesso 5 anni fa di far nascere un laboratorio teatrale che ha avuto delle buone risposte per questo tipo di problematiche, in quanto il sentirsi partecipi di uno spetta-colo teatrale con l'insegnamento di tempi teatrali e del controllo corporeo ha sviluppato delle buone capacità ed apertura in questi soggetti. Quest'anno, grazie alla partecipazione eco-nomica della III Circoscrizione siamo riusciti a realizzare cinque laboratori di attività socio-riabilitative (musica, teatro, fotografia, ceramica, cucina) con l'inserimento di molti di questi casi con buoni risultati sia dal punto di vista terapeutico che riabilitativo. Mi soffermo su que-sta esperienza perché ritengo che sia una delle migliori risposte che il Servizio pubblico debba garantire a problemi di questo tipo , in quanto oltre che dare reali possibilità a questi soggetti di migliorare le proprie capacità, contribuisce ad alleviare il peso giornaliero alle fa-miglie. Purtroppo la precarietà di queste attività rende tutto più difficile in quanto non sempre le istituzioni sono disposte a spendere per questo tipo di attività rendendo tutto molto transi-torio e mai definitivo anche perché queste attività sono esenti da tickets e quindi non rendo-no economicamente alle Aziende.

Un altro aspetto importante è il futuro di questi soggetti. Il numero delle case famiglie è ancora troppo esiguo rispetto alla necessità, la creazione di questo tipo di opportunità cree-rebbe anche per le famiglie una maggiore tranquillità nell'affrontare la obbligata realtà della vecchiaia.

In conclusione una maggior chiarezza in relazione alla collocazione diagnostica potrebbe favorire una maggior qualità nelle risposte creando anche per gli utenti e le loro famiglie una minore fatica e confusione oltre che paura di vederli crescere, per non affrontare chi li segui-rà dopo i 18 anni.

Anche per questo in riferimento a questa iniziativa è senz'altro utile quando diviene parte collaborativa e di spinta per i Servizi Pubblici, in quanto un coordinamento dei dati e delle in-formazioni può dare delle opportunità maggiori a queste persone e alle loro famiglie ed ai servizi che se ne occupano nell'affrontare la pesante e difficile quotidianità che queste pro-blematiche originano.

Dott. Francesco Gangere  
(Unità Disabili Adulti - III Distretto - ASL RM/A)  

 

 

Associazione come casa comune
[sommario]

Una vera e propria emergenza sociale si sta determinando nel quotidiano collettivo ed è l'assenza o l'insufficenza dei servizi sociosanitari integrati. Le famiglie ed i loro bilanci si stanno sempre più caricando di tutte le situazioni altamente problematiche per la complessi-tà tecnica e drammatiche per l'emozionalità che procurano. La gestione di un soggetto con problemi, il più delle volte viene lasciata all'affetto familiare, o, alla solidarietà dei vicini o del-la comunità locale. Si pensi al dramma di una famiglia in cui vive un disabile.

Nonostante le competenze siano da molto tempo passate alle Regioni, queste ultime hanno emanato una serie di leggi e leggine, disomogenee, occasionali e povere di risorse. In compenso in oltre 100 anni dalla prima Legge sull'assistenza, si sono cumulate una infini-tà di competenze, tra le quali è veramente difficile districarsi, anche da parte di chi è diret-tamente interessato alle risposte. Una trattativa che le famiglie sono costrette ad ingaggiare dagli incerti risultati, che inizia dall'insorgere dell'handicap fino alla morte.

Nessuno sa, in Italia e sembra nemmeno in Europa quali e quanti siano i disabili. I dati non sempre sono reperibili e spesso non sono affidabili. Un grande sforzo viene profuso dal-la scienza medica per la sopravvivenza a volte veramente difficile del disabile per poi passa-re ad un progressivo e inarrestabile abbandono.

Se un bambino sa dove andare a scuola, se tutti conoscono un pronto soccorso vicino, chi ha un figlio handicappato può avere molte risposte, qualche risposta, nessuna risposta. Molto dipende dalla Regione, dal Comune, dall'età del bambino dalla sua disabilità in una precarietà assoluta.

Le risposte sociali, quali servizi alla famiglia, l'assistenza scolastica, i servizi per l'accoglienza diurna o quella residenziale, le strutture per l'integrazione sociale, sono affida-te alle politiche regionali in ordine sparso.

Nei territori occorre fare unità tra i vari interventi, avendo per centro e corresponsabile delle risposte, la persona disabile per tutto il corso della sua vita.

La prospettiva futura è positiva nonostante le difficoltà odierne. La " Grande Riforma" dei servizi alla persona può avere qualche chance di riuscita se discussa, partecipata, condivisa da tutte le forze politiche, culturali e sociali del paese.

E' arrivato il momento di un grande movimento che, raccogliendo le istanze di molti abbia la capacità di esigere, ma anche di proporre. E' giunto il momento di farsi promotori di rispo-ste senza paura di affrontare dialettiche, mediazioni o ritardi.

Le Associazioni di volontariato devono qualificarsi: non è più per fortuna il tempo delle associazioni di volontariato assistenziale che usavano l'handicappato per i propri scopi eco-nomici o politici o in cui le "Gentili Signore" avevano il modo di fare la loro buona azione quo-tidiana, scaricare la coscienza e acquistare prestigio.

Oggi ci sono gli strumenti per cui viene data una particolare attenzione alla formazione e informazione dei volontari con particolare attenzione alle ragioni che motivano l'impegno del volontariato e le tecniche dell'intervento.

Le attività formative costituiscono uno degli strumenti fondamentali per sostenere la cre-scita autonoma delle nuove organizzazioni di volontariato, per offrire servizi sempre più qua-lificati e mirati, per creare un tessuto solidale che dia l'opportunità alle persone di riappo-priarsi della propria cittadinanza.

Un grande personaggio Antonio Gramsci diceva che le idee vere sono quelle che si pos-sono realizzare.

Far crescere nelle persone disabili e nelle loro famiglie la consapevolezza dei propri diritti è una idea vera.

Rita Gregori  
Consulta Handicap  
X Circoscrizione  

 

 

Progetto informAutismo: pluralità di nodi per una rete informativa
[sommario]

Comunicazione ed informazione sono sinonimo di democrazia. Alla base della libertà vi è la conoscenza delle potenzialità che si hanno a disposizione. Nella quotidianità dell'Autismo, la democrazia è un obiettivo troppo spesso disatteso. Infatti le informazioni sono preziose. E non solo in quanto utili risorse, ma sono preziose poiché costano. Costano tempo, volontà, ricerca.

A Roma le proposte e gli interventi per l'Autismo sono spesso contraddittori e comunque solo relativamente pubblicizzati. La difficoltà ad inquadrare questa categoria diagnostica in modo unitario amplifica le difficoltà pratiche di chi ne è coinvolto (utenti, familiari, operatori, terzo settore, istituzioni sanitarie, sociali e scolastiche). I consumatori finali di una tale con-fusività sono le persone autistiche e le loro famiglie, alle quali spetta il compito di districarsi in questa complessa "realtà sociale".

 

 

Iniziativa Progetto informAutismo

Su queste considerazioni di base, come associazione stiamo portando avanti il Progetto informAutismo, che ha come obiettivo la costituzione di punti informativi gratuiti sui servizi e sugli aspetti legislativi relativi alle persone autistiche ed alle loro famiglie. Proponiamo una mappatura dei servizi comprensiva di informazioni dettagliate sulla tipologia e sull'accessibilità degli interventi. Intendiamo inoltre fornire indicazioni sugli aspetti legislativi e burocratici concernenti l'autismo.

E' al momento attivo in via sperimentale uno sportello dislocato in XII Circoscrizione, dove l'Associazione Club HAMICI ha messo a nostra disposizione una stanza per la realizzazione di questo servizio.

 

 

Trasmissione di informazioni

Trasmettere informazioni non vuol dire semplicemente mettere a disposizione informa-zioni. Non basta, secondo noi, raccogliere mucchi di dati, di normative, di iniziative ben ar-chiviate. Sì, perché a quel punto che si fa? Si aspetta che il genitore, l'operatore o un re-sponsabile di una certa struttura si presenti a interrogarlo?

No. Trasmettere informazioni vuol dire essere uno dei (si spera) tanti nodi informativi im-pegnati nel raccogliere, ma anche nel distribuire attivamente le informazioni disponibili. Piut-tosto che un grande archivio centrale, le efficacia di una rete informativa risiede nella snel-lezza e rapidità di passaggio di informazioni attraverso differenti punti informativi.

La proposta dell'informAutismo parte dalla consapevolezza che la costituzione di uno sportello informativo non può nascere dalla pretese di essere LO sportello informativo. In quest'ottica prendiamo a prestito dalle scienze sociali il concetto ampiamente usato di lavoro in rete.

 

 

Comunicare è collaborare

La situazione romana per l'Autismo vede in scena una ampia gamma eterogenea di teo-rie, ricerche, interventi e proposte. Se da un lato tutto ciò può essere fonte di confusione e disorientamento, d'altro canto, all'interno di un tessuto informativo ricco e differenziato, le di-versità diventano la grande risorsa della "realtà sociale" dell'Autismo ed il presupposto per quella libertà di scelta che caratterizza il concetto di democrazia.

Pertanto, la collaborazione fra i differenti "nodi" coinvolti dalla problematica dell'Autismo si configura come conditio sine qua non per la realizzazione di produttivi scambi e confronti.

 

 

Sportelli informativi e tecnologie

Uno dei grandi vantaggi della Comunicazione Mediata da Computer, ed in particolare via Internet, è l'accessibilità dei suoi contenuti: consultare un sito aggiornato non è impegnativo come spostarsi dal proprio paese fino a Roma, o peggio ancora spostarsi attraverso Roma.

Così, stanno prendendo sempre più piede iniziative, soprattutto in lingua inglese, volte appunto alla diffusione di informazioni sull'Autismo.

Per questo motivo, all'interno del Progetto informAutismo abbiamo attivato una serie di servizi via Internet:

  • sportello informativo, che a breve sarà munito anche di un motore di ricerca inter-no, attraverso cui è possibile ricercare le informazioni inerenti normative e servizi;
  • biblioteca multimediale, un ricco e articolato archivio di ricerche italiane o comun-que tradotte in italiano che affronta differenti aspetti della realtà dell'Autismo
  • mailing list informautismo, un circolo epistolare tramite cui in tempo reale ci si scam-bia informazioni, richieste e suggerimenti con tutti gli iscritti alla lista (ovviamente l'iscrizione è gratuita)
  • Autismo 05/01, stiamo raccogliendo contributi per un convegno via Internet che avrà luogo, metaforicamente parlando, nel prossimo maggio 2001.

Ringrazio tutti per la partecipazione a questo Convegno che vuole essere un punto di partenza per nuove modalità di gestione della trasmissione di informazioni e supporto ad ini-ziative, proposte e servizi disponibili all'interno questa intricata e complessa "realtà sociale" dell'Autismo.

dott. Arturo Mona  
associazione onlus  
Gli Argonauti  

 

 

Considerazioni relative al nuovo "Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali"
[sommario]

Chiunque di noi si sia trovato ad affrontare nella propria famiglia un caso di autismo, ha dovuto scontrarsi con un fenomeno diverso dalle altre forme di handicap, e cioè il carattere quasi misterioso della sindrome a cui corrisponde una grande incertezza della scienza e una confusa e spesso inefficace risposta terapeutica, anche quando è esercitata con generosità e passione. Io stessa - alle prese con un figlio traumatizzato alla nascita - ho sentito solo a distanza di decenni la parola "autismo", senza tuttavia poter definire il fenomeno nelle sue origini e nelle sue prospettive.

L'intero sistema sanitario-assistenziale ha sperimentato una quantità di tentativi senza riuscire tuttavia a definire una linea diagnostico-curativa riconosciuta nazionalmente. E infatti l'aspetto forse più negativo è dato dal fatto che tante famiglie non trovano risposte nelle città e nelle zone di residenza e finiscono col cercare soluzioni a Roma e in pochi altri centri. Tut-to questo aggrava enormemente la capacità della famiglia di fare scelte e di aiutare davvero il proprio familiare perché - questo è il punto - l'autismo è, sì, una sindrome, ma si esprime anzitutto come una deformata condizione di vita del soggetto che coinvolge e "punisce" l'ambito familiare, tanto più quando esso è accompagnato da altre patologie invalidanti.

La svolta che occorre deve intrecciare le conquiste della scienza (ancora troppo parziali) e le strutture di cura, recupero e assistenza permanente (finora incerte e mal distribuite). La scienza non può avanzare senza strutture idonee, ma anche le strutture assistenziali e sani-tarie non possono agire se la scienza non le aiuta con le sue scoperte, i suoi strumenti, le sue sperimentazioni. Ed è impossibile - proprio per la natura del fenomeno - ottenere un tale legame senza l'aiuto diffuso del volontariato, dell'iniziativa associativa. ma soprattutto è im-possibile senza un sistema integrato di servizi che, partendo dallo Stato, investa le istituzioni territoriali e tutte le presenza volontarie e di non profit con pari responsabilità e dignità. ora, finalmente e dopo decenni di incertezze e di promesse vane, questa possibilità ci si presen-ta grazie alla Riforma dell'Assistenza (nuovo "Sistema integrato di interventi e servizi socia-li") appena varata, e ai numerosi provvedimenti sociali e finanziari previsti dalla Legge Fi-nanziaria 2001.

Questa occasione non la possiamo perdere. Nel nuovo sitema sanitario-socio-assistenziale che si profila, il capitolo "autismo" deve assumere la centralità, proprio perché si tratta del fenomeno più difficile e umanamente pesante.

Nel nuovo quadro del Sistema integrato di interventi e servizi sociali, programmato dalla Riforma, l'aspetto più urgente è costituito dalla necessità di non perdere tempo. Questo si-gnifica che tutte le strutture coinvolte - Stato, Amministrazioni locali, Servizio Sanitario, rete assitenziale - devono, con la pressione dell'Associazionismo e dell'utenza, mettersi subito al lavoro per la nuova fase. personalmente ritengo emergano alcune necessità inderogabili che così posso riassumere.

1° Definitivo superamento della distinzione-contrapposizione tra aiuto sociale ed aiuto sanitario: l'handicappato, ed in specie l'autistico, richiede una totale integrazione tra i due aspetti secondo un "progetto di vita" personalizzato.

2° Servizi territoriali integrati, quali previsti dalla Riforma, devono includere organicamen-te tutte le fattispecie socio-sanitarie della disabilità, senza barriere burocratiche e doppioni organizzativi. il soggetto deve essere preso in carico stabilmente eliminando tutte le attuali procedure burocratico-amministrativo-accertative secondo il principio (legge Bassanini) che tutte le informazioni e gli atti sono risolti d'ufficio.

3° I servizi territoriali socio-sanitari assicurano le soluzioni ottimali sia in forma residenzia-le parziale sia in forma domiciliare o promiscua valorizzando indipendentemente ciò che è offerto dalla mano pubblica, dall'associazionismo, dal volontariato, dal privato sociale accre-ditato, facendo salvi i giusti controlli ma assicurando - per ogni forma - la continuità del ser-vizio.

4° Fondamentale è la presenza partecipativa dell'utenza, in qualunque forma si esprima. nell'ambito del Servizio integrato non può esservi monopolio di rappresentanza (come in parte avviene oggi) per le sole grandi organizzazioni nazionali. Il principio è: il servizio con-giunge in un rapporto comunitario che realizza le prestazioni e chi ne usufruisce (intenden-dosi, per questi ultimi, non solo l'invalido ma il complesso parentale cui è legato o chi ne fa le veci); e per presenza partecipativa deve intendersi non solo collaborazione ma anche possibilità di influire sulla qualità del servizio.

Dina Roggi  
(Consulta Handicap Cittadina)  

 

 

Essere genitore nella 'realtà sociale' dell'Autismo
[sommario]

 

Un bambino o un adulto autistico richiedono molte cure. Molte attenzioni. Le famiglie so-no spesso messe a dura prova dalle numerose esigenze che la Sindrome Autistica impone. Troppo spesso i servizi e diritti che la società garantisce non sono sufficienti o non rispon-dono pienamente alle necessità che le famiglie sperimentano.

 

 

1- Il tormento delle diagnosi

Partiamo dall'inizio, dal momento in cui ci siamo accorti che i nostri bambini non si com-portavano come tutti gli altri.

Non si tratta mai di un singolo episodio eclatante, di un giorno preciso, ma è un sottile e sgradevole sospetto che ad un certo punto non si riesce più a mettere da parte. Arriva gra-dualmente in una madre la consapevolezza che c'è qualcosa che non va e che non può più far finta che sia poco importante.

A questo punto emergono le prime difficoltà "sociali" dell'Autismo. La famiglia si avventu-ra, fuori della propria casa, alla ricerca di una diagnosi. Anzi, di diagnosi coerenti. Forse le cose stanno cambiando. Anche questo Convegno è in fondo un segno di interessamento a questa sindrome così particolare.

Comunque, la maggior parte dei genitori, dopo aver contattato un'ampia gamma di strut-ture, si ritrova con una altrettanto ampia gamma di diagnosi, tra le quali compaiono per e-sempio i disturbi generalizzati dello sviluppo, i tratti autistici, l'autismo secondario ad un'altra condizione clinica.

Insomma, i nostri bambini scompaiono sotto uno strato confuso di parole strategicamente composte per dire e non dire.

 

 

2- Gli interventi contrastanti e contraddittori

Quello che un genitore scopre, ma solo dopo molto tempo, è che non v'è un reale accor-do circa ciò che è l'Autismo e riguardo all'efficacia delle tecniche d'intervento. Ma questo lo si scopre dopo. Dopo aver vagato come la pallina di un flipper da un centro all'altro convinti ogni volta che sino ad allora si era avuto a che fare solo con dei grotteschi incompetenti del tutto all'oscuro delle vere ricerche e interventi esistenti per questi nostri figli.

Non si sta parlando di essere contrari all'esistenza di punti di vista differenti. Anzi, questa pluralità di voci potrebbe premettere di rispondere in modo specifico alle diverse forme di Autismo.

Il problema è che alle famiglie manca una mappa, o meglio ancora una guida, relativa al paesaggio attuale dell'Autismo: quali teorie si celano dietro quali interventi, realizzati presso quali strutture in che modo accessibili.

Altrimenti, il disorientamento. L'impressione di essere capitati nel posto giusto con l'"autismo sbagliato".

 

 

3- Il bisogno di informazioni ed indicazioni

Ciò di cui hanno bisogno i genitori, soprattutto quelli giovani e che da poco hanno scoper-to che il proprio figlio è autistico, sono informazioni. Ma non soltanto informazioni sulle ricer-che più recenti e sui nuovi trattamenti che la Minnesota University sta sperimentando. Quel-lo che è più urgente è ricevere informazioni su ciò che è effettivamente disponibile ed ac-cessibile sul territorio di Roma e Provincia.

Inoltre è estremamente importante essere informati sui propri diritti ed in particolare esse-re indirizzati nell'espletamento delle pratiche burocratiche che si frappongono alla loro attua-zione.

La dimestichezza nel districarsi nei meandri legali e burocratici non è un'abilità facile da apprendere, e chi non ne è in possesso non può essere lasciato nel vuoto del non saper come far valere i propri diritti.

 

 

4- Il ruolo dei genitori: informare e proporre

Dove le famiglie non ricevono un adeguato supporto, spesso si attivano delle reti di so-stegno tra madri e padri che si trovano nelle stesse situazioni.

Molti genitori di bambini autistici, dopo aver attraversato numerose difficoltà, divengono loro malgrado degli 'esperti' in merito a diversi aspetti della 'realtà sociale' dell'Autismo.

I genitori informati e propositivi sono una risorsa preziosa. Siamo una risorsa preziosa!

In questo Convegno si è parlato molto di collaborazione, di diffusione di informazioni. O-gnuno di noi, nel suo piccolo, è in possesso di molte informazioni. Allora mettiamole in gio-co, mettiamole a disposizione. Perché c'è sempre qualcuno che potrebbe giovarne. Qualche altro genitore che, come lo siamo stati noi, è disorientato da questa complessità.

Le potenzialità di un genitore non si esauriscono però con la trasmissione di informazioni. I genitori devono dire a voce alta cosa c'è che non funziona e che cosa manca.

Molto spesso vengono approvate delle iniziative che non nascono da esigenze reali. So-no progettate a tavolino, ma ad un tavolino lontano dalla realtà delle nostre famiglie.

Pertanto, sollecitiamo chi ne ha il potere affinché vengano stanziati finanziamenti per progetti che riguardano noi e i nostri figli, e non un Autismo astratto che non rispecchia le nostre quotidiane esigenze.

Lina Cerqua Tirico  

 

 

Un apprroccio psicopedagogico al bambino autistico
[sommario]

Il termine autistico è una di quelle definizioni "ombrello" che comprende al suo interno si-tuazioni cliniche profondamente diverse tra loro sia dal punto di vista qualitativo che quanti-tativo.

Come tutti i problemi complessi infatti l'autismo ha visto susseguirsi tante ipotesi e altret-tante proposte terapeutiche e ha visto spesso schierate l'una contro l'altra posizioni forte-mente contrastanti. L'autismo è stato infatti uno dei disturbi maggiormente soggetti a mode, visioni miracolistiche e prospettive frammentarie del problema spesso generalizzate senza il rispetto per le differenze sul piano diagnostico che sono invece sostanziali ai fini di un inter-vento terapeutico.

Le aree più problematiche del bambino affetto da autismo sono la comunicazione, la so-cializzazione e la capacità di simbolizzazione. Considerando l'entità del deficit che viene a determinarsi è indispensabile abbracciare una prospettiva epistemologica che si situi al cro-cevia di discipline cliniche e neuro-biologiche per non rischiare, di contrapporre aspetti che devono invece integrarsi.

La proposta di metodi generalizzati basati sulla ripetizione prolungata di esercizi è negati-va perché collude con uno dei punti fondamentali del comportamento autistico e cioè la mancanza di senso che accompagna il vuoto comunicativo e l'assenza di processi immagi-nativi.

Non si può rispondere a una mancanza di senso e a un vuoto relazionale con esercizi ri-petitivi che per definizione sono privi di motivazione perché rispondono alle esigenze del metodo e non del bambino e che per di più vengono a volte attuati da operatori improvvisati che non conoscono le premesse teoriche o teorico-pratiche del metodo.

L'ossessività presente nei bambini autistici ha bisogno di essere attenuata e non alimen-tata attraverso stimolazioni incomprensibili.

La definizione approccio psicopedagogico individualizzato vuole sottolineare il fatto che, pur tenendo conto degli elementi comuni ad un solo quadro diagnostico, ogni bambino va considerato come unico e irripetibile nel suo vivere una determinata patologia. L'approccio individualizzato di tipo psicopedagogico come quello che noi proponiamo tiene nel debito conto una varietà di aspetti poiché in una prospettiva psicologica assumono significato tutte le manifestazioni del bambino, anche le stereotipie che sono spesso gli unici strumenti co-municativi. L'obiettivo principale da perseguire con il bambino è quello di fare in modo, attra-verso il gioco, che si stabilisca un'attenzione condivisa sull'azione e/o sull'oggetto. E' proprio questa la difficoltà che sta alla base della comunicazione perché se non esiste la possibilità di rendere comune all'attenzione un oggetto non c'è riferimento linguistico e ovviamente non c'è relazione con l'altro.

Poiché il bambino autistico non è in grado di porre l'attenzione siamo noi a dover creare il contesto perché l'azione diventi condivisa. Bisogna essere presenti emotivamente per co-struire trame affettive, per rispecchiare, per mettere il calore che il bambino non porta, per costruire contesti dove potersi conoscere e riconoscere, per scoprire canali, azioni, gesti..

Anche rispetto al ruolo dei genitori nella terapia dei bambini autistici c'è stata una certa confusione. Dalla colpevolizzazione all'assoluzione totale dei genitori si è passati da una contrapposizione all'altra nell'area però del giudizio piuttosto che della comprensione. E' ne-cessario aiutare i genitori a incontrare il loro bambino comprenderne le necessità psichiche sostenerli, perché nessun genitore può essere pronto per un figlio autistico.

Favorire la rete di relazioni intorno al bambino coinvolgendo anche la scuola è un altro punto fondamentale del nostro approccio psicopedagogico che dà un valore fondamentale alla collaborazione tra gli operatori dell'équipe affinché si verifichi in ambito terapeutico quell'integrazione tra le varie aree psichiche nelle quali il bambino è carente.

Le attività proposte nel nostro servizio per i bambini autistici sono:

  • terapia individuale a indirizzo psicopedagogico finalizzata all'organizzazione cognitiva e agli aspetti relazionali;
  • terapia psicomotoria (individuale e di gruppo) finalizzata all'integrazione dell'immagine corporea;
  • laboratorio ritmico-musicale (individuale e di gruppo) per stimolare l'espressività e fa-vorire l'organizzazione cognitiva anche attraverso canali non verbali;
  • atelier grafo-pittorico per stimolare l'espressività e favorire l'organizzazione cognitiva anche attraverso canali non verbali;
  • laboratorio ludico costruttivo per stimolare l'organizzazione cognitiva attraverso ope-razioni costruttive;
  • counseling genitori per favorire un'elaborazione delle difficoltà legate alla mancanza di comunicazione;
  • colloqui di orientamento pedagogico ai familiari finalizzati alla ricerca di stili e strate-gie comunicative adatte al bambino;
  • servizio scuola per integrare l'attività terapeutica con quelle scolastiche.

Dott. Federico Bianchi di Castelbianco  
Dott.ssa Magda Di Renzo  
(Istituto di Ortofonologia)  

 

 

Handicap, disabilià invalidità: alla ricerca di una definizione di un'integrazione dis-integrata
[sommario]

L'O.M.S. definisce le "persone con handicap" partendo da una diagnosi di deficienza, in-capacità ed handicap, per l'appunto

Per deficienza, da qui il termine deficit, è intesa la perdita di sostanza o l'alterazione di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica

L'incapacità è invece la riduzione parziale o totale della capacità di compiere una attività in un modo o entro limiti considerati normali per un essere umano. Ma, cosa significa "nor-malità" ?Il termine handicap in definitiva, sottolinea lo svantaggio di carattere sociale e cultu-rale per un individuo derivante da una deficienza e da una incapacità che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo considerato normale in rapporto all'età, al sesso, ai fattori sociali e culturali

I primi passi verso una diversa considerazione dell'handicap sono stati compiuti soltanto negli anni settanta, quando cioè la società, compresa quella politico-economica, ha preso coscienza di alcune tematiche, ad essa legate, come per esempio l'inserimento di soggetti in situazione di disabilità nel mondo scolastico e lavorativo. Fino ad allora, l'handicap era vis-suto e visto come devianza dalla normalità, e come tale "protetto" attraverso delle leggi mo-rali e politiche tendenti alla separazione

Nei primi anni settanta si ha avuto la necessità di rivalutare tutto un discorso sociale lega-to al mondo della diversità in genere, soprattutto all'handicap. Si è incominciato a parlare di integrazione, ma di che tipo ? L'interesse verso questo processo di integrazione, coinvolge un numero sempre crescente di cosiddetti "operatori" che cominciano a muoversi sia sul piano dell'azione pubblica sia a livello strettamente legato alle esigenze specifiche dei sog-getti interessati. Tuttavia, purtroppo ancora oggi, dopo tante battaglie politiche e sociali, si continua a considerare l"handicappato" quasi una non-persona e come tale comunque non in grado di agire e pensare al di là delle reali capacità e funzionalità fisiche ed intellettive.Alla faccia dell'integrazione

Tutto ciò rappresenta il limite Culturale (nel senso più ampio del termine) che necessa-riamente occorre valicare per poter fornire un valido strumento di osservazione per una valu-tazione diversificata, da caso a caso, della persona disabile al fine di un loro reale ed effetti-vo inserimento e integrazione nel mondo del sociale, del lavoro, della scuola, della finanza, dell'economia, dell'industria e della produttività, definendo, innanzi tutto, in maniera limpida e schematica, i profili funzionali e peculiari delle varie persone e delle varie tipologie di disa-bilità, tenendo conto più che mai delle sfumature che ogni persona possiede, e così ogni forma di handicap

Naturalmente esistono tipologie che per la loro particolare gravità non consentono un to-tale ed effettivo inserimento nella vita sociale quotidiana: sono quelle definite gravi e/o gra-vissime. Tuttavia, è necessario provvedere alla elaborazione di strumenti in grado di rileva-re, analizzare e valutare globalmente la persona, così da fornire ed elaborare un profilo reale della personalità del disabile

Per fare tutto ciò, bisogna ripartire da una nuova definizione del concetto di "handicap", vedere cioè se e quanto una disabilità influisce e compromette l'esistenza di un individuo

Per questo, occorre definire, per non rischiare di catalogare una persona come inferiore con superficialità, il metro di giudizio e/o di valutazione da adottare

Appare chiaro dunque, che la situazione di handicap è qualcosa che ha a che fare con i vincoli del contesto sociale piuttosto che non con quelli del soggetto. Infatti, se è possibile, o quasi, misurare quantitativamente l'entità della disabilità, ugualmente non si può fare ri-guardo la misura dei suoi valori qualitativi. Per fare questo occorrerebbe riuscire a definire in modo ineluttabile il valore e l'unità di misura del termine normalità e ciò rientrerebbe in un sottile dissertare filosofico. Alla luce di quanto detto, mi pare di poter concludere che, parlare di integrazione della persona disabile in qualche cosa...., preluda all'esistenza di una situa-zione precedente o attuale di disintegrazione, anzi di dis-integrazione. Ovvero di un'integrazione che funziona al contrario, con delle proprie leggi e regole. Troppo facilmente si usa e abusa di questo termine, che sottolinea una volta di più la netta distinzione e diffe-renziazione che esiste tra le persone in genere. Occorre quindi operare affinché, le diverse normative riguardanti l'effettivo inserimento e integrazione nel mondo delle persone in gene-re (anziani, disabili, ecc., ecc.), abbiano come metro di valutazione non le differenze cultu-rali, sociali, economiche, razziali e religiose, ma le uguaglianze; non le incapacità, ma le capacità ed il loro potenziamento. Gli attuali criteri di valutazione sono infatti limitanti e non consentono una giusta considerazione dei fattori evolutivi e progettuali dell'individuo specie se persona disabile

Vorrei terminare con una frase che sottolinea un possibile paradosso di pensiero, ma proprio per questo fatto più che mai reale: siamo tutti portatori sani di handicap.

Dott. Alessandro De Francesco  

 

 

Le molte valenze del lavoro
[sommario]

Nel libro della Genesi il lavoro è presentato come una maledizione. In conseguenza del peccato Dio dice ad Adamo: "Lavorerai col sudore della fronte". Noi sappiamo che il lavoro ha talvolta questa caratteristica di fatica, di costrizione, di penoso dovere contrapposto al piacere, ma sappiamo anche che il lavoro ha tante valenze positive: la soddisfazione di ve-dere il risultato del proprio lavoro, qualunque esso sia, l'incontro con altre persone con le quali possono nascere belle amicizie, un fattore che dà un ritmo alla giornata e aumenta l'autostima, un valido motivo per alzarsi alla mattina, oltre naturalmente alla soddisfazione dello stipendio alla fine del mese.

Se questo è valido per tutti, lo è molto di più per chi ha poche risorse. Chi infatti ha cultu-ra, interessi, amici, fantasia e soldi, sa benissimo come passare piacevolmente il tempo an-che senza lavorare, ma questo non vale per chi non ha queste fortunate caratteristiche.

S. Benedetto, 1500 anni addietro, scriveva:

"L'ozio è il nemico dell'anima. Perciò i fratelli devono occuparsi per un determinato tempo nel lavoro manuale e per altre ore nella lettura sacra. Ai fratelli malati e delicati si assegni ta-le lavoro od arte che non li lasci oziosi e neppure li opprima con la fatica."

Saggiamente e realisticamente uno psicologo al quale una famiglia benestante voleva af-fidare il proprio figlio diciottenne ha rifiutato l'intervento richiestogli consigliando di cercargli un lavoro. La famiglia che, proprio in quanto benestante, non si era mai rivolta al Servizio Sanitario Nazionale, lo ha fatto per la prima volta in tale occasione, in quanto i gravi proble-mi di tipo autistico del ragazzo rendevano impensabile una normale ricerca di lavoro. Gli o-peratori dell'AUSL gli hanno procurato una borsa lavoro in un ufficio dove gli impiegati, edotti dei suoi problemi, lo hanno accolto con estrema cordialità, dandogli piccoli incarichi, com-preso quello di andare al vicino bar a prendere il caffè per loro, portare degli oggetti e via di-cendo. Da anni il ragazzo frequenta quell'ufficio, dove ora è ben ambientato, e pertanto ren-de anche in termini di produttività, con borse lavoro che vengono costantemente rinnovate. Questo ha migliorato enormemente la qualità di vita del ragazzo, ora ventottenne, della mamma, che dopo la fine della scuola dell'obbligo lo aveva avuto per anni costantemente at-taccato alla sua gonna, e della famiglia intera. Essendosi trattato di un successo, anche la soddisfazione degli operatori dell'AUSL è stata non piccola.

In una cittadina della bassa reggiana un ragazzo Down è stato assunto al Conad. Il ra-gazzo e la sua famiglia sono molto conosciuti dalla cittadinanza, che ha apprezzato tale ge-sto, tanto che le vendite del Conad sono aumentate.

I soggetti con problemi di autismo sono per loro natura ripetitivi e provano piacere in atti-vità che per i più sono noiose proprio in quanto ripetitive. Questa caratteristica, di per sé ne-gativa, può essere sfruttata per l'inserimento lavorativo. I lavori domestici sono per loro natu-ra ripetitivi e per questo il mestiere della casalinga è noioso; si può trovare in questa miriade di piccoli e grandi lavori, tanto utili quanto noiosi, un'occupazione ai ragazzi con problemi di autismo. Il vantaggio che presentano, oltre alla ripetitività e quindi al fatto che, una volta ap-presi, possono essere svolti sempre allo stesso modo, è anche quello di sviluppare l'attenzione, la coordinazione oculo-manuale e bimanuale, tutte funzioni deficitarie, ma su-scettibili di abilitazione nei soggetti con autismo. Naturalmente è bene avere alcune piccole malizie per facilitarli, ad esempio far pelare carote, patate e quant'altro con un pelapatate a paletta e non col coltello, mondare i fagiolini col coltello e non con le unghie, addestrare a pelare le carote prima delle patate, in quanto queste ultime sono molto più difficili, sia per la tenacia con cui la pelle è adesca alla polpa, sia per la sfericità della patata contrapposta alla forma cilindrica della carota. Se il "lavoratore" si impegna e lavora con continuità, attenzione e piacere, bisogna lodarlo anche se, oltre alla vera pelle, toglie mezza carota o mezza pata-ta. La raffinatezza di togliere solo il necessario verrà dopo un lungo periodo di addestramen-to. Forse non verrà mai, ma è lo stesso, dal momento che le alternative a queste attività so-no stereotipie improduttive o comportamenti ancor più indesiderabili. Sono ben altri gli spre-chi da evitare. Tutto ciò naturalmente deve avvenire non solo in casa propria, ma possibil-mente in un "posto di lavoro": in un albergo, in un pensionato, in una cucina che prepara pa-sti per il "catering" o altro luogo che il giovane deve raggiungere a una certa ora, dopo aver fatto un certo percorso per raggiungerlo, proprio come fanno i normali lavoratori. Per un pe-riodo più o meno lungo dev'essere accompagnato da un educatore, ma col tempo in molti casi questo può scomparire. I suoi compagni di lavoro devono essere le persone che nor-malmente lavorano in quell'albergo e così si scoprirà quante risorse vi siano nella gente, an-che in quella senza nessuna specializzazione di base, purché correttamente informata. Questi sono alcuni suggerimenti per affrontare uno dei problemi più difficili: come organizza-re la vita adulta dei soggetti con problemi di autismo senza rinnegare quei valori a cui uffi-cialmente nessuno ha rinunciato nella teoria, ma ai quali di fatto si rinuncia quotidianamente nella pratica: la negazione del ghetto e la prosecuzione dell'integrazione di tutti nella società di tutti.

Prof. Carlo Hanau  

 

 

Presentazione del P.E.I.A.
[sommario]

Il P.E.I.A., Progetto Evolutivo Integrato Autismo, è un modello di valutazione ed intervento sviluppato all'interno dell'Associazione Il Filo dalla Torre, come sviluppo delle esperienze condotte negli anni, nel contatto con i bambini ed i ragazzi autistici. Il modello nasce, quindi, da riflessioni, studi ed elaborazioni di quanto conosciuto fino ad oggi nel settore del ritardo mentale e dell'autismo, arricchito da vissuti, esperienze e domande nate nel rapporto quoti-diano, durante intensivi come i soggiorni evolutivi estivi ed invernali e, più in generale, nel lavoro continuo e costante con i bambini e le loro famiglie.

Alla base del P.E.I.A. vi è una nuova visione del bambino autistico che lo vede protagoni-sta delle proprie azioni, presente a quanto accade intorno a lui, per quanto non sia in grado di esternarlo, di renderlo evidente agli altri, se non attraverso mezzi spesso bizzarri, o poco conosciuti nella quotidianità.

La possibilità di osservare il comportamento del bambino autistico con occhi diversi, aper-ti ad una lettura nuova e non scontata, permette di riconoscere i continui messaggi che i bambini c'inviano e di ritrovare in essi profondi vissuti emotivi, intenzioni racchiuse e desideri sopiti.

Il Progetto prevede una fase iniziale d'osservazione e valutazione del bambino e del con-testo familiare e la strutturazione, in seguito, dell'intervento. Quest'ultimo si articola, essendo Globale, in tutti i contesti di vita del bambino autistico e, ogni ambito coinvolto viene integra-to e formato, in modo che il bambino possa usufruire d'interventi omogenei e collegati. Inol-tre, alla base d'ogni intervento, viene dato risalto ed importanza all'ascolto emotivo d'ogni persona coinvolta e all'obiettivo di crescita ed evoluzione personale che può essere perse-guito.

I servizi previsti dall'intervento PEIA in favore dei bambini autistici e delle loro famiglie so-no i seguenti:

 

 

Osservazione e Valutazione

La valutazione prevede dai 5 ai 7 incontri della durata di un'ora e mezza circa. Nel corso dei primi due incontri, viene effettuata un'osservazione non strutturata del bambino, grazie alla quale si valutano: 1. le modalità di relazione e di comunicazione, sia nei confronti dell'ambiente di lavoro, che dell'operatore di riferimento, le modalità di utilizzo degli oggetti; 2. le stereotipie, i comportamenti sintomatici e quelli non comprensibili, con un atteggiamen-to di apertura nei confronti di tutto quello che il bambino può trasmettere e far conoscere, anche prima di procedere alla somministrazione delle diverse prove.

Gli strumenti che vengono utilizzati sono la scala PEP-R o AAPEP, a seconda che si tratti di bambini o di adolescenti e adulti, per quanto concerne la valutazione funzionale. Le scale sintomatologiche utilizzate sono: ABC, ERC-A, CARS. Inoltre, è possibile prevedere l'utilizzo della check-list del Metodo Portage, il test LAP, il test BAB, le scale sulla valutazione del lin-guaggio ricettivo ed espressivo (TLR, TVL). E' previsto, per quanto riguarda la valutazione delle autonomie e delle abilità definite integranti, l'utilizzo di specifiche rating-scales.

Alla fine degli incontri di valutazione è previsto un colloquio di restituzione che consiste nella presentazione ai genitori delle osservazioni e delle valutazioni effettuate con il bambi-no, che hanno permesso una maggiore conoscenza dei suoi punti di difficoltà e delle risorse. Nel caso in cui le famiglie accettino di seguire il programma proposto, si passa agli incontri di Parent Training e alle Sedute Familiari.

 

 

Incontri familiari

Nella fase di valutazione, un consulente diverso da quello che si occupa del Parent Training e del lavoro diretto con il bambino, effettua dei colloqui familiari, con l'obiettivo di ri-costruire la storia familiare e conoscere l'organizzazione della vita quotidiana nel nucleo fa-miliare. Inoltre, una parte degli incontri è dedicata alla storia del bambino e alla ricostruzione dei trattamenti sperimentati fino a quel periodo. Successivamente, al termine degli incontri di valutazione, la famiglia effettua Sedute Familiari periodiche, parallelamente agli incontri di Parent Training, nei quali la famiglia, con il sostegno del consulente, si avvicina alla scoperta della dimensione più emotiva e relazionale tra tutti i componenti del nucleo familiare, soste-nendo l'evoluzione di ogni membro al suo interno.

 

 

Incontri di Parent Training

L'obiettivo degli incontri di Parent Training è quello di definire una linea di intervento inte-grata, che riguardi in particolare le seguenti aree: Comunicazione, autonomia, area cogniti-va, area motoria, area relazionale, area dei comportamenti non comprensibili.

Un aspetto importante del Parent Training è rappresentato dall'apertura di uno spazio, nel quale i genitori possono esplicitare le loro richieste, puntando l'accento principalmente sulle difficoltà che incontrano nella gestione, nella relazione e nella cura del figlio. Al tempo stes-so, è indispensabile che i genitori vengano riconosciuti per i risultati ottenuti nel lavoro svol-to, in modo da porre l'accento sulle risorse proprie di ogni contesto familiare.

Infine, un momento diverso è dedicato alla revisione degli interventi che si svolgono nell'ambito familiare, raccogliendo i risultati ottenuti, i dubbi, le difficoltà e le eventuali strate-gie alternative che i genitori hanno elaborato nel corso del tempo.

 

 

Interventi di consulenza domiciliare

Nella presa in carico del bambino e della famiglia, si ritiene utile strutturare almeno un in-tervento domiciliare, per valutare le risorse familiari e la possibilità di strutturare gli ambienti di vita del bambino, secondo le sue necessità; inoltre, una parte dell'osservazione è diretta alle relazioni tra i membri della famiglia. Infine, per ogni consulente, la possibilità di vedere ed entrare nel contesto familiare, in una maniera così diretta, rende più semplice la possibili-tà di offrire alla famiglia delle indicazioni sul lavoro da svolgere a casa con il bambino o il ra-gazzo, avendo acquisito numerose informazioni sugli spazi nei quali il bambino si muove.

 

 

Interventi di Consulenza Scolastica

Questo servizio, offerto privatamente o in forma convenzionata, per le ASL che hanno accettato la richiesta di convenzionamento, è rivolto ai bambini che frequentano la scuola materna o elementare e per i ragazzi iscritti alla scuola media, e, più raramente, a quella su-periore.

In tale contesto, lo stesso consulente che si occupa della famiglia, struttura un lavoro graduale e progressivo con gli insegnanti coinvolti nell'educazione del bambino o del ragaz-zo. Il fine dell'intervento è quello di integrare il lavoro in più contesti, definendo delle linee operative comuni, attraverso una programmazione ed una valutazione periodica delle abilità acquisite dal bambino, insieme all'opportunità di offrire un sostegno ed una guida agli inse-gnanti, spesso disorientati nel rapporto educativo con il bambino autistico.

 

 

Soggiorni, week-end, escursioni

L'associazione organizza ogni anno attività quali soggiorni evolutivi estivi ed invernali, nei mesi di Giugno e Settembre, week-end di valutazione e escursioni naturistiche. Queste atti-vità sono tra le più importanti poiché offrono la possibilità ai bambini di affrontare situazioni completamente nuove, sostenuti dalla presenza di operatori o volontari specializzati e formati.

 

 

Interventi domiciliari privati ed in convenzione

In riferimento agli interventi diretti sui bambini, sin dai primi anni dalla sua nascita, l'Associazione ha rivolto gran parte del suo impegno nella formazione di operatori qualificati nell'intervento con bambini autistici e nella gestione di situazioni limite. Al giorno d'oggi tutti gli operatori che svolgono interventi riabilitativi sono specializzati nel campo dell'autismo e del ritardo globale dello sviluppo. La loro formazione è curata attraverso un corso teorico-pratico, tenuto dai consulenti dall'Associazione stessa, ed un tirocinio di 400 ore svolto in tutti gli ambiti d'intervento (casa, scuola, ambulatorio e soggiorni evolutivi). Successivamen-te, il lavoro svolto da ogni operatore è costantemente supervisionato, sia attraverso colle-gamenti quotidiani tra l'operatore ed il consulente supervisore, sia attraverso incontri mensili di supervisione tecnica e relazionale.

Per l'Associazione Il Filo dalla Torre  
Dott.ssa A. Onorati  
(psicologa - responsabile)  

 

 

Musicoterapia e Autismo
[sommario]

La Musicoterapia è una disciplina che si occupa del rapporto che lega il suono all'essere umano, con l'intento di individuare in esso specifiche metodologie e tecniche di intervento, il cui fine sia quello di migliorare la salute psicofisica di coloro ai quali si rivolge.

Per il raggiungimento di tal fine, la musicoterapia mira alla creazione di una relazione tra musicoterapista e paziente/i che si articola e solidifica attraverso l'apertura della relazione corporeo-sonoro-musicale. Il suono e la musica, quindi, vengono utilizzati come tramite per aprire canali comunicativi, incrementare la creatività, sviluppare capacità relazionali, elabo-rare bisogni e vissuti attraverso cui perseguire obiettivi specifici. In alcuni casi i bisogni del paziente sono indagati direttamente attraverso l'uso degli elementi della musica, in altri, vengono analizzati attraverso i rapporti interpersonali che si sviluppano tra il musicoterapista e il paziente/gruppo di pazienti.

La musicoterapia per la persona autistica va inserita in una visione riabilitativa di tipo glo-bale, in stretta connessione con le altre aree di intervento. E' quindi necessario che il tratta-mento musicoterapeutico venga inserito all'interno di un lavoro di équipe, che lo armonizzi all'interno del progetto globale formulato per il paziente autistico.

Il primo contributo offerto dalla musicoterapia, già presente nei suoi obiettivi specifici è quello di essere di supporto a tale progetto, in quanto facilita le istanze comunicative del pa-ziente andando ad agire sulla sfera relazionale.

Le osservazioni effettuate nel corso del trattamento musicoterapeutico consentono all'équipe una rilettura dei comportamenti e delle acquisizioni del paziente in aree e ambiti che risultano meno visibili in altri trattamenti: il musicoterapista può fornire all'équipe curante un'indagine qualitativa delle espressioni della persona autistica che nell'ambito musicotera-peutico e non verbale hanno la possibilità di vivere uno spazio di contenimento in cui espri-mersi globalmente attraverso il contesto corporeo-sonoro-musicale.

Anche nel gruppo scuola, dove l'integrazione del bambino autistico è complessa perché i canali comuni differiscono notevolmente da quelli da lui utilizzati, è possibile attivare percorsi musicoterapeutici che si pongano anche come sostegno al bambino autistico e agli inse-gnanti, cercando di cogliere il senso dell'agito della persona autistica, spesso difficile da comprendere, così da favorire il processo di integrazione.

 

 

Bibliografia

  • Benenzon R. O., Manuale di Musicoterapia, Borla, 1992, Roma
  • Benenzon R. O., Autismo e Musicoterapia, Phoenix, 1995, Roma
  • Benenzon R. O., La Nuova Musicoterapia, Phoenix, 1998, Roma
  • D'Ulisse M. E., Polcaro F., Autismo e Musicoterapia, Phoenix, 2000, Roma

Dott.ssa Federica Polcaro  
Associazione P.L.A.I.M.  

 

 

Oikos, una casa per vivere
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L'associazione "OIKOS - una casa per vivere" si è costituita il 4.2.1997, ne fanno parte cinque soci fondatori e nove soci ordinari, tutti genitori o fratelli di persone autistiche. La se-de legale è Piazzale Hegel, 20 Roma. Il Presidente è Francesca Trionfi, tel. 06/86890113.

L'Associazione non ha scopo di lucro, è apartitica, apolitica e aconfessionale. Ha lo sco-po esclusivo di dare assistenza e aiuto a persone autistiche, realizzando case alloggio, case famiglia, residenze protette e centri diurne dando formazione, alle istituzioni e alle famiglie che lo richiedano, rispetto alla valutazione e l'intervento su persone autistiche

Nel corso del 1998 l'Associazione Oikos si è impegnata a realizzare una prima "residen-za protetta" in grado di ospitare permanentemente fino a otto persone adulte che presenta-no la sindrome dell'autismo o sindromi psichiche correlate. Questa prima struttura, inaugura-ta il 19 Novembre 1998, ospita attualmente sette persone. Dell'assistenza, l'educazione, l'intervento si occupano quattordici operatori specializzati, tra psicologi e educatori formati rispetto alla sindrome autistica e un addetto alla cucina e alle pulizie.

La struttura è sita in via del Fosso di Santo Spirito 60 (zona Boccea) Roma, il telefono è 06/30998365 06/30993728 è composta da otto camere, soggiorno, cinque bagni, cucina, giardino, e un grande terrazzo. Il servizio è in convenzione con il Comune di Roma.

I nostri prossimi obiettivi sono:

  • La realizzazione di una nuova Residenza Protetta che sia in grado di ospitare bambini e adolescenti per brevi o lunghi periodi le cui famiglie si trovino in situazioni di emergenza, oppure in preparazione di un futuro inserimento in residenza protetta. L'obiettivo resta in tutti i casi: sostenere ragazzi per evitarne l'istituzionalizzazione preco-ce; sostenere la famiglia per evitarne il burn - out.
  • Creare un Centro Polivalente che si possa occupare della persona con auti-smo sotto l'aspetto psicologico (con interventi riabilitativi) e medico con una équipe di medici specialisti (dentista, ortopedico, etc.).

La Presidente Francesca Trionfi  
Lo Psicologo Dott. Marco de Caris  

 

 

Riflessioni sull'esigenza di uno Sportello Informativo
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Accogliendo il gradito invito da voi rivolto al mondo culturale e scientifico romano, sulle gravi questioni che saranno oggetto del vostro dibattito, ci permettiamo, come Associazione gestore ormai da tempo di un noto esperimento di Casa Famiglia, di inviare una breve nota di riflessione sull'argomento.

L'importanza della vostra idea di una serie di servizi - sportello di informazione ed inter-vento sulle patologie autistiche, ci appare chiaramente confermata da una serie di dati:

l'isolamento, a volte tragico, in cui, nonostante i grandi sforzi di amministratori e tecnici comunali, versano ancora a Roma numerosi nuclei familiari investiti dal problema; isolamen-to causa di mali infiniti, primo tra tutti, come noto, la marginalizzazione e patologizzazione dell'intero nucleo familiare;

l'emergere, al di là dei casi clinicamente conclamati e terapeuticamente seguiti, di un dif-fuso malessere sociale con presenza di numerose patologie di frontiera, spesso borderline, non minimamente accertate e riconosciute come autistiche, e non distinte quindi dalle piu' generali nevrosi di massa, da cui però nettamente divergono per intensità ed esito;

lo scoordinamento in cui esperienze pubbliche e private, anche di notevole valore, agi-scono, per mancanza di punti informativi ed esperienziali sul territorio, che introducano l'abitudine allo scambio di informazioni e di metodologie cognitive e terapeutiche.

Su tutti questi problemi, qui affrontati in grandissima linea di approssimazione, non pos-siamo che ribadire la positività di un possibile schema di intervento ad opera di sportelli sull'argomento, aperti allo scambio di idee, ma soprattutto monitors del mondo sommerso delle problematiche cittadine sull'autismo.

La sensibilità che abbiamo in questi anni riscontrato nella pubblica amministrazione ro-mana, ad opera soprattutto del Consigliere Delegato Dr.ssa Argentin, è credo per tutti ga-ranzia dell'impegno che il governo della città va riversando sull'iniziativa.

Il resto sarà dei soggetti sul territorio, noi compresi: enti, famiglie, gruppi, istituzioni, che non faranno certo mancare appoggio fattivo.

All'Associazione degli Argonauti, ideatori dell'iniziativa, va quindi il nostro piu' caro e rico-noscente saluto.

Alfredo Barbagallo  
Associazione Giocoincasa  

 

 

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